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«THE DREAM - alt-J» la recensione di Rockol

Il passato bussa alla porta degli alt-J

Fra armonie corali, chitarre e percussioni stratificate, la band fa filtrare una luce fra le tenebre e ridisegna il proprio sound: “The Dream” è un sogno lucido.

Recensione del 12 feb 2022 a cura di Claudio Cabona

Voto 7.5/10

La recensione

Quarto disco in dieci anni per gli alt-J che, sin dagli esordi, hanno dimostrato di voler portare la loro musica oltre i confini delle mode, delle classifiche e anche dei propri limiti. Guai ripetersi, guai scadere nel già sentito o proposto. Come ha raccontato Gus Unger-Hamilton a Rockol, l’unico filo rosso che unisce tutti i progetti della band inglese, è la voce del cantante e chitarrista Joe Newman perché sul fronte sonoro le differenze, fra un disco e l’altro, sono evidenti e necessarie.

Nel segno dei Beatles

In “The Dream” il passato bussa alle porte del gruppo e lo fa rievocando i Beatles, le colonne sonore del grande cinema, il sound anni ’60-’70, tutto filtrato attraverso le visioni della band che, in molti frangenti, abbandona il lato elettronico per giocare maggiormente con l’acustico, con i cori e le atmosfere oniriche. È il disco più vintage e allo stesso tempo aperto e psichedelico del gruppo che, in questi due anni di pandemia, senza scadenze o imposizioni, ha avuto il tempo di recuperare registrazioni di jam fatte durante i soundcheck o in sala prove. Si è partiti da lì per costruire il suono di “The Dream”, delicato e adulto. Un suono multistrato su cui si incastrano diversi elementi: c’è la chitarra suadente di “Bane”, l’armonia di “U&ME”, l’onirismo di “Happier When You’re Gone”, tutto questo, già a partire dalle prime curve dell’album, porta a comprenderne la dimensione. “Chicago” e “Philadelphia” sono due fra i gioiellini del disco dove archi, tocchi oscuri, una sorta di nuova opera, voci che arrivano da altri mondi, vengono frullate in due brani simbolo.

Psichedelia

In “The Dream”, che è a tutti gli effetti un sogno lucido, trovano spazio anche l’inaspettata e giocosa “Walk a mile”, della durata di quasi sette minuti, e l’eterea “Losing my mind”. La prima parte dell’album mantiene ancora degli argini, si muove su delle linee e, pur puntando alla massima libertà espressiva, appare più coerente. La seconda è più dispersiva e priva, volontariamente, di scheletri sonori definiti. I testi sono importanti e tutt’altro che solari: “The Dream” è un pieno di intrighi, bellezza e umanità, ricco di storie struggenti, cupe e indaga il rapporto fra vita e morte. Lo fa anche da una visuale talvolta violenta, ma sempre su un tappeto sonoro quasi angelico.

“La fine dell’esistenza ha sempre fatto parte del nostro immaginario – ha raccontato Gus Unger-Hamilton – ma in questo disco Joe (Newman, ndr) ha aumentato le metafore ed è stato più profondo. Da ragazzo ti senti invincibile, quando cresci e inizi a perdere le persone che hai accanto, cambia tutto. Credo che le riflessioni sulla morte siano dentro ogni essere umano”. In definitiva “The Dream” è un progetto che dimostra quanto il viaggio degli alt-J sia ancora ricco di sorprese e di nuovi paesaggi. Alcuni fan potrebbero rimanere, a tratti, spiazzati. Ed è proprio quello che il gruppo, ogni volta che fa musica, spera. 

Tracklist

01. Bane (05:10)
02. U&ME (03:18)
03. Hard Drive Gold (02:38)
04. Happier When You’re Gone (04:00)
05. The Actor (04:00)
06. Get Better (05:51)
07. Chicago (03:55)
08. Philadelphia (03:38)
09. Walk a Mile (06:29)
10. Delta (01:00)
11. Losing My Mind (04:42)
12. Powders (04:41)
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