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«VANISHING POINT - Mudhoney» la recensione di Rockol

Mudhoney - VANISHING POINT - la recensione

Recensione del 08 apr 2013

Voto 8/10

La recensione

Dall’ascolto dei dieci pezzi di “Vanishing point” esce una band che non dimostra affatto i venticinque anni che si porta sulle spalle. Una band che, anzi, sembra essere particolarmente in palla: stiamo parlando dei Mudhoney (gli stessi di “Touch me I’m sick”, anche se con qualche capello bianco in più) e del loro nono lavoro in studio. Un disco punk, alternative e hardcore, sorprendentemente agile per tutti i poco più di trentacinque minuti che lo compongono. Mark Arm, Steve Turner, Dan Peters e Guy Maddison sono tornati in studio a cinque anni di distanza da “The lucky ones”, il tempo più lungo in assoluto mai intercorso tra due pubblicazioni della formazione di Seattle. Un tempo però necessario per assemblare un’opera dalle fondamenta estremamente solide, un disco suonato da un gruppo ormai pienamente maturo e, soprattutto, sempre più consapevole della propria identità. In “Vanishing point”, in estrema sintesi, ci sono i Mudhoney che (divertendosi parecchio) fanno i Mudhoney: grezzi, diretti, senza compromessi, innamorati di Hendrix (molto) e degli Stooges (se possibile ancora di più). I Mudhoney che, agli inizi, probabilmente nessuno si sarebbe mai aspettato potessero durare così a lungo; forse, se glielo chiedessimo, nemmeno loro stessi. Eppure, venticinque anni dopo, eccoci qui, di nuovo, con in mano un buonissimo album. Manco a dirlo… alla Mudhoney.

Tracklist

01. Slipping away
02. I like it small
03. What to do with the neutral
04. Chardonnay
05. The final course
06. In this rubber tomb
07. I don't remember you
08. The only son of the widow from nain
09. Sing this song of joy
10. Douchebags on parade

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