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«ALASKA BABY - Cesare Cremonini» la recensione di Rockol

Cesare Cremonini gioca in un altro campionato

"Alaska baby", una sorta di concept album, tra pop e canzone classica.

Recensione del 28 nov 2024 a cura di Gianni Sibilla

Voto 8.5/10

La recensione

“Un’opera artistica”: così Cesare Cremonini definisce il nuovo album: non gli manca l’ambizione, non gli è mai mancata. Ma si traduce in sostanza: perché “Alaska baby”, il nuovo album del cantautore che esce domani, è uno di quei lavori che spostano l’asticella più in alto. Sì, lo so che questa è una delle tanti frasi fatte che spesso si usano nel linguaggio giornalistico - però in questo caso è davvero così.
12 canzoni che giocano con le strutture, i suoni, i generi, passando dal pop orchestrale all’elettronica con (quasi) tutto quello che c’è in mezzo - eppure in questo viaggio c’è un’unità e un “concept” di fondo che rende le canzoni come capitoli di un racconto: un’opera, appunto. Il concept è quello del viaggio, letteralmente, fino all’Alaska per cercare l’aurora boreale, e, metaforicamente, la ricerca di se stesso, la rinascita. E però rimane una raccolta di grandi canzoni, che conservano la loro natura pop: alla fine, “Alaska Baby” è una raccolta di potenziali singoli (o “focus track”, come si chiamano oggi). La presenza di ospiti non è una ricerca di featuring, ma di collaborazioni quasi spirituali.

L’abbiamo già detto in passato, ma Cremonini in Italia gioca in un campionato tutto suo: le sue canzoni mettono assieme idee e storie che da sole basterebbero per una carriera - e invece sono qua, tutte assieme. Ecco l'album, canzone per canzone.
 

Alaska Baby

Un’apertura in grande stile: l’aggettivo "cinematografico" è abusato per descrivere certi arrangiamenti, ma l’effetto che viene cercato nell’intro è quello, quasi una sigla con fiati e chitarre. Poi la canzone-film procede con andamento irregolare, raccontando il viaggio verso il circolo polare americano, con con inserti elettronici e un assolo finale di chitarra che cita George Harrison: “Cercavo l’America ma poi ho trovato te in Alaska Baby”, canta e mette diversi riferimenti alla cultura americana: “Mi sento Johnny Cash prima di  trovare June Carter”

Ora che non ho più te

Il manifesto del nuovo sound, tra suoni retrò della canzone, elettronica e scrittura melodica cantautorale, con una produzione (opera di Alessandro De Crescenzo e Alessio Natalizia alias Not Waving) che richiama i suoni di Jack Antonoff/Bleachers  e le canzoni di Harry Styles e The Weeknd. Un successo fuori da ogni previsione, anche nelle classifiche dominate dallo streaming: è arrivata fino al secondo posto, rimanendo in top 5 per settimane

Aurore boreali (con Elisa)

Apertura quasi ambient, con la voce di Elisa che si intreccia con quella di Cesare. Poi la canzone parte elettronica con la cassa in 4/4 mentre le voci volano alte:  Nel film dedicato all’album Cremonini racconta che ascoltava il provino di Elisa mentre aspettava l’aurora boreale in una tenda in Alaska - da qui il titolo e il racconto; “Dovremmo fare cose normali, tornare a stringerci le mani/ dirci quello che abbiamo dentro, e non rimpiangere il domani/lo sai i tuoi occhi hanno i colori, delle aurore boreali/forse in fondo all’universo, c’è la pista di un locale”.

Ragazze facili

Una ballata al piano, un’erede di “Nessuno vuole essere Robin” e “Chiamala felicità” ma anche delle grande epiche anglosassoni alla Elton John o alla “Long december” dei Counting Crows: al piano c’è Mike Garson (già collaboratore di David Bowie) che suona assieme a Cremonini per richiamare proprio quel modello.
Archi e qualche effetto di produzione, Elisa che torna ai cori, per una canzone in cui Cremonini, racconta, si mette a nudo come non mai: “Si ma forse ci credo che anche tu sei felice/Che la mia vita sbagliata, è un regalo del cielo/ E quando ridi ci credo, io quando ridi ci credo”. Il centro emotivo dell'album.

Dark Room (con Mike Garson)

Garson viene accreditato come featuring in questo brano scuro come il titolo, basato su pulsazioni ritmiche che si incrociano con il piano: “Siamo ancora in tempo, la vita inizia adesso, se muoio fa lo stesso, e non importa il resto, andiamo nella dark room". Finale in crescendo, con archi, voci e una chitarra con grande effetto

San Luca

Un tributo alla sua città, alle camminate taumaturgiche nei suoi portici e a suoi spazi; una ballata classica e aperta nella quale Cremonini ha coinvolto una delle voci bolognesi per eccellenza, Luca Carboni. Quando entra a metà canzone l’effetto è da brividi, per chi ama la canzone italiana: "Siamo tutti figli della luna/guardiamo la Madonna di San Luca/quando brilla nel buio/e poi pensiamo al futuro, sì”, poi si uniscono; “Capita anche a te/di continuare ad aspettare i suoi miracoli/io come te non li so fare/ma poi è bellissimo sperare che non sia tutto qui, sì"

Un’alba rosa

La canzone precedente sembra quasi fondersi in questa come in una suite.  Sempre basata sul piano, la canzone è il racconto di quello che succede dopo “San Luca”. Dopo una giornata in giro per la città si passa ai pensieri notturni: “Che alle parole d’amore piace /uscire di notte / quando non le vedi /e fuori è un’alba rosa / e siamo ancora in piedi”. Un altro finale in crescendo con le chitarre che si intrecciano alle voci.

Streaming

Si torna a suoni contemporanei: una canzone prodotta dal duo DeCrescenzo/Natalizia, con un intreccio tra chitarre e ritmiche e un finale elettronico. Anche le parole giocano sull’intersezione tra alto e basso: “Non lo sai che mi uccidi/Sei una poesia nello streaming”, canta.

Limoni

La canzone più “leggera” del disco: basata su un giro ritmico che ricorda alcune cose del Peter Gabriel anni ’80, ma con un tocco contemporaneo. Una leggerezza che si ritrova anche nel testo e nella scansione metrica piena di ripetizioni per accentuare il ritmo anche vocalmente : “se vuoi possiamo parlare, sai mi manca il mare/qui non ci sono i limoni/Bologna è piena di, piena di, piena di/Piena di zanzare, anche se qui non c’ è il mare/hai voglia di stare fuori/oppure hai voglia di, voglia di, voglia /di sei piena di fiori, di fiori, di fiori/tra mille colori, colori, colori,  Tu sogni i limoni, limoni, limoni”.

Il mio cuore è già tuo

Altro brano pop, ma in un senso diverso dal precedente: la presenza dei Meduza (i re italiani dell’EDM, più famosi all’estero che in patria) trasforma la canzone in un brano massimalista alla Coldplay. Un continuo crescendo, con drop e ripartenza, ma senza scadere nelle banalità di certe produzioni elettroniche del genere: “Amore lo giuro mi spezzi a metà/come fa, come fa, questo cuore è già tuo”

Una poesia

Per reazione, una canzone minimale acustica e beatlesiana, suonata da Cremonini con DeCrescenzo e gli archi di  Davide Rossi: "Una poesia non sarà/quel che innamorare ti fa/ma lui l’ha fatta per te, soltanto per te"

Acrobati

Un finale riflessivo ed epico, ancora con gli archi di Davide Rossi. Una bellissima linea melodica e un crescendo con una ritmica quasi drum ’n’ bass che si fondo con suoni più tradizionali del piano. “Come posso fare a non sbagliare le parole/ Certamente è assai più facile mentire. Ma la voglia di rischiare /intramontabile per noi/Siamo acrobati sulle rovine”, canta Cremonini, e sembra parli di se stesso, del suo ruolo di artista oggi.“Noi distesi senza scarpe ai piedi/Fogli bianchi appesi senza età”

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