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«LELIO LUTTAZZI – LO SWING NELL'ANIMA - Marco Ranaldi» la recensione di Rockol

Marco Ranaldi - LELIO LUTTAZZI – LO SWING NELL'ANIMA - la recensione

Recensione del 31 ago 2011 a cura di Franco Zanetti

(Stampa Alternativa, 280 pagine, 18 euro)

Voto 6/10

La recensione

La beatificazione post mortem è una (brutta) consuetudine nella quale gli italiani sono maestri. Più ancora sono maestri, gli italiani, nel non onorare quanto meritano – possibilmente in vita – i loro grandi artisti. Ogni tanto, ma così, quasi per caso, succede che si ricordino, quasi in extremis, dell'uno o dell'altro – e succede, quando succede, grazie all'iniziativa di un singolo, o di pochi – e riescano a tributargli i dovuti omaggi. E' successo con Nicola Arigliano, per esempio, grazie quasi esclusivamente all'impegno di Stefano Senardi; ed è successo a Lelio Luttazzi, grazie alla costanza del suo fedele collaboratore Roberto Podio, all'intuizione di Fiorello e a qualcuno in Warner – onore al merito – che ha avuto l'idea di proporre per il Festival di Sanremo del 2009 l'accoppiata di Arisa (“Sincerità”) appunto con Luttazzi, per la serata dei duetti. Una scelta indovinata, non solo perché ha riportato al grande pubblico televisivo un personaggio e un musicista che da tempo non frequentava le luci della ribalta, ma anche perché il successo di Arisa di quell'anno – iniziato fin dalla prima serata di gara, e culminato con la vittoria nel girone dei Giovani – ha avuto un riflesso positivo anche sulla partecipazione del musicista triestino. Trieste, la sua città, gli ha poi tributato una serata d'onore il 15 agosto 2009, invitandolo a tenere un concerto in Piazza dell'Unità: un avvenimento che per Luttazzi dev'essere stato molto emozionante, e che in qualche modo ha chiuso il cerchio della sua carriera (e della sua vita: Luttazzi si è spento l'8 luglio dell'anno successivo). Il libro di Marco Ranaldi è, quindi, un apprezzabile tentativo di raccontare a chi non l'ha conosciuto (o a chi non l'ha conosciuto bene) quell'uomo di multiforme ingegno artistico che è stato Lelio Luttazzi, musicista, presentatore televisivo, conduttore radiofonico della mitica “Hit Parade”, e vittima di un errore giudiziario che gli costò non solo e non tanto 27 giorni di carcere preventivo, ma lo sprofondamento in una sindrome di rifiuto che lo spinse, per moltissimi anni, a rifiutare persino l'idea di ricominciare a lavorare nel mondo dello spettacolo. Ranaldi racconta dettagliatamente la vita e la carriera di Luttazzi in sei capitoli (110 pagine) ricchi di informazioni e riferimenti: ed è questa la parte migliore del libro, per quanto riguarda il lettore medio ma anche lo storico della canzone come chi scrive. Il capitolo dedicato ai lavori musicali di Luttazzi per il cinema è invece quello più fitto di annotazioni e giudizi da musicologo: forse persin troppo fitto, perché si sposta su un terreno impervio per il non musicista (e oltretutto fa riferimento a una produzione musicale non documentata, o quasi, su disco). Peccato, al contrario, che la produzione di canzoni di Luttazzi sia sbrigata in poche pagine; qui, probabilmente, si sarebbe potuto allargare un po' il discorso e l'analisi.

Seguono le appendici: 17 interviste che, dispiace dirlo, sono quasi tutte deludenti nel contenuto e nell'esposizione, a dispetto del fatto che diano voce a personaggi anche di spicco (Jula de Palma, Antonello Falqui, Franco Cerri, Fausto Cigliano, Pupi Avati, Gianni Ferrio...). Ma l'intervista non è, come troppi pensano, una forma “facile” di giornalismo: e qui, forse, l'autore avrebbe fatto bene ad affidarsi a una collaborazione più esperta – non della materia, ma proprio dell'arte dell'intervista. Discografia, filmografia, videografia e altri apparati sono completi e dettagliati. Poco più che una curiosità è invece la sezione che riprende alcune puntate della rubrica tenuta da Luttazzi sul “Radiocorriere” fra il 1965 e il 1966 (a mio ricordo, ben più ficcanti e interessanti erano stati gli interventi del musicista su “Playboy”, circa 1977, pubblicati sotto la testatina “Turpiloquio”.
Una maggiore attenzione alla revisione delle bozze avrebbe giovato al volume, che resta comunque un lavoro molto apprezzabile e del quale mi sento di raccomandare la lettura.
(Franco Zanetti)

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