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Il regista premio Oscar racconta la sua passione per la musica (nei film)...

“Amnésia”, il nuovo film di Gabriele Salvatores, è accompagnato nel suo svolgimento da molteplici interventi musicali. Non è una novità; Salvatores aveva dimostrato la per la musica in diverse altre occasioni. Intervistato da Rockol, il regista ci ha raccontato tutto il suo amore per la musica, le colonne sonore e ci ha rivelato alcuni particolari sui suoi progetti futuri.

“Amnésia” inizia e finisce con “Proud Mary” dei Creedence Clearwater Revival, per poi calarsi in musiche più moderne. Come è nata questa scelta?
I Creedence sono uno dei gruppi che ho amato di più e “Proud Mary” serviva per aprire e chiudere il film. Nella scena iniziale la musica proviene da un vinile, uno strumento un po’ in disuso, Ad un certo punto la puntina va fuori solco, come a dire: “tutto questo è finito”. Ho scelto molta altra musica per il film: c’è il tema centrale di Daniele Sepe, un brano di Leonard Cohen: “My secret life”, il cui testo ha molte attinenze con la trama. In realtà, inizialmente avevamo pensato ad un brano di Manu Chao, “Minha galera”, ma era troppo legato al personaggio interpretato Martina Stella. Nella seconda parte del film compaiono inoltre delle musiche da discoteca selezionate da DJ Oliver della discoteca ibizenca Amnesia (che dà titolo al film). E’ una techno molto acida, non è una musica che amo particolarmente, per cui ho voluto bilanciarla con del rock, quello di gruppi come Clawfinger, Bad Religion; gruppi che propongono un suono molto duro, talvolta fastidioso e con parole forti. C’è un testo in particolare che mi ha colpito in cui si dice “La nuova generazione pagherà il conto”.

E i Macaco?
La loro opera è fondamentale e dimentico spesso di citarli perché sono parte integrante del film. Sono un gruppo di Barcellona nati da una costola dei Mano Negra. Sono tre musicisti spagnoli, due brasiliani e un venezuelano. Molte della canzoni che si sentono nell’album fanno parte del loro ultimo disco.

Qual è il metodo che usi per creare le colonne sonore dei tuoi film?
Quando comincio a scrivere una storia, ancora prima di buttare giù le prime righe della sceneggiatura, mi faccio una cassetta. Parto da lì, perché per me la musica è fondamentale, è la colonna sonora della mia vita, ma non solo. La musica è un mezzo di espressione fondamentale, è un mezzo stabilizzante. Io devo ringraziare il rock’n’ roll se non sono diventato un avvocato...

Daniele Sepe ha scritto dei brani originali per “Amnèsia”. In che modo si è sviluppata la vostra collaborazione?
Daniele è entrato in una secondo momento della produzione del film. E’ uno dei musicisti più interessanti che abbiamo in Italia. Naturalmente ha scelto una strada sua, un po’ marginale e per questo è meno conosciuto di quanto meriterebbe. La sua fusione tra il jazz, la musica etnica i suoni mediterranei e certi rimandi a Keith Jarrett è veramente molto interessante.
Ha visto il film prima di scrivere le musiche e ci ha proposto quattro linee musicali, di cui ne abbiamo scelte due. Su quello poi ha lavorato sperimentando con strumenti etnici alquanto insoliti, usando cori albanesi e di sciamani messicani.

La musica di Sepe, nel film, sembra raccogliere le singole storie, ognuna simbolizzata da un genere musicale.
Questa è esattamente la sua funzione. Vedi, la musica non è come un cameriere che serve l’emozione, ma un vero e proprio protagonista. La musica da repertorio è quella dei differenti mondi che si incontrano, mentre quella di Daniele è uno sguardo sui personaggi nostro, esterno, dall’alto.

Abbiamo letto che Mike Patton, ex leader dei Faith No More, avrebbe dovuto recitare in “Amnèsia”, ma non l’abbiamo visto comparire. Ci sveli questo mistero?
Sì, in effetti avevo deciso di affidare a Mike il ruolo del sordido gestore di afterhours che nel film è impersonato da Bebo Storti. E' uno dei miei eroi ed ha sempre cercato di fare delle cose particolari. E’ una persona molto interessante e divertente; fortunatamente ha una moglie italiana. Ci eravamo incontrati per accordarci, ma, purtroppo, durante la preproduzione del film, il ruolo che gli avevo cucito addosso è aumentato in termini di importanza e di parti recitate, per cui ho avuto bisogno di un attore per quel personaggio. Mi dispiace che sia andata così.

La colonna sonora segue due distinti filoni. Da una parte hai cercato delle musiche originali, dall’altro hai spulciato nella tua collezione di dischi. Quale di questi due procedimenti preferisci?
Francesco De Gregori, quando ai tempi di “Marrakech Express” gli chiesi se potevo usare “La leva calcistica della classe ‘68”, mi disse: “Mi fa piacere che tu voglia usare questo brano. Significa che la nostra generazione ha lasciato lungo la strada qualcosa che viene raccolta da qualcun altro”. Ed è proprio così: io non conosco Leonard Cohen, ma la sua canzone sembra essere stata scritta apposta per il mio film, parla degli stessi temi trattati nel racconto, cioè la corrispondenza tra un mondo interno e quello che lasciamo vedere all’esterno, tra un mondo di bugie e uno di verità interne. Quando trovo una canzone che dà una luce nuova alla scena che voglio fare è fantastico.
Diversamente, quando creo una musica originale per il mio film posso calcolare l’emozione voluta sul tempo del film. Sono due cose nettamente diverse, da una parte c’è un incontro tra entità differenti che coincidono, dall’altra c’è un lavoro più approfondito di creazione.

Tra i tanti musicisti citati in “Amnèsia” ci sono anche i Beatles e la loro “Strawberry fields forever”. Nel loro caso però hai usato solo le parole del brano senza far sentire la musica, come mai?
Credo che le musiche dei Beatles costino un patrimonio. Non è proprio possibile usarle, purtroppo. Non so se ora Michael Jackson cederà i diritti delle loro canzoni per diventare ancora più ricco, ma purtroppo sono ancora irraggiungibili. Pensa che quand’ero giovane i miei gusti pendevano più verso i Rolling Stones eppure, pian piano, li ho riscoperti. I Beatles hanno veramente fatto la musica anche quella dei giorni nostri e “Strawberry fields forever”, citata nel film, è una delle più belle canzoni in assoluto.

Qual è la colonna sonora a cui sei più legato?
Beh, in primis, non ti posso non citare “I compari” di Robert Altman le cui musiche, scritte da Leonard Cohen, sono molto “incollate” al film. Te ne posso nominare altre: Neil Young con la sua chitarra per “Dead man” di Jim Jarmush, Steward Copeland per Coppola in “Rumble Fish” (in Italia “Rusty il selvaggio”), Bob Dylan per Sam Peckinpah in “Pat Garrett e Billy the Kid” e naturalmente Simon & Garfunkel ne “Il Laureato” ; ce ne sarebbero tantissimi da citare ancora. Un’ultima, che però non coinvolge una rockstar, è Michael Nyman per “Lezioni di piano”.
Ah! Mi sono dimenticato Vangelis per “Blade Runner” di Ridley Scott.

Spesso il mondo del cinema guarda con diffidenza gli autori di videoclip. Tu però hai girato molti clip, tra cui ricordiamo quello per Liga-Jova-Pelù. Credi che i videoclip siano una forma d’arte?
Tra i video che ho diretto, quello a cui tengo di più è “La domenica delle salme” di Fabrizio De André che purtroppo si è visto pochissimo. Sì, è una forma d’arte e di comunicazione diversa dal cinema, dalla musica e dalla videoarte e non può non essere non considerata tale. E’ un mezzo di espressione particolare, la macchina da presa non si usa nella stessa maniera in cui si usa nel cinema, ma ha un suo utilizzo particolare adatto ai videoclip.

Stai già pensando alle musiche del prossimo film?
Si, il prossimo film sarà tratto dal libro “Io non ho paura” di Niccolò Ammaniti e con lui stiamo pensando a solo musica d’archi da Vivaldi ad autori contemporanei. Non credo ci sarà rock o musica leggera.


(Giuseppe Fabris)

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