Il sanguigno presente del Rock‘n’Roll: Yungblud concerto
l’Idols Tour di Yungblud si chiude in Italia, uno dei Paesi che fin dal principio ha creduto nel percorso artistico di Dominic Harrison. L’appuntamento è doppio e per questo più speciale del solito: una prima serata intima ai Magazzini Generali di Milano, il 30 ottobre, e il gran finale alla ChorusLife Arena di Bergamo, nell’ambita serata di Halloween.
Idols: Up Close and Personal
Partiamo dai Magazzini e da quello che avrebbe dovuto essere uno dei pochi appuntamenti speciali dello scorso giugno, con il format “In Conversation With”. Una serie di quattro serate, chiamate strategicamente “experience”, che avrebbero dovuto coccolare il pubblico con incontri intimi e allo stesso tempo promuovere con stile questa nuova fase della carriera dell’artista di Doncaster.
La data milanese venne però rimandata a causa di quella tempesta perfetta che in futuro verrà certamente ricordata come il punto di svolta definitivo per Yungblud: Ozzy Osbourne l’ha fortemente voluto sul palco del Villa Park di Birmingham per “Back to the Beginning”, il concerto di addio dei Black Sabbath. La sua cover di “Changes” fece il giro del mondo, conquistando qualche metalhead e qualche rocker duro e puro (a fronte di qualche nuovo hater in proporzionale bilanciamento) e facendo parlare insistentemente di “passaggio di testimone”. Il resto, come si suol dire, è storia.
Il recupero della data speciale avviene la sera prima dello show conclusivo del tour. Il risultato, però, è una strana dicotomia: da una parte si ha la sensazione di avere un’occasione ancora più rara e unica, perché nel frattempo Yungblud ha effettivamente fatto un ulteriore salto nello stardom mondiale; dall’altra l’intero contenuto dello showcase perde mordente. A giugno ci sarebbe stata la freschezza assoluta dei brani appena pubblicati, l’anteprima di un documentario ancora non ufficialmente annunciato e la sensazione di vedere con i propri occhi un cambiamento artistico nel pieno del suo svolgimento. A ottobre tutto questo è già consolidato e il Dominic che sale sul palco, in abito elegante nero e sorriso da red carpet, è già l’evoluzione consolidata del se stesso che qualche anno fa conquistò i “weirdo” di tutta Italia.
Compensa con l’anteprima live di “Wild Woman”, il nuovo singolo tratto dall’EP scritto con gli Aerosmith prossimo all’uscita, ma anche con grande emozione e gratitudine, tutto ciò che ha sempre riservato a quella che definisce “la sua famiglia italiana”. Piange, ringrazia, promette. Risponde con passione a ogni domanda raccolta preventivamente dal pubblico e infine confeziona un breve set molto composto, con un atteggiamento fin troppo pettinato per essere esaustivamente rappresentativa del suo mondo, ma che sa di semplice antipasto gourmet di quello che verrà.
Idols World Tour - Il gran finale
Se vogliamo però una risposta all’interrogativo che rimbomba da mesi - Yungblud è la vera rockstar contemporanea? - va quantomeno cercata alla ChorusLife Arena di Bergamo, il 31 ottobre 2025. Non nelle pose, non nelle interviste, non nei podcast. Dal vivo, sul palco, l’habitat naturale di Yungblud.
Messa da parte la pretenziosità stessa della domanda, è innegabile che l’artista inglese abbia dato nuovo vigore al marcescente topic sul rock che muore, non muore o resuscita. A parlare del rock e dei suoi stilemi non sono più solo i boomer con le corna alzate, i rapper millennial che vogliono darsi un tono o le band nate nel decennio sbagliato. Con più credibilità dei nostri Måneskin e con più appeal mainstream dei newyorkesi Geese, Yungblud sta raccogliendo varie generazioni sotto la bandiera del genere più discusso di sempre. Per farlo ci mette un po’ di tutto, perché unisce l’ambizione dei mostri sacri alla consapevolezza di chi conosce bene il proprio tempo. Nel bene e nel male.
Le chiacchiere però vengono meno quando si deve fare i conti con “Hello Heaven, Hello”, la rock opera di Yungblud che nei suoi nove minuti e rotti getta le basi per un nuovo inizio dal quale Dominic sembra stia già costruendo un impero. Dal vivo il brano è ancora più straordinario, tanto da dar l’impressione di assistere al consolidamento di un nuovo inno generazionale. Qualcosa che non accade più molto spesso e forse anche per questo risulta così elettrizzante.
Gli altri nuovi pezzi confermano le intenzioni espresse da Dominic e confermate dal sentire comune: che “Idols” più che un quarto album sia un nuovo esordio. Ne ha la vitalità e l’urgenza, che arriva forte e chiara anche dal vivo. Tanto da costringere l’artista a lasciare in scaletta solo i pezzi irrinunciabili dei primi tre dischi, tutti singoli, forse perché il resto rischierebbe di sfigurare. Ne viene fuori una scaletta solidissima, un prematuro greatest hits senza sorprese nel quale spiccano la doppia title-track e la super ballata “Zombie”.
Bene anche “My Only Angel”, singolone in featuring con gli Aerosmith. Ancora meglio la cover di “Changes” dei Black Sabbath, che ha promesso di suonare a ogni suo concerto per il resto della sua vita. Un momento di doveroso tributo al suo “padrino”, mentore e amico Ozzy Osbourne che prima di lasciarci ha voluto porre un importante sigillo al loro legame, nato ben prima della scorsa estate ma consolidatosi in un’investitura impossibile da ignorare.
Fenomenologia di una star
“Mi chiamo Yungblud e sono fottutamente matto”, è il mantra della serata. Tutto comprovato: la follia che erutta dai suoi occhi è incontenibile. Sfrontato, dinamitardo, ruvido, talvolta fastidiosamente teatrale. Non si preoccupa delle critiche e non sembra intenzionato a mascherare il suo narcisismo per compiacere i palati raffinati. Quelle che per molti sono pose di plastica, per lui è espressione viscerale. Quello che per molti è eclettismo forzato, per lui è un moto liberatorio. Sembra abbia anche imparato a gestire con disinvoltura il fardello che deriva dal farsi portavoce dei “diversi” e degli emarginati, una sorta di Gerard Way per la Gen Z, con ancora più attenzione all'inclusività e, proprio per questo, esposto ad accuse di appropriazione, di ricerca ossessiva del consenso. Anche in questo caso il fenomeno e l’artista si incontrano e scontrano in una dicotomia che più che rappresentare un limite sembra diventare una definizione.
E chi, più di quasi chiunque altro nel mondo, ha colto e accolto queste contraddizioni con devozione? Il pubblico italiano, che in Yungblud ha creduto fin dall’inizio e ha dato origine a un fandom che ancora oggi è un punto di riferimento per il progetto, diventando un pezzo fondamentale della fenomenologia di una star. “Tornerò sempre in Italia, per sempre, siete la mia famiglia”. Un potenziale cliché che uscendo dalla sua bocca sembra invece così vero da scaldare anche i cuori più cinici.
A chi accusa Yungblud di essere un poser e un prodotto del marketing, lui risponde con un concerto maiuscolo. Senza ledwall, senza visuals, senza scenografia. Non cade neanche nella tentazione di sfruttare l’occasione di Halloween per eccedere nel glam. Porta sul palco solo una grande band, qualche fiamma, la sua (sempre più) potente voce e una fisicità senza pari. Oltre a un repertorio che va necessariamente preso sempre più sul serio.
Quindi poco importa stabilire se Yungblud sia o non sia la rockstar contemporanea definitiva, importa che questo ragazzo faccia parte del sanguigno presente del Rock’n’Roll.