Gianluca Grignani è salito sul palco del Teatro Ariston in occasione della prossima edizione del Festival di Sanremo, dove ha presentato “Lacrime dalla luna”, un brano tratto dal suo nuovo lavoro discografico intitolato “Uguali e diversi”, subito in testa alle vendite post-Festival. Per l’occasione Gianluca si è fatto accompagnare dal maestro Adriano Pennino con il quale ha lavorato agli arrangiamenti delle canzoni del suo nuovo album. Ci siamo fatti raccontare la lavorazione del nuovo album e la decisione di tornare a Sanremo.Hai detto che “Uguali e diversi” non è solo il titolo del tuo nuovo disco, ma anche una chiave per interpretare questo tuo particolare momento artistico, quasi un manifesto dei tuoi trent’anni.
E’ la mia musica che è “uguale e diversa”, nel senso che non si discosta totalmente dalla mia produzione passata, ma completa un discorso iniziato anni fa. Ritengo di aver sperimentato in maniera estrema con “Campi di pop corn”, “Sdraiato su una nuvola” e “La fabbrica di Plastica” percorrendo varie direzioni musicali. “Campi di pop corn” è un album a sé stante, di costante ricerca sonora, “La fabbrica di plastica” è più rock, “Sdraiato su una nuvola” esprime la mia parte cantautoriale.
“Uguali e diversi” invece riesce a mettere insieme queste cose e così ascoltandolo posso finalmente dire: “Questo è il mio stile musicale, la musica di Ginanluca Grignani”. In quest’ultimo album mi sono rivolto anche un po’ al sociale nei testi, non solo a causa dei fatti dell’11 settembre, ma anche per quello che è successo a Genova e per alcuni avvenimenti accaduti in Europa. Mi sono sentito motivato a scrivere qualcosa. La canzone “Uguali e diversi” nasce da un desiderio di tolleranza. Ormai l’Italia si sta avvicinando all’Europa dove tutti sono molto più tolleranti di noi nei confronti delle altre razze. La canzone va al di là del momento e guarda un mondo in cui magari i miei figli andranno a scuola con bambini di altre razze. L’atteggiamento di “Uguali e diversi” è anche quello che ho nei confronti della musica: ho sempre detto che non deve essere un solo suono, ma sono tante possibilità e si deve evolvere come una persona, come un essere umano che cresce. Il mio percorso artistico e caratteriale sono sempre andati di pari passo.
E come hai vissuto questi tuoi sette anni da artista?
Ho sempre vissuto da artista con i pro e i contro della cosa e le esperienze che ho fatto in questo senso hanno sicuramente influenzato sia me che la mia musica. Io rifarei tutto quello che ho fatto. Mi ricordo che dopo aver inciso “La fabbrica di plastica” ho alzato la testa e ho guardato le casse dello studio di registrazione incredulo nei confronti di ciò che stavo ascoltando. Ho pensato: “E’ una cosa da folli!”, ma l’istinto mi diceva che dovevo farlo: l’ho fatto e ora so il perché. E sono ancora qui. Mi davano per morto e spacciato e invece eccomi qui: il mio percorso artistico ha avuto un suo perché.
Perché hai deciso di partecipare al Festival di Sanremo?
Sinceramente all’inizio non sapevo se andare a Sanremo o meno, anche se la casa discografica avrebbe voluto. Poi ho ritenuto che infondo il disco fosse buono e quindi ho pensato: “Perché non farlo?” Così abbiamo anticipato l’uscita dell’album con un singolo per poter sfruttare al meglio la situazione: del resto io faccio il musicista e devo vendere i miei dischi come il panettiere vende il pane. E’ inutile inventarsi cose strane e penso che sia giusto poter usufruire dei canali che offre la musica. Inoltre, ritengo che questo sia uno dei miei migliori dischi e che quindi partecipare a Sanremo sia la cosa giusta, poi sarà la gente a giudicare.
“Lacrime dalla luna” è il brano che hai presentato al Festival. Sei sempre stato convinto di questa scelta?
A dire la verità in principio io avevo scelto “Angeli nelle città” che tra l’altro era piaciuta molto anche al direttore della casa discografica e a Pippo Baudo. Poi però sia l’ufficio di promozione che la gente che ascoltava il brano erano più propensi per “Lacrime dalla luna”. Per me non c’era differenza, tanto erano tutti figli miei: non avrei potuto sbagliare.
Il brano nasce per quelle persone che provano ansia ogni volta che si avvicina una possibilità e che sono sempre in corsa perché gli esami non finiscono mai. Anche io vivo con questo stato d’animo: ogni cosa che faccio è un esame. Spero che per tutti sia così. “Lacrime dalla luna” è’ un giro di FA con delle varianti in bemolle, quando riapre lo fa con lo stesso giro armonico della strofa ma la posto di cadere in minore cade in maggiore: sono quelle accortezze che uno con gli anni comincia ad affinare! Mi hanno raccontato che quando Baudo ha sentito il pezzo è andato subito al piano e ha detto: “Ma Gianluca ci deve arrivare sul palco a questa nota!”. E’ pazzesco: Pippo è preparatissimo e Sanremo ce l’ha nei cromosomi!
Ci sono diverse collaborazioni nel disco…
La più importante è stata quella con Alberto Radius con il quale ho la fortuna di condividere la collina in cui abito e che è il “braccio destro” di questo disco, mentre io sono il “braccio sinistro” delle chitarre delle canzoni. Poi ci sono Adriano Pennino con cui ho co-arrangiato l’album e Fabio Massimo Colasanti che credo sia il miglior programmatore in Italia e che non è un tipo che si lascia andare a facili collaborazioni. Il fatto che abbia lavorato con me anche in passato mi fa molto piacere. Inoltre ho lavorato con musicisti del calibro di Pippo Guarnera all’Hammond, Alfredo Golino alla batteria, Cesare Chiodo al basso e Bruno Malasoma che aveva mixato anche “Destinazione paradiso” . Bruno è stato anche fondamentale da un punto di vista spirituale per il disco perché ha saputo tenermi tranquillo, il che non è facile. Sai, per fare il produttore e il musicista di un album c’è bisogno anche di gente che ti ascolti e che ti sappia capire.
Quali sono gli artisti che stimi maggiormente?
Non mi stancherò mai di ripetere che sono cresciuto con l’aureola di Vasco Rossi e l’anima di Battisti. Vasco è stato proprio un modello: spesso ci sentiamo e ci mandiamo degli SMS, soprattutto per le feste come i compleanni e Natale. Per quanto riguarda i musicisti più recenti, penso che Samuele Bersani e i Subsonica siano degli artisti in crescita, con delle ottime possibilità.
Durante la tua carriera di autore hai avuto l’occasione di scrivere per Ron. Ti piace comporre per altri?
Si, anzi! Quando scrivo per me è più difficile perché quando scrivo per altri mi sento libero da ogni tipo di pregiudizio. E’ più difficile parlare di se stessi ed essere completamente lucidi: si tende sempre a nascondere quello che non si vuol far sapere. Un modo facile per capire le debolezze degli artisti è vedere cosa scrivono, di cosa parlano. Adesso ho dei progetti che non so se andranno in porto con artisti molto grossi…potrebbero nascere delle grosse collaborazioni. Mi piacerebbe molto perché sono pieno di canzoni nel cassetto e vorrei usarle. Ci sono brani poi che forse non potrei nemmeno cantare: li scrivo, ma non so se mi stanno bene addosso.
C’è qualche autore che ami in modo particolare?
Si, certo, Mogol. Ho il massimo rispetto per lui: ha la capacità di saper scrivere per gli altri. Riesce a fare un vestito per la persona che lo deve indossare passando tramite se stesso. Da lui ho imparato una cosa importante: sapersi esprimere e scrivere per gli altri passando attraverso se stessi. Andavo a trovarlo ogni tanto in campagna e cucinavo le tagliatelle: arrivavo magari due ore prima, prendevo i funghi e gliele preparavo…
Mogol ha mai ispirato qualche tua canzone?
Si. Una volta gli avevo chiesto che cosa faceva con quelli che lo odiavano e lui mi ha risposto.”Non ci penso”. Questa frase mi aveva ispirato e l’avevo ripresa ne “Il giorno perfetto” quando dicevo “Ma con quelli che ti odiano come fai? Non so, però per quelli non piango mai”.
Ultimamente hai suonato nell’ultimo disco di Lucio Dalla…
Si, è stata un’esperienza incredibile. Ero in piscina e mi suona il telefono: era Lucio. Io e lui ogni tanto ci sentiamo per dirci cosa ha fatto il Bologna o l’Inter, ma quella volta mi ha chiesto: “Mi fai una tua chitarra su un mio pezzo?” Ero incredulo, ma visto che a lui faceva piacere, ho preso la mia Gibson Les Paul tutta scordata e sono andato a Bologna: era agosto non c’era il liutaio.. Io di solito sono abituato, non dico a dare ordini, ma a dire ai musicisti cosa devono fare: in quel caso invece era lui a dirmi cosa dovevo fare e io stavo zitto ad ascoltare. Anche se la chitarra era scordata lui diceva che era fantastica e in effetti nel disco suonava proprio bene. Lucio mi ha dato la consapevolezza di poter suonare anche nei dischi degli altri, non è una cosa da tutti i giorni. Poi lui ha fatto dei paragoni esagerati: Eric Clepton…
Adesso che il Festival è passato, quali sono i tuoi progetti?
Stiamo organizzando una tournée. Questa estate ci saranno una decina di date poi da settembre partirà il tour vero e proprio, ma è ancora tutto in forse. Poi il Sud America: “La mia storia tra le dita” sta ricominciando a vendere grazie ad un remake con Anna Cavallina, un’artista brasiliana, sia in Brasile che in Portogallo. Anche “Speciale” è entrata in una compilation in Brasile. Sarebbe un grande sogno quello di portare la mia musica al di là dei confini…
(Laura Ghellere)