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"Streets of Philadelphia Sessions": l'album dei loop

La storia del "Lost album": le canzoni, quando è stato inciso, perché non venne pubblicato
"Streets of Philadelphia Sessions": l'album dei loop

Registrato tra il 1993 e il 1994, “Streets of Philadelphia Sessions” è il secondo dei Lost Albums: è il disco che Bruce Springsteen scelse di non pubblicare, nonostante fosse completo, missato, e pronto per l’uscita nel 1995. Fu accantonato all’ultimo momento per far spazio alla reunion in studio con la E Street Band, alla realizzazione della raccolta “Greatest Hits”, e per scelta tematica. Era un disco solitario, notturno, elettronico, a tratti quasi hip-hop, in parte basato su loop di batteria: tematicamente cupo, dominato da relazioni disfunzionali, incertezze emotive, ricerca spirituale. Troppo simile, forse, a “Tunnel of Love” e “Human Touch”, due album che avevano già disorientato i fan più legati al rock. Ma proprio per questo oggi appare come un tassello fondamentale nella trasformazione artistica di Springsteen.

La storia

Tra la fine degli anni '80 e l’inizio degli anni ’90 Springsteen attraversa un momento difficile:, ha pubblicato album solisti accolti accolti in maniera tiepida  ("Tunnel of love"), quando non fredda ("Human touch"/"Lucky town"). Per portare in tour questi ultimi, ha sciolto la E Street Band e ha messo in piedi una nuova formazione. Poi arriva “Streets of Philadelphia”, la canzone scritta per il film di Jonathan Demme: vince un Oscar, e riporta il nome di Springsteen al centro della scena. È l’inizio di una nuova fase creativa: Bruce costruisce uno studio nel suo garage, prima nel New Jersey, poi a Bel Air, e comincia a lavorare in solitudine. Compra con l’ingegnere Toby Scott un CD di loop e comincia a scrivere canzoni su basi ritmiche elettroniche, sintetizzatori, basso e chitarra.
Springsteen racconta che quel disco lo affascinava, ma non gli sembrava mai “finito davvero”. Steven Van Zandt lo spinge a registrarlo con la E Street Band. Ma Bruce sceglie invece alcuni membri della sua “altra band” e reincide alcune canzoni: Zack Alford alla batteria, Tommy Sims al basso, Shane Fontayne alla chitarra, con il fido Roy Bittan alle tastiere, superstite della E Street Band. È questa la formazione che incide la prima versione di “Waiting on the End of the World”, una delle canzoni chiave del progetto.

Cosa contiene

“Streets of Philadelphia Sessions” non è un disco hip-hop, ma un esperimento nel sound. Si apre con “Blind Spot”, ballata minimale e sospesa costruiti su un loop come “We Fell Down” e “Between Heaven and Earth”. Altri brani – come “Maybe I Don’t Know You”, “Something in the Well” e “The Little Things” – esplorano i lati oscuri delle relazioni, con testi rarefatti e atmosfere intime. La versione inedita di “Secret Garden” qui inclusa, con drum machine e synth, è profondamente diversa da quella pubblicata nel 1995 nel greatest hits: una confessione in slow motion, tutta centrata sull’ambiguità dell’amore.
“Waiting on the End of the World” – che all’epoca venne anche considerata come titolo dell’album – è una delle punte più alte del disco: una canzone apocalittica e sensuale, in bilico tra tensione e malinconia. L’album si chiude con “The Farewell Party”, che suona come un addio a un’identità musicale, a un modo di essere artista.

Perché ascoltarlo oggi

“Streets of Philadelphia Sessions” è forse l’album in cui Springsteen trova una nuova voce solista: fragile, contemporanea, sperimentale. È il disco dove si spoglia metaforicamente e letteralmente, dei cori da stadio, per affrontare a viso aperto i suoi fantasmi. Non è un album perfetto, ma è sincero: come dice lui stesso nel booklet: “Quella volta… ho trovato il mio suono moderno da solista”.
Per anni è stato solo una leggenda, il “disco dei loop” sognato dai fan e citato dagli artisti (Brandon Flowers dei Killers ne chiese l’ascolto durante una visita a casa Springsteen). Oggi, finalmente, possiamo ascoltarlo. E scoprire un altro Springsteen: non quello che cerca la redenzione attraverso la folla, ma quello che la cerca nel silenzio, nel battito elettronico, nelle stanze vuote.

La tracklist

1. Blind Spot
2. Maybe I Don’t Know You
3. Something In The Well
4. Waiting On The End Of The World
5. The Little Things
6. We Fell Down
7. One Beautiful Morning
8. Between Heaven and Earth
9. Secret Garden
10. The Farewell Party

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