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«LAHAI - Sampha» la recensione di Rockol

Lahai: la consapevolezza meditativa di Sampha

Secondo attesissimo disco del cantautore inglese. Una raccolta di canzoni introspettive e intime.

Recensione del 25 ott 2023 a cura di Michele Boroni

Voto 8/10

La recensione


Sono passati sei anni da quando l'enigmatico Sampha vinse il Mercury Prize 2017 con il suo album di debutto “Process”. In questi anni Sampha oltre a fermarsi durante il lockdown, si è dedicato a vivere la propria vita, passare tempo con la figlia nata nel 2020, stare un po' nelle retrovie e collaborare come featuring a pochi progetti di prestigio (tra cui quelli di Beyoncé, Stromzy, Travis Scott e Kendrick Lamar con cui era anche candidato per un Grammy).
Lo scorso weekend è uscito questo atteso “Lahai”, un disco in cui si riconosce ancora la voce sottile e leggermente straziante del cantautore londinese e il suo elegante e mai banale mix tra soul, elettronica, jazz, hip-hop, drum'n'bass e suoni dell'Africa occidentale.

Un disco trasformativo e spirituale

“Lahai” è il suo secondo nome che deriva da quello del nonno, come a identificare fin dal titolo un disco profondamente intimo e personale. 
Se nel precedente “Process” affrontava in modo esplicito il dolore, l'ansia e il lutto all'indomani della morte della madre, in quest'ultimo lavoro c'è un'importante cambio di prospettiva. Questo secondo lavoro di Sampha è un disco trasformativo, un viaggio introspettivo che lo vede abbracciare l'amore, l'accettazione di sé e la spiritualità come modi per aumentare la propria consapevolezza e comprensione del mondo che lo circonda. Lo fa attraverso le teorie dell'afrofuturismo e quelle sui viaggi spazio-temporali. Gli elementi musicali sono più o meno gli stessi: oltre alla sua caratteristica voce di Sampha, c'è il pianoforte quasi sempre in primo piano e i beat di Kwake Bass (marito di Tirzah) per una sorta di soul astrale basato su intrecci tra ritmiche nervose, testi intimi e arrangiamenti complessi di synth e andamento circolare. 

Le canzoni 

Rispetto all'esordio di “Process” forse mancano quei singoloni più immediati come furono allora “Blood on me” e “(No one knows me) like the piano”, ma il livello delle 14 tracce di “Lahai” è più che buono. L'album si apre con il frenetico flusso di coscienza guidato dal pianoforte "Stereo Color Cloud (Shaman's Dream)" in cui emerge uno dei temi chiave del disco, ovvero l'inesorabile e insistente passaggio del tempo (“I miss you, time misuse, time flies, life issues”) spesso evocato da voce femminili (come ad esempio quella di Léa Sen in “What if you hypnotize me?”). Questa prevalenza del tempo la si intuisce anche dai titoli delle tracce: “Suspended”, “Time Piece”, “Can't go back”. Nel singolo “Spirit 2.0”, con Yussef Dayes alla batteria, enfatizza il potere dell'amore e della spirtiualità nel porcesso di guarigione, mentre in "Jonathan L. Seagull" si lascia ispirare dal celebre romanzo di Richard Bach, dove attraverso un coro celestiale sottolinea l'importanza di trovare la pace valorizzando le differenze tra gli uomini. In “Only”, uno dei pezzi forti del disco, si lancia in un rap, mentre in “Can't go back” fanno capolino le Ibeyi e Sheila Maurice-Grey, leader dei Kokoroko. 
In complesso non si può negare di come pochi artisti come Sampha abbiano saputo  in questi  ultimi 10 anni creare e plasmare un suono che parte da elementi di avanguardia per trasformarlo in pop. E questo “Lahai” lo conferma in pieno. 

Tracklist

01. Stereo Colour Cloud (Shaman's Dream) (02:57)
02. Spirit 2.0 (04:49)
03. Dancing Circles (03:53)
04. Suspended (03:05)
05. Satellite Business (01:24)
06. Jonathan L. Seagull (04:34)
07. Inclination Compass (Tenderness) (03:08)
08. Only (02:49)
09. Time Piece (00:20)
10. Can’t Go Back (03:41)
11. Evidence (03:17)
12. Wave Therapy (00:32)
13. What If You Hypnotise Me? (03:38)
14. Rose Tint (02:46)
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