Fabri Fibra non passa mai di moda, perché non è una moda

Fabri Fibra ovunque lo metti appare scomodo. In tv, nei podcast, davanti ai giornalisti e perfino con i fan. Pare sempre un alieno. Tranne che sul palco. Lì sopra manifesta una libertà espressiva che non ha paragoni e si percepisce che, almeno per quelle due ore, è a suo agio. Proprio quando sembra che stia per darti una carezza, arriva un ceffone. E viceversa. Il maggiordomo Alfred, nella saga cinematografica di Batman firmata da Christopher Nolan, spiega a Bruce Wayne, in merito al Joker, che esistono “certi uomini che vogliono solo veder bruciare il mondo”. Fibra, in realtà, non è un nichilista, ma tra le fiamme di una “Los Angeles che brucia” e le macerie di un’Italia “in cui ci sono cose che nessuno ti dirà”, spara barre che non rassicurano, che accarezzano l’anarchia. “Davanti a me guardo l'abisso, questa vita mi ha crocifisso”, rappa a inizio live ne “L’avvelenata (Pretesto)” in cui campiona Francesco Guccini.
Ci indica le misure del vuoto che abbiamo dentro e intorno a noi, ci permette di ballare e “tenere le mani su” sull’orlo di quel cratere. E lo fa non per finirci dentro, ma per scamparlo e per farcelo scampare. Le prime “La fine del mondo”, “Tutti pazzi”, “Stupidi”, “Propaganda” sono cartoline, dissacranti e ironiche, del disastro. Ma paradossalmente i suoi pezzi-terremoto sono salvifici perché ci ricordano che siamo ancora vivi e che possiamo reagire. Non è un caso che uno dei brani di chiusura della scaletta di Assago sia proprio “Vivo”, una risposta a quelle ferite: “C'è ancora chi mi segue, ringrazio del supporto. Lo sanno che non crollo, non perdo l'obiettivo”. A un certo punto ripete “Tutto andrà bene”: un ritornello cantato a occhi chiusi, un desiderio fragile a cui aggrapparsi che fa da contraltare a storie di suicidi adolescenziali a causa del bullismo.
Il suo primo Forum di Milano in carriera, sold out, arrivato da un’estate passata a girare l’Italia più profonda, tra provincia meccanica e città, vendendo oltre centomila biglietti, è un live dritto, senza orpelli, visual, diavolerie e gigantismi scenografici. È “vecchia scuola” perché Fibra, da solo, rappa dalla prima all’ultima parola, ma allo stesso tempo è “rap futuristico” per cantare, rappare e scatenarsi, sganciato dalle tradizioni polverose, dall’idea di dover compiacere per forza qualcuno, che questo sia il pubblico, il mercato o altri rapper. I fan sono eterogenei: coprono tutte le fasce d’età, dai bambini agli adulti. In tribuna non ci sono schiere di influencer, ma l’ex magistrato Gherardo Colombo, celebre per aver condotto o contribuito a inchieste quali la scoperta della Loggia P2 e Mani Pulite.
Sotto i riflettori ci sono lui e dj Double S che ricorda a tutti, dall’alto di una mega vecchia casetta usata come scenografia, cosa significhi fare musica ad alti livelli nel mondo rap. No, non è schiacciare un pulsante e far partire una base. Il dj torinese ci mette la voce, lo scratch, non sbaglia un attacco e crea un flusso musicale dal ritmo costante su cui Fibra dà il meglio di sé. Suona i pezzi, non li mette. In scaletta ci sono le hit che hanno accompagnato diverse generazioni, da “Applausi per Fibra”, “Bugiardo”, “Tranne te” a “Propaganda”, ma anche il Fibra migliore, quello di “Stavo pensando a te”, probabilmente la più bella canzone che abbia mai scritto, con quel mix di esistenzialismo e malinconia, e il Fibra da battaglia, con “Mi stai sul cazzo” e “Dalla A alla Z”, “scritte quando non esistevano neppure i live rap”, racconta emozionato.
La scaletta, con vari brani compattati e tagliati, è una giostra temporale che attraversa oltre vent’anni di storia e che a volte fa salire anche degli ospiti, tutti diversi tra loro: Gaia, Massimo Pericolo, Tommaso Paradiso, Tredicipietro, Emma, Neffa, Lazza, Joan Thiele. Ma perché, numeri alla mano, sempre più gente, vuole vedere ancora dal vivo il “fenomeno” Fibra? Perché ci ricorda che i padri e i maestri sono fatti per essere mangiati, parafrasando Pasolini. Lui ha divorato i suoi idoli, la sua famiglia (peccato che in scaletta non sia sbucata proprio la cruda “Padre”), ha assorbito quello che serviva e il resto l’ha sputato fuori, costruendo se stesso, non una copia di qualcun altro. C’è chi dice che sia lui l’uomo-simbolo del rap di questo Paese. Senz'altro è quello che più di tutti ha contribuito a diffondere il rap tra gli italiani. Ma Fibra non ama altari e celebrazioni, per questo chiude con “Luna piena”, brano storico, che racconta il disagio provato nei confronti di una ragazza che manca all'appuntamento. Perché da sempre preferisce essere megafono di chi non è al posto giusto nel momento giusto. Fibra non passa mai di moda, semplicemente perché non è una moda.
Scaletta:
L’avvelenata (Pretesto)
La fine del mondo - Mille volte
Tutti pazzi
Salsa feat. Gaia + Massimo Pericolo
Stupidi
Sbang
In Italia 2024 feat. Emma
Fenomeno
Pamplona feat. Tommaso Paradiso
Propaganda
Che gusto c’è feat. Tredicipietro
Venerdì 17
Rap in vena – Non crollo – Non fare la puttana
Bugiardo - Cocaine
Caos feat. Lazza
Lario feat. Lazza
Vip in trip
Stai zitto
Panico feat. Neffa
La soluzione
Mal di stomaco - Un’altra Chance - Karma Ok - Tutto andrà bene
Ah Yeah – Applausi per Fibra
Mi stai sul cazzo - Dalla A alla Z
Stavo pensando a te
Verso altri lidi
Tranne te
Milano Baby feat. Joan Thiele
Vivo
Luna piena