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«HARDER THAN IT LOOKS - Simple Plan» la recensione di Rockol

Il ritorno dei Simple Plan, fra nostalgia pop punk e attualità

La band pubblica il nuovo album “Harder than it looks”, e torna alle origini con un tocco moderno

Recensione del 06 mag 2022 a cura di Elena Palmieri

Voto 7/10

La recensione

Se non ci fosse stata una pandemia a stravolgere i piani, i Simple Plan avrebbero potuto presentare un nuovo album già da diverso tempo. La band canadese aveva infatti iniziato a lavorare al seguito di “Taking one for the team” del 2016 anni addietro e aveva concluso le canzoni da far confluire nella sua sesta prova sulla lunga distanza già all’inizio del 2020. Con l’arrivo del Covid, però, Pierre Bouvier e compagni hanno deciso di aspettare a pubblicare un disco fino a quando non sarebbero stati in grado di riprendere con le attività dal vivo. Ecco che, con il ritorno dei grandi eventi dal vivo, è arrivato anche per i Simple Plan il momento di pubblicare un nuovo album.

I Simple Plan tornano alle origini con un tocco moderno

A distanza di sei anni dal precedente lavoro discografico e nell’anno in cui festeggia i vent’anni dalla pubblicazione del suo disco d’esordio, “No pads, no helmets...Just balls”, la formazione di Montreal apre quindi un nuovo capitolo della sua carriera con “Harder than it looks” - suo primo progetto a uscire senza il supporto di una major. E i Simple Plan inaugurano un’altra era tornando al loro classico sound, recuperando e arricchendo di modernità le sonorità delle loro origini.

La sesta prova di studio del gruppo canadese, salito alla ribalta circa vent’anni fa grazie a successi come “I’d do anything for you”, “Addicted” e “Welcome to my life”, e scomparso dai radar del pubblico mainstream italiano da diverso tempo, si compone di dieci brani in cui Pierre Bouvier e compagni giocano a colorare di modernità e freschezza l’essenza pop punk della band. I suoni ruffiani dai ritmi frenetici che nei primi anni Duemila portarono i Simple Plan ad affacciarsi sul mainstream sulla scia di - tra gli altri - Blink-182 e Sum 41, nelle tracce di “Harder than it looks”  vengono abbelliti da sprazzi di elettronica e pop.

Con l’uscita della prima anticipazione del disco, “The antidote”, che ha segnato il ritorno del gruppo con una nuova canzone dopo due anni da "Where I belong” con gli State Champs e i We the Kings, Bouvier e compagni avevano già avvisato il pubblico della direzione musicale intrapresa, costituita da riff di chitarra energici e batterie veloci, ma condita di drum machine, synth e riverberi. Allo stesso modo, canzoni come “Anxiety”, un pezzo tra pop e dance e distante dal pop rock, vedono i Simple Plan tentare addirittura strade completamente nuove. Per fortuna, però, con “Congratulations” - per esempio - la band torna subito sui propri binari, riacquisendo credibilità, anche se poi con “Iconic” sembra suonare più come gli Imagine Dragons che come i Simple Plan. La maggior parte delle tracce di “Harder than it looks”, però, suonano più come il mix di tutti gli elementi con cui la formazione canadese si è fatta conoscere e apprezzare con i suoi primi lavori, per cui si riconosce un tentativo del gruppo di riappropriarsi dell’energia, spavalderia e sfrontatezza delle origini, insieme a nuove sensazioni.

Fra nostalgia pop punk e attualità

A partire dai loro titoli, alcune canzoni del nuovo album dei Simple Plan sembrano voler rifarsi alla scena pop punk dei primi Anni Duemila guidata da gruppi come i Green Day e dove gli stessi Pierre Bouvier e compagni hanno trovato la loro fortuna agli inizi. Il brano che apre “Harder than it looks”, intitolato “Wake me up (When this nightmare’s over)”, contiene un messaggio simile a quello di “Wake me up when september ends”, hit di Billie Joe Armstrong e soci del 2004. In quello stesso anno i Simple Plan raggiungevano il successo con “Welcome to my life”, e ora a distanza di quasi vent’anni cantano invece “Best day of my life”. Con “Harder than it looks” l’effetto nostalgia è quindi assicurato. E forse, non è un caso che esca proprio in un anno in cui i più nostalgici non aspettavano altro che un festival come “When we were young” e anche Avri Lavigne ha messo a segno il suo ritorno discografico recuperando l’attitudine e le sonorità delle origini. Nel frattempo, inoltre, nomi come Mod Sun, Kennyhoopla e Willow (la figlia di Will Smith) sono diventati dei riferimenti per la Generazione Z , che su TikTok si è ritrovata a usare canzoni di Green Day o All Time Low, oltre che esponenti della rinascita e del rinnovamento del pop punk (per lo più con suoni accattivanti elettronici) di cui Machine Gun Kelly è stato incoronato come “il principe" con l'uscita del suo nuovo album "Mainstream sellout". I Simple Plan non potevano certo non accodarsi a questo revival e cercare di rinnovare il proprio sound per accontentare i fan loro coetanei - che in una società come quella odierna a trenta o quarant’anni hanno ancora tendenze malinconiche da tardo adolescenti - e farsi conoscere dal giovane pubblicano.

Vulnerabilità, sincerità e una pacca sulla spalla per i nostalgici

Così, con questi obiettivi e premesse sonore, la formazione canadese - che nel 2020 ha anche dovuto far fronte alle accuse di molestie sessuali contro il bassista David Desrosiers, allontanato poi dal gruppo, ma dopo il suo coinvolgimento nelle registrazioni del nuovo disco - riflette, per esempio, sulle difficoltà di un non specificato “casino in cui ci troviamo” nella prima traccia (i cui primi versi recitano “I can't believe this mess we're in / Tell me where do I begin? / 'Cause it's making my head spin”), che potrebbe riferirsi a tanti diversi fatti accaduti nel mondo negli ultimi anni o a un “incubo” personale. In un brano come “Ruin my life”, invece, Bouvier canta delle situazioni di vita avverse da superare per maturare, migliorare e diventare la versione più forte e resiliente di se stesso. E il frontman dei Simple Plan lo fa con la complicità di Deryck Whibley dei connazionali Sum 41 - anche loro pronti a riaffacciarsi sulle scene discografiche con un nuovo progetto per metà pop punk e per metà metal.

In altri momenti del suo nuovo disco, la band canadese si lascia anche andare alla vulnerabilità e alla sincerità. Il gruppo tratta tematiche delicate, come in “Anxiety”, con onestà e maturità o parla dell’amore a prima vista in “Slow motion” con l’attitudine di una persona adulta. Ma, come in tutto  “Harder than it looks”, i Simple Plan lo fanno con l’eccitazione di un ragazzino, tanto che l’euforia dell’ambiente sonoro del penultimo pezzo ricorda i veloci colpi di batteria del loro singolone “Shut up!”, ma con inserti elettronici che dal 2004 - quando è uscito il secondo album “Still not getting any…” contenente proprio alcuni dei brani più noti della formazione - ci catapultano nel 2022. La stessa cosa sembra farlo la canzone conclusiva “Two” che, aperta da tastiere e synth dal gusto pop prima di esplodere con chitarre e percussioni aggressive, segna quindi la fine di un disco ben suonato e confezionato, costruito con logica e capacità, piacevole da ascoltare e senza troppe pretese se non quelle di colpire nostalgici e nuove generazioni che nel pop punk dei Simple Plan possono trovare una pacca sulla spalla.

Tracklist

01. Wake Me Up (When This Nightmare’s Over) (03:36)
02. Ruin My Life (feat. Deryck Whibley) (03:19)
03. The Antidote (03:15)
04. Million Pictures of You (03:26)
05. Anxiety (03:29)
06. Congratulations (03:16)
07. Iconic (03:05)
08. Best Day of My Life (03:26)
09. Slow Motion (03:59)
10. Two (03:38)
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