Out Of Place Artifacts: leggi qui la recensione del nuovo "OOPArts"
“OOPArts” è il disco d’esordio in nove tracce degli Out Of Place Artifacts, band Indie Rock di Roma, nata nel 2005: “Artefatti fuori luogo. Così sono queste canzoni e così ci sentiamo noi, presenti e distanti da tutto quello che ci circonda”.
“OOPArts” è un disco nato con il tempo e il lavoro; parecchio di entrambi.
Tempo: gli Out Of Place Artifacts sono una band romana attiva dal 2005. Iniziano come band post punk ed esordiscono nel 2011 con un EP che, cambiando le carte in tavola, si fonda sul pianoforte di Alessandro Cendamo e il violino di Giorgio De Toma. A loro si affiancano Andrea De Toma alla chitarra e Riccardo De Stefano al basso. Nel 2012 la formazione si stabilizza: entrano David Schinzari alla voce e Luca Monaldi alla batteria; nel 2014 i ragazzi iniziano a lavorare sul full lenght.
Lavoro: “Artefatti fuori luogo. Così sono queste canzoni e così ci sentiamo noi, presenti e distanti da tutto quello che ci circonda”.“OOPArts” conta nove pezzi. Di quello che fin qui è stato rimangono pianoforte e violino; basta ascoltare “Red” o “Ballantines 12” per capire cosa s’intende. E va bene che parlare di violino fa subito folk, ma il sound della band in questi undici anni si è evoluto piuttosto verso un pop rock quasi cantautorale, sicuramente raffinato, che non disdegna le contaminazioni post ed elettroniche. Tutti i pezzi arrivano con una immediatezza piuttosto coerente, mantenendo le melodie pulite e giocandosi riff non troppo complicati ma sempre arrangiati a dovere. Un risultato figlio dell’esperienza sul palco e il lavoro in studio sul suono, al fianco di Giorgio Pona e Gigi Piscitelli.
C’è un qualcosa di gustosamente anni Novanta in pezzi come “Frog 1”, crescendo dal background post rock, a cavallo tra noise e un certo brit: un mood su cui gli OOTPA hanno sostanzialmente impostato tutta la loro opera prima, un lavoro in cui la band si prende il tempo di suonare, respirando profondamente. Una cosa che sa molto di liberazione... o, volendo essere meno impulsivi, di presentazione di un mondo. Intitolarlo “OOPArts” ha poi secondo me una doppia valenza, prché non stiamo parlando solamente di un album self titled: nei nove pezzi che lo compongono, degli arte-fatti (neanche troppo) fuori luogo, quello che risalta è effettivamente l’arte della band e questo non è poco. Significa avere un'identità ben definita. Idee chiare.
Prendiamolo allora come un primo passo arrivato dopo un cammino piuttosto lungo, ma necessario per dare forma effettiva ad un progetto che da ora possiamo considerare varato. Un buon inizio.
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