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Maurizio Arcieri e i Krisma, dai New Dada al Re**Birth...

Mod all’italiana, proto-punk ante litteram, pionieri della techno e della musica da vedere, esploratori notturni di immagini satellitari, mitteleuropei della prima ora. Fino all’ultima incarnazione di Maurizio, dj e sperimentatore di nuove forme di computer music nei locali da ballo della riviera romagnola e al di là delle Alpi. Piacciano o no le loro scelte artistiche e di vita controcorrente, ai Krisma non si può negare un fiuto particolare nell’anticipare i tempi. Lo hanno riconosciuto anche i Subsonica, che a Maurizio Arcieri e Christina Moser hanno chiesto di cantare un pezzo del loro nuovo album “Amorematico”, “Nuova ossessione”. L’occasione giusta per rientrare in contatto con loro e farsi raccontare a viva voce passato, presente e futuro della imprevedibile coppia.


Dagli esordi con i New Dada alle sperimentazioni col Re**Birth ci sono di mezzo quarant’anni: c’è qualcosa che lega questi due estremi temporali?
Maurizio: Il tempo che passa ha la sua importanza, certo, ma per me resta un concetto fluido. Quello che ero, sono rimasto: tra un capo e l’altro mi è rimasta addosso la stessa curiosità, la stessa voglia di ricerca.

Quali erano le tue passioni musicali, quando hai iniziato?
Maurizio: Allora, era il 1962, mi trovavo a Londra. Ero innamorato del rock and roll di Jerry Lee Lewis e di Little Richard. Ma anche del pop inglese, di Kenny Lynch e di Adam Faith.

Come eri arrivato in Inghilterra?
Maurizio: Mi trovavo lì per studiare. Quando ho finito i soldi, pur di rimanere, ho cominciato a lavorare. Nel frattempo suonavo in locali come il 21’s Bar di Old Compton Street, a Soho, un posto di ritrovo di musicisti che poi sarebbero diventati famosi…

Erano tempi eccitanti, immagino: secondo te esistono oggi dei luoghi che possono riproporre un ambiente altrettanto stimolante, dal punto di vista artistico e creativo?
Maurizio: Al di là delle scelte ovvie come New York o la stessa Londra, direi Sheffield o Liegi, in Belgio…

Quale potrebbe essere, allora, la città del futuro?
Maurizio: Bella domanda. Me lo chiedo spesso anch’io, quando fantastico di fuggire da dove mi trovo.

Dove abitate?
Christina: Tra la Svizzera e l’Italia: lago Maggiore, sul versante del Varesotto.

Dev’essere un posto tranquillo…
Maurizio: Anche troppo. Qui intorno non c’è nessuno, per incontrare un’anima devi fare dei chilometri.

Perché, allora, questa scelta di reclusione volontaria?
Maurizio: E’ una storia che risale a tanti anni fa. Quando abbiamo cominciato a lavorare per la Rai su programmi come Blob e Sat Sat usavamo delle parabole mobili di dimensioni enormi, da cinque metri e quaranta, per captare i segnali dei satelliti. Perciò avevamo bisogno di un posto dove metterle, e da cui fosse possibile ottenere la migliore ricezione possibile. Per i nove anni successivi abbiamo vissuto come dei reclusi.

Il vostro è un caso quasi unico di rapporto umano e professionale che prosegue da decenni: qual è il segreto di una relazione così duratura?
Christina: Devo dirla tutta? E’ che gli ho concesso tutto e subito, quand’ero ancora molto giovane…
Maurizio: Mi ricordo benissimo di quella sera…
Christina: Se c’è un segreto, è che anche quando lavoriamo insieme finiamo per litigare poco. O forse è semplicemente che ci vogliamo bene e andiamo d’accordo.
Maurizio: Se per qualcuno lavorare insieme è difficile, per noi è invece l’elemento che fortifica la relazione.

Che cosa vi fa sentire reciprocamente a vostro agio, quando lavorate fianco a fianco?
Christina: Il fatto che ci conosciamo da sempre. Spesso non c’è neppure bisogno di parlare, basta un’occhiata.

C’è qualcosa, con il senno di poi, che avreste voluto evitare, qualche file che vorreste cancellare dalla vostra storia professionale? Chi si assume dei rischi, come avete fatto voi, può anche prendere delle cantonate, qualche volta…
Maurizio: E’ vero che facciamo scelte pericolose: ma quando ci buttiamo su qualcosa è perché ne siamo pienamente convinti. Se ci pentiamo di qualcosa, lo facciamo una volta sola.

Avete avuto occasione di collaborare con molti musicisti, anche famosi. Vangelis, per esempio: che ricordo avete di lui?
Christina: Nei suoi confronti proviamo affetto e rispetto: lo abbiamo conosciuto grazie a suo fratello Niko, che allora lavorava alla Polydor, ed è diventato anche un nostro amico, si andava a cena insieme. E’ un musicista straordinario: oggi lo sentiamo raramente, ma abbiamo i rispettivi numeri di telefono e tra di noi la porta è sempre aperta.

“Chinese restaurant”, uno dei vostri dischi più celebri, uscì in piena esplosione punk. Come venne concepito, a cosa vi ispiravate in quel preciso momento?
Maurizio: Quando lo incidemmo, nel ’75, la parola punk non esisteva ancora…
Christina: Siamo usciti prima dei Sex Pistols…
Maurizio: Ero stanco della musica che sentivo in giro, non avevo più voglia di comporre né di suonare. Intorno si cominciava a percepire una voglia di Europa, un desiderio di trovare accordi diversi. Qualcuno cominciava a pensare alla possibilità di utilizzare moduli nuovi, dei loop basati sulla ripetizione indefinita della stessa nota musicale. Non esisteva ancora l’elettronica, e allora mi misi a costruire un prototipo di sequencer che battezzai “Krismino”: un apparecchio che conteneva 254 note in sequenza. Un giorno mi capitò di sentire un album dei Neu, un gruppo tedesco, in cui c’era una chitarra che suonava proprio come, nella mia immaginazione, avrebbe dovuto essere un sequencer. Ebbi la conferma che non ero pazzo, che altri stavano andando nella stessa direzione. Così mi tornò la voglia di scrivere e vennero fuori canzoni come “Lola” e “C-rock”. Andai a Londra da Vangelis per mettere giù le idee: lui aveva già in casa il primo modello di tastiera Yamaha che usava con grande abilità…
Christina: Hai mai visto le mani di Vangelis? Sono immense, quando suona sembra che abbia ventiquattro dita…
Maurizio: Così è cominciata la nostra collaborazione. In seguito gli abbiamo restituito il favore, partecipando alle registrazioni di “See you later”.
Christina: Con lui e gli Osibisa, a Londra, avevamo già fatto “Amore” e “U”. Poi ci siamo ritrovati a lavorare insieme per “Hibernation”. In seguito abbiamo provato il desiderio di collaborare con altri musicisti: e sono arrivati Hans Zimmer e gli altri.

Vi è rimasta la voglia di costruire apparecchi “custom”, in seguito?
Maurizio: Beh, da quel momento di macchine nuove ne hanno prodotte a bizzeffe…
Christina:…e ci siamo sempre arrangiati. In “Fido” abbiamo usato il Casio MT 65: Maurizio l’ha pagato 200 dollari e ne ha spesi 5 mila per farne quello che voleva lui.
Maurizio: E’ un lavoro che feci negli studi della Atlantic in America, quando eravamo sotto contratto con loro, nell’82. Erano già usciti “Clandestine anticipation” e “Many kisses”, che veniva utilizzata dai primi rapper. Per ottenere un suono “toy”, da strumento giocattolo, che allora non esisteva, portai il Casio in quegli studi immensi, lo aprii e scollegai tutte le combinazioni di suoni preregistrati che erano contenute nella piastra.
Christina: Come vedi, siamo i nonni della techno!

Immagino che questa storia vi sia venuta a nausea. Ma qual è la vostra parola definitiva sul famoso episodio del dito tagliato col rasoio, in concerto?
Christina: Potrei definirlo un episodio di autodifesa. Sul palco, si sa, lo spettacolo deve sempre continuare: quella sera, tra il pubblico, c’erano parecchi elementi bellicosi e quella mossa inattesa li lasciò di sasso. Siamo riusciti a finire il concerto: anche se sul palco si scivolava parecchio, tra il sangue di Maurizio e le goccioline fluorescenti che fuoriuscivano da quelle bacchette che si usano come luci di emergenza e che noi aprivamo lanciandole a fine concerto…

Che effetto vi fecero, allora, le notizie sui giornali, il fondo che Luca Goldoni dedicò all’episodio sul Corriere della Sera?
Christina: Beh, Goldoni in fondo scrisse che Maurizio era un punk doc, se non ricordo male. E’ stato persino coniato un termine per quell’episodio: finger job.
Maurizio: Purtroppo è stata presa male: sono persino stato denunciato per autolesionismo.

Mi risulta che siate anche stati tra i primi a cimentarvi con i videoclip…
Christina: Sì. “Aurora B.” è stato il primo clip italiano, e ancora oggi penso che fosse davvero ben fatto.

A quell’epoca eravate dei beniamini di “Mr. Fantasy”, la trasmissione di Massarini sulla “musica da vedere”. Considerando come se la passa oggi la musica in televisione, avete nostalgia di quei tempi?
Christina: Ci sarebbe da aprire un lungo discorso…Personalmente trovo che la maggior parte dei video che passano oggi in TV faccia schifo. Non mi stupisco che i programmi di videomusica non abbiano successo. Per questo ho realizzato KrismaTV: per farmi per mio conto una TV musicale che mi piace. Vorrei solo che diventasse più grande e avesse più possibilità di farsi vedere.

E cosa non vi piace, invece, nella TV musicale di oggi?
Christina: Non vedo un progetto, si salta con nonchalance di palo in frasca. Ci sono poche idee: questa, almeno, è la mia opinione personale. Zappando in continuazione, ci imbattiamo nei programmi di Viva e di MTV ma è difficile che attraggano la nostra attenzione. Con 1.400 canali a disposizione, un programma ti deve conquistare immediatamente, altrimenti non succede nulla. E’ come una canzone che ti deve catturare l’orecchio alla terza nota: nei programmi musicali in TV manca l’ “hook”, il gancio.
Maurizio)…E manca anche il “beef”, la sostanza.

C’è qualche artista, secondo voi, che oggi sa utilizzare le immagini in modo creativo e innovativo?
Maurizio: Non mi viene in mente nessuno. Guarda l’ultimo video di Bjork, per esempio, quello con la sua faccia in primo piano: visto una volta non ti lascia nulla, non ha nessun valore. E anche musicalmente non la trovo sconvolgente.
Christina: Personalmente, non sono mai invidiosa dei suoi pezzi…

Vi è capitato di essere invidiosi dei risultati artistici di qualche collega, in passato?
Maurizio: Quando riascolto “Duel” dei Propaganda penso ancora che avrei voluto scriverla io. Con la musica di oggi non mi succede: e in auto ascoltiamo Radio Radicale. Ogni tanto ci capita di andare a sentire qualche DJ che suona musica chill out o cose simili…
Christina: Gente del tipo di Andy dei Bluvertigo o Zappalà. Piuttosto che andare ad ascoltare dei musicisti, preferiamo ascoltare musica.

I Subsonica li conoscevate già, prima di collaborare con loro?
Christina: Avevamo ascoltato qualcosa, tutto lì. Marco, il loro road manager, è stato il nostro bassista ai tempi del tour di “Chinese restaurant” e gli ha parlato di noi. E’ stato tutto molto semplice: ci siamo piaciuti, loro ci rispettano come musicisti e noi rispettiamo loro. Siamo anche diventati amici.

Com’è nata “Nuova ossessione”?
Christina: Il pezzo ha avuto origine a febbraio dell’anno scorso. Inizialmente doveva chiamarsi “Buona visione”, richiamare le atmosfere di “Cathode mamma”, parlare di amore e TV. Con i ragazzi del gruppo ci siamo scambiati e-mail e telefonate, è nato una specie di carteggio. Il pezzo ci piaceva, abbiamo finito per cantarci sopra e Maurizio ci ha messo dentro dei suoni di Re**Birth.

Cosa pensate quando, facendo zapping televisivo, vedete vecchi colleghi esibirsi da Limiti o in programmi come “Meteore”?
Christina: A “Meteore” ci siamo andati anche noi. Magari abbiamo sbagliato: ma ci divertiamo ad andare in televisione e negli altri programmi non ci chiamano.
Maurizio: Non ce ne siamo pentiti, anche perché dell’immagine ce ne freghiamo. Lì abbiamo fatto “Many kisses” perché era il pezzo che ci avevano richiesto. Ricordo invece un bellissimo concerto all’Hiroshima Mon Amour di Torino, dove anche i Subsonica erano tra il pubblico: quella volta abbiamo potuto ripescare anche cose meno ovvie dal nostro passato.

Ci sono in giro diverse ristampe che ripescano dalla discografia anni ’60 di Maurizio: che ne pensate?
Christina: Ci fa piacere che qualcuno si ricordi di noi, ristampando dischi che le grosse etichette non pubblicano più, ma il passato è passato. Sono i pezzi nuovi quelli che ti fanno progredire e andare avanti.

A proposito di case discografiche: mi risulta che siate in contatto con diverse etichette per firmare un nuovo contratto…
Christina: E’ vero, ma queste cose sono così aleatorie che finché non c’è nero su bianco è meglio non parlarne.
Maurizio: E’ più probabile un accordo all’estero che non in Italia.
Christina: In Svizzera e in Germania suoniamo techno alla nostra maniera, lì la chiamano “new music”.

E in cosa consiste il Re**Birth, questo nuovo software che usa Maurizio?
Maurizio: Fondamentalmente sono quattro sequenze che interagiscono manovrate dal mouse del computer. Avendo costruito dei sequencer in passato, per me diventa semplice come andare in bicicletta. Si tratta di inserire delle variazioni, dei mode, su un modulo ripetitivo. Il risultato è frutto dell’improvvisazione, non è mai uguale a se stesso. Il Re**Birth produce un suono inconfondibile, perfettamente autosufficiente. Potrei aggiungerci un altro programma che si chiama Reason: ma non lo faccio perché mi sembrerebbe di riprodurre uno studio di registrazione. Nel Re**Birth invece c’è un forte elemento innovativo: a me piace suonare dal vivo e improvvisare.
Christina: Devo tirarlo giù dalla console, altrimenti lui andrebbe avanti all’infinito. E ai ragazzini piace: siamo stati al Cocoricò di Riccione, l’ultimo dell’anno, ed è stato un successo. Abbiamo aperto noi la serata: dunque non si può neanche dire che il pubblico fosse già troppo ubriaco…

(Alfredo Marziano)

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