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«LA BELLAVITA - Artie 5ive» la recensione di Rockol

I numeri 1: Artie 5ive racconta la fast life

Durante l’estate, le recensioni degli album andati al primo posto in classifica nel 2025 fino ad ora

Recensione del 04 ago 2025 a cura di Claudio Cabona

Voto 6.5/10

La recensione

C’è un filo rosso che lega Arte 5ive (qui un profilo) e Gué, che guarda caso è presente in due canzoni del primo album del rapper di Bicocca: “La bellavita”. A legare queste due generazioni c’è il racconto della fast life, tra luci e ombre, un gusto talvolta americano nel sound e nell’attitudine, oltre alla volontà di creare un preciso immaginario in cui tuffarsi. Ma di Gué ce n’è uno. E il punto è proprio questo: Artie 5ive è fresco, ha una bella voce, idee e stile, le produzioni del primo album grazie al lavoro dei producer e in particolare dell’ottimo Ddusi sono interessanti, ma il rapper non aggiunge nulla, per ora, a livello di contenuto, a quel tipo di racconto tra club, scalate al successo e ricordi di strada. Parla senz’altro a una nuova generazione di ascoltatori di rap, ma sul piano lirico manca qualche cosa per alzare davvero l’asticella.

E non stiamo parlando di barre complesse o di chissà quali temi spessi (anche se Artie 5ive di idee e pensieri ne ha eccome, a cominciare dal rifiuto di comprare diamanti perché, avendo origini sierraleonesi, conosce il mercato predatorio che è alla base di quell’industria, un grande argomento che però non viene trattato), ma proprio di identità lessicale. Per riassumere: la scatola Artie 5ive appare come uno scrigno diamantato, ma dentro non c’è ancora il tesoro. È pur vero che stiamo parlando di un primo disco, vario tra l’altro, e che ci vuole tempo per trovare una propria dimensione, quindi è anche auspicabile un’evoluzione del rapper su quel preciso territorio. Ha ragione quando, ospite del podcast Passa dal Bsmt, spiega che lui, Tony Boy e Kid Yugi, in qualche modo, rappresentano una nuova triade che parla a una tipologia diversificata di pubblico. Lui è “più da club”, Yugi è più crudo e da linguaggio forbito, Tony affronta a suo modo i sentimenti. “La bellavita”, però, non è solo un disco da club, ridurlo a questo sarebbe un errore.

Ci sono anche pezzi un po’ più emotivi e ricercati, che fanno ben sperare per l’evoluzione di cui si scriveva poco sopra, come “Ogni amico mio”, “Tu”, “Milano Ferragosto”, uno dei brani musicalmente più belli, “Pietà” e “Mama”, tra cartoline di una vita non semplice, accettazione di se stessi e amore per la propria famiglia. L’effetto cliché, in diversi frangenti, c’è eccome, ma il come il rapper sa stare sulle tracce, a livello di attitudine e di tecnica, prova a compensare alcune curve basse. “Intro – la Bellavita” e “Sogno americano”, oltre alle già note “Milano Testarossa”, “Bambola”, “00”, sono esattamente quelle tracce che rendono Artie 5ive un nome caldo nella scena. Giunti a questo punto, con il rap diventato mainstream e capace di prendersi le vette delle classifiche da diverso tempo, non basta più fare album che “funzionino”. Servono dischi che aggiungano davvero qualche cosa al genere, che inseriscano un nuovo tassello e lo facciano crescere, cambiare, che lo dirottino, che lo rendano non solo vivo, ma unico. Dischi che dicano qualche cosa di più. “La bellavita” di Artie 5ive è un buon disco, ma quell’ingrediente speciale non lo ha aggiunto.

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