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«UTOPIA - Travis Scott» la recensione di Rockol

Travis Scott, l'Utopia e il fantasma di Yeezus

L'atteso quarto disco del rapper di Atlanta: sperimentale, ricco di ospiti, derivativo e freddo.

Recensione del 31 lug 2023 a cura di Michele Boroni

Voto 7/10

La recensione

L'ultimo disco di Travis Scott “Astroworld” (qui la recensione) era uscito esattamente cinque anni fa – un tempo infinito nel mondo contemporaneo dell'hip-hop: in mezzo ci sono stati grandi successi, ma anche un drammatico incidente nel 2021 a Houston durante il suo Astroworld Festival in cui dieci persone sono morte schiacciate dalla calca e con più di 300 feriti. In più, poche settimane fa, Travis Scott ha radunato 80mila persone a saltare sotto la pioggia agli I-Days di Milano in una sorta di rito collettivo per celebrare l'energia scatenata dal rapper di Atlanta (ben raccontato qui da Claudio Cabona). Per tutti questi motivi – e per altri ancora - il quarto disco di Travis Scott dal titolo “Utopia” era attesissimo, anche perché nel frattempo i rumors su collaborazioni, featuring ed eventi vari si rincorrevano e si sommavano. Il 28 luglio finalmente "Utopia" è uscito e, dopo ripetuti ascolti, eccoci qua a commentarlo. 

Audacia e spavalderia

Se “Astroworld” era un disco ambizioso che provava ad uscire dal territorio della trap con una lista di collaborazioni del mondo pop del secolo scorso (Elton John, Stevie Wonder, Philip Bailey, tra gli altri), in questo “Utopia” Jacques Bermon Webster II (nome all'anagrafe di Travis Scott) espande ancora di più il suono, senza snaturarlo, ma alzando la posta in gioco. Come durata e lunghezza innanzitutto (19 canzoni in quasi 75 minuti – per me sempre troppi), come versatilità artistica, audacia e spavalderia e soprattutto come collaborazioni, con un parterre de rois che sembra una lista dei candidati ai Grammy: Beyonce, Drake, the Weeknd, Bad Bunny, SZA, Kanye West, Future, Pharrell, 21 Savage, Guy-Manuel de Homem-Christo dei Daft Punk, Young Thug, Dave Chappelle, Playboi Carti, Bon Iver, Swae Lee, Kid Cudi, Mike Dean, Metro Boomin, James Blake, Noah Goldstein, Hudson  per citare quelli più noti.  Nel gruppo però il nome di Kanye West dovrebbe essere segnalato con caratteri più grandi rispetto agli altri e non solo perché l'artista di Chicago produce tre tracce, ma perché la sua influenza è presente in tutto il disco – spesso anche in modo imbarazzante. 

La matrice Yeezus

Esattamente dieci estati fa usciva “Yeezus” (qui la recensione) che, per quanto mi riguarda, rappresenta il disco più interessante di Kanye West, arrivato dopo il premiatissimo, massimalista e barocco “My Beautiful Dark Twisted Fantasy”. “Yeezus”, al contrario, era asciutto, secco, un pugno nello stomaco, pieno di elettronica e suoni industriali. In una rara intervista di quel periodo Kanye West disse che si sentiva di essere “avanti di 10 anni ma intrappolato nel presente”. Ecco, oggi ascoltando “Utopia” quella dichiarazione che al tempo poteva sembrare farsesca e arrogante, assume un nuovo significato. Sì, perché il quarto album in studio di Travis Scott è un totale rimaneggiamento di “Yeezus” con una serie di somiglianze piuttosto chiare alle orecchie di tutti al di là dei tre brani dove Kanye West (che da sempre è una sorta di padrino di Scott nonché ex-parente) è coautore e produttore (“Thank God”, “God's Country” e “Telekinesis”). 

Le canzoni 

Il disco si apre con “Hyaena” e con un campionamento delle voci di “Proclamation” dei Gentle Giant e con lo speech di “Maggot Brian” dei Funkadelic: un forte statemement che vuol far capire a tutti il livello “alto” e sperimentale di questo disco. “Modern Jam” sembra uscita direttamente da “Yeezus” viste le tante somiglianze con “On sight”: il suond è meno aggressivo, ma ci sono i synth, le interruzioni vocali e le urla (anche in God's Country”) proprio come nel pezzo di West – nei crediti qui c'è anche Guy-Manuel de Homem-Christo che insieme al suo compare dei Daft Punk aveva creato i beat delle prime tracce di “Yeezus”. In “My eyes” c'è il primo colpaccio di Scott dove mette inseme Justin Vernon (anche co-produttore) e Sampha per un pezzo di grande atmosfera coadiuvato nella produzione anche da Buddy Ross, collaboratore storico di Frank Ocean, e si sente tutto. C'è molta Africa invece in “Sirens” dove Scott mostra il suo grande talento, in uno delle tracce più originali del disco. In “Meltdown” arriva anche Drake per quello che sarà inevitabilmente il prossimo singolone. Per andare avanti con gli ospiti (ma mai esplicitati come featuring)  in “Fe!n” c'è Playboi Carti per tornare alla trap in purezza, mentre in “Delresto (Echoes)” torna Justin Vernon con Sua Maestà Beyoncé che si prende tutta la scena, fino alla coda che è Bon Iver in purezza. 
Gli altri pezzi da segnalare sono sicuramente “Circus Maximus” con un altro peso massimo come The Weeknd ma con una linea di batteria tale e quale a “Black Skinhead” del già citato “Yeezus” come pure in “Looove” scritto e prodotto con Pharrell Williams (e con l'intervento di Kid Cudi), si respira lo stesso sound design sperimentale del disco di dieci anni fa. 
Un altro nome che appare sempre in queste operazioni è quello di James Blake qui in “Lost Forever” e nel finale “Til future notice” insieme a 21 Savage co-prodotto da Metro Boomin'. Per chiudere, “K-POP” il singolo appena uscito con The Weeknd e Bad Bunny è proprio un pezzo vuoto, sullo stresso livello dei tormentoni estivi di Fedez & co che guidano le classifiche. Quindi sarà un successo annunciato. 

Il rovescio della medaglia

Insieme a tutte queste collaborazioni e a un approccio musicale sperimentale – seppur in parte assai derivativo – c'è anche il rovescio della medaglia che ha sempre caratterizzato la carriera di Travis Scott, ovvero i testi. 
Si pensava che il tempo, le traversie e i drammi accaduti, avessero anche avuto un influsso sul contenuto delle liriche, magari un po' più mature e all'altezza dei suoni. E invece purtroppo no: i temi ricorrenti sono sempre la fama con i suoi pregi e difetti, le donne che si porta a letto, e altri argomenti piuttosto vuoti, a cui si aggiunge un approccio estremamente freddo e privi di qualsiasi briciolo di umanità (che invece il vecchio Kanye aveva in abbondante quantità). 
Ecco, forse l'Utopia del titolo del disco fa proprio riferimento ai testi che, ahimè, non ci sono. 

Tracklist

01. HYAENA (03:42)
02. THANK GOD (03:04)
03. MODERN JAM (04:15)
04. MY EYES (04:11)
05. GOD'S COUNTRY (02:07)
06. SIRENS (03:24)
07. MELTDOWN (04:06)
08. FE!N (03:11)
09. DELRESTO (ECHOES) (04:34)
10. I KNOW ? (03:31)
11. TOPIA TWINS (03:43)
12. CIRCUS MAXIMUS (04:18)
13. PARASAIL (02:34)
14. SKITZO (06:06)
15. LOST FOREVER (02:43)
16. LOOOVE (03:46)
17. K-POP (03:05)
18. TELEKINESIS (05:53)
19. TIL FURTHER NOTICE (05:14)
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