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«WE - Arcade Fire» la recensione di Rockol

Gli Arcade Fire hanno ritrovato la strada

Il nuovo album "We" riporta tutto a casa, tra minimalismo intimista e massimalismo spettacolare

Recensione del 06 mag 2022 a cura di Gianni Sibilla

Voto 8/10

La recensione

C’è una via di mezzo tra il minimalismo e l’imprevedibilità dei Radiohead e il massimalismo sonoro e corale dei Queen? Forse l’hanno trovata gli Arcade Fire con “WE”, il nuovo disco. Un lavoro che riporta a tutto a casa, dopo le prove non sempre convincente della discografia recente della band, dalla sperimentazione danzereccia di “Reflektor” al pop “Everything now”.

All that WE can’t leave behind

C’è una vignetta di un bravo disegnatore americano, Grant Snider, che tratteggia il percorso discografico di una band, dal debutto che in pochi hanno ascoltato al consolidamento, alle deviazioni di poco successo, al ritorno alle origini.

Vale anche per gli Arcade Fire: recensendo per Rockol il precedente album, il collega Claudio Todesco suggeriva un paragone con gli U2: “Reflektor” era l’“Achtung baby” della band canadese, mentre “Everything now” il loro “Pop".  Beh, proseguendo su questa strada, “WE” è “All that you can’t leave behind”, l’album in cui tornano (almeno parzialmente) al sound che li ha fatti conoscere, rivisitato con l’esperienza dei lavori precedenti.
In “WE” c’è il rock corale ed epico, ci sono le canzoni complesse, c’è pure un po’ di musica elettronica, e c’è un cast stellare, che va Father John Misty a Nigel Godrich (Radiohead) come produttori, a Peter Gabriel.

Uno dei momenti chiave dell’album è “End Of The Empire I-IV", la “Paronoid android” degli Arcade Fire: passano da una ballata sognante per voce archi alla “Exit music” ad un’apertura a metà tra il cambio di ritmo di “Bohemian Rhapsody” e il Bowie di “All the young dudes”, per poi tornare nel movimento finale, il iV, un piano e voce che ricorda "Pyramid song" e con un testo cupo: “I unsubscribe/this ain't no way of life/I don't believe the hype”.  Massimalismo e minimalismo nel giro di pochi minuti.

Un concept album diviso in due

Questa è anche la canzone che segna la fine della prima parte dell’album. Per dirla alla Verdone, agli Arcade Fire continua a piacere “farlo strano”: “WE” è un concept album fatto di canzoni assemblate con diversi segmenti e diviso tra un primo tempo dedicato all’io, all’ansia e allo spaesamento del mondo contemporaneo, e un secondo tempo di speranza, amore incondizionato per l’umanità e per i figli. La via di salvezza è appunto pensare al “noi”, non all’individuo. 

Funziona: ci sono le canzoni, ci sono le deviazioni di strada tipiche della band. C’è l’epica: “The lightining” parte melodica e accelera, in maniera irresistibile.  Vuole provare ad essere una nuova “Wake up”, ma non ci riesce solo perché quella canzone è un capolavoro inarrivabile, una di quelle che capitano una volta nella carriera di una brava band. C’è anche il suono corale e dance (“Unconditional II”, cantata da Regine, con Peter Gabriel ai cori). E ci sono tanti spunti di riflessione: un disco multistrato, da ascoltare godendosi arrangiamenti e melodie, o in cui perdersi attraverso testi e riferimenti.

Probabilmente gli Arcade Fire non sono più il futuro del rock, come ci immaginavamo 15 anni fa, ma non sono neanche più la band cervellotica che avevamo un po’ perso per strada. Sono una band con un’identità forte, che ha fatto un gran disco, e questo basta.

Tracklist

01. Age of Anxiety I (05:27)
02. Age of Anxiety II (Rabbit Hole) (06:41)
03. Prelude (00:30)
04. End of The Empire I-III (05:23)
05. End of the Empire IV (Sagittarius A*) (03:54)
06. The Lightning I (03:01)
07. The Lightning II (02:34)
08. Unconditional I (Lookout Kid) (04:33)
09. Unconditional II (Race and Religion) (feat. Peter Gabriel) (04:20)
10. WE (03:51)

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