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«KRAFTWERK PUBLIKATION - David Buckley» la recensione di Rockol

David Buckley - KRAFTWERK PUBLIKATION - la recensione

Recensione del 14 feb 2014 a cura di Franco Zanetti

(Arcana, 352 pagine, euro 26,50)

Voto 8/10

La recensione

Negli ultimi mesi ho letto molto, e oltre a parecchi libri sui Beatles (in italiano), di cui vi riferirò cumulativamente fra qualche giorno, ho letto soprattutto libri in inglese comprati su Amazon – l’eccellente (per quanto datata) biografia di Brian Wilson del 1992, “Wouldn’t it be nice” (400 pagine), l’ottimo “Black vinyl white powder” di Simpn Napier-Bell (450 pagine) e l’istruttivo “Yeah Yeah Yeah” di Bob Stanley, una “storia del pop moderno” in 700 pagine che raccomanderei come libro di testo a tutti coloro che si occupano di musica.

Ogni tanto sono riuscito a dedicarmi anche qualche pubblicazione in italiano, e la migliore è senz’altro questa ampia e circostanziata storia della carriera dei Kraftwerk scritta (e pubblicata in originale due anni fa) da un giornalista e autore inglese residente a Monaco di Baviera. Sono un estimatore convinto della band di Dusseldorf, sulla quale, purtroppo, non esiste granché in termini di pubblicistica aggiornata (il meglio in circolazione resta l’ormai vecchiotto “Man, machine and music” d Pascale Bussy, senza contare “I was a robot” dell’ex Kraftwerk Wolfgang Flur). Ma questo libro di Buckley colma la mancanza in maniera egregia; ripercorre infatti minuziosamente l’itinerario professionale della band fin da prima degli inizi, dai tempi degli Organisation, e pur non essendo una “biografia autorizzata” lo fa riferendo anche, per quanto possibile, informazioni sulla vita privata – sempre mantenuta assai discreta, se non misteriosa – di Ralf Hutter, Florian Schneider, Karl Bartos, Wolfgang Flur (i “magnifici quattro” della line-up classica), senza dimenticare quanti li hanno affiancati nel tempo; e anzi, rendendo merito (un merito spesso dimenticato) a Conny Plank, il cui ruolo è stato determinante nell’indirizzare l’evoluzione dei Kraftwerk.
Molto accurata, e indispensabile per la comprensione del “fenomeno”, è anche la ricostruzione dell’ambiente culturale, sociale e musicale tedesco: una scena da noi poco nota ma estremamente vitale, che ha funzionato da brodo di coltura per la nascita e lo sviluppo del progetto della band.
Una traduzione più che accettabile completa la buona riuscita del libro, che mi sento di raccomandare senza riserve.

(Franco Zanetti)

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