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«HIGHER - Michael Bublé» la recensione di Rockol

Le diverse anime di Michael Bublé, tra pop e swing

Nuovo album del cantante, che unisce gli standard al soul e sonorità contemporanee

Recensione del 31 mar 2022 a cura di Gianni Sibilla

Voto 7/10

La recensione

Chi è Michale Bublé? Il cantante che ogni anno puntualmente ci ricorda che "It's beginning to look a lot like Christmas"? Il crooner erede della tradizione dei Sinatra, dei Tony Bennett? Bisogna aggiungere un terzo profilo al personaggio: il cantante pop "stiloso": una versione maschile di Adele, se vogliamo semplificare (brutalmente, lo so(. Il fatto è che il nuovo album "Higher" prova a cambiare le carte in tavola, almeno un poco.

Tra pop e swing

In passato Bublé ha frequentato un po' questo mondo: nei suoi dischi compariva qualche canzone originale e dal suono più contemporaneo. Ma questa volta c'è un cambio di passo: a partire dal fatto che alla produzione non c'è David Foster, suo mentore dagli esordi, ma Greg Wells: Bublé ha raccontato di averlo corteggiato a lungo, di averlo aspettato, impressionato dal suo lavoro con Mika e Jamie Cullum, dalla sua capacità di lavorare tanto con Adele e Rufus Wainwright quanto con Beyoncé ed Ariana Grande. Nell'intervista pubblicata da Rockol qualche giorno fa ha raccontato di avere dato le chiavi dell'auto a Well: oltre ad avere lavorato da produttore artistico più di metà dei brani, ha coordinato da produttore esecutivo tutto il lavoro.

Il risultato è un album che in diversi episodi suona più contemporaneo: l'apertura con "I'll never love you" e il singolo "Higher" sono classic-pop ritmato che servono a farci dimenticare le atmosfere natalizie di poche mesi fa (solo pochi mesi fa “Christmas” è stato ristampato per il decennale, comprensibilmente senza promozione, in vista della comunicazione su questo album: tanto è andato in classifica da solo). In totale gli originali sono 4, quasi un terzo del disco: "Mother" e soprattutto "Baby I'll wait", che indica l'altra direzione di Bublé, il soul-pop, rappresentato anche dalle cover di "Bring it on home to me" di Sam Cooke e soprattutto di "You're the First, the Last, My Everything" di Barry White.

I classici

"Io sono davvero bravo a fare dischi di standard. Non so se c’è qualcuno più bravo di me, ora a interpretare questo genere di musica". Non so se sia davvero il migliore, ma Bublé è talmente classico che pure quando collabora con Paul McCartney lo trasforma in uno standard. "My valentine" è di "Kisses on the bottom": nella versione originale aveva la chitarra acustica di Eric Clapton e le spazzole da jazz club, qua assomiglia ancora di più a "My funny valentine", come se uscisse direttamente dal grande canzoniere americano. Molto classico anche il duetto con Willie Nelson nella sua "Crazy", mentre convince meno "Make you feel my love" in versione ritmata, forse per differenziarsi dalla versione minimale di Adele.

Funziona? "Greg ha detto un sacco di volte: ‘dobbiamo essere naturali’, non sforzarci. Sapeva bene dove stava la linea che non doveva essere oltrepassata”. In questo senso, si: è sempre Michael Bublé, non tradisce il suo pubblico e chi si aspetta da lui un certo stile, anche fuori dagli starda. Anche in questa versione che è tutto fuorché rivoluzionaria, Bublé rimane un cantante stiloso, rassicurante e confortevole e molto piacevole.

Tracklist

01. I'll Never Not Love You (03:38)
02. My Valentine (03:28)
03. A Nightingale Sang in Berkeley Square (03:05)
04. Make You Feel My Love (03:17)
05. Baby I'll Wait (02:23)
06. Higher (03:05)
07. Crazy (with Willie Nelson) (04:54)
08. Bring It On Home to Me (04:35)
09. Don't Get Around Much Anymore (03:23)
10. Mother (03:57)
11. Don't Take Your Love From Me (03:56)
12. You're the First, the Last, My Everything (03:45)
13. Smile (03:47)
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