Lucio Battisti: Un sommesso ricordo. Di Franco Zanetti

Avrei voluto ricordare il ventennale della morte di Lucio Battisti nell’unico modo che, penso, gli sarebbe piaciuto: con il silenzio. Tacendone.
Ma siamo un giornale, e i giornali non possono tacere delle ricorrenze significative. Del resto, nei giorni scorsi avrete già visto come si è scatenata la gara a chi arrivava primo a rievocare vita, miracoli e morte del cantautore, anticipando di giorni la data precisa della scomparsa: che è oggi, nove settembre.
E avrete letto, quindi, le solite, solitissime cose.
Perché di Lucio Battisti, alla fine, si scrivono sempre le solite, solitissime cose. Dopo vent’anni, il “maestro solitario” rimane in gran parte un mistero. La sua scelta, rispettabilissima eppure incompresa e non accettata dai più – soprattutto dai media, che non concepiscono come sia possibile che qualcuno decida di sottrarsi alla visibilità – di “scomparire” fisicamente dalle scene e di parlare soltanto attraverso i suoi dischi, è diventata a sua volta una notizia.
Ci manca, Lucio Battisti? E come potrebbe mancarci, visto che ci ha lasciato un corpus di canzoni imponente per quantità e qualità? E con che faccia potremmo, noi pennivendoli, sostenere che ci manca, quando siamo stati i primi a trascurare, colpevolmente e stupidamente, i suoi ultimi, sorprendenti e spiazzanti, lavori pubblicati?
Lucio Battisti e le sue canzoni – quelle scritte con Mogol – sono un patrimonio della musica popolare italiana. Sono entrate da tempo a far parte della coscienza collettiva, grazie a musiche memorabili e a testi divenuti proverbiali (“lo scopriremo solo vivendo”, “come può uno scoglio arginare il mare”…). Semmai è rimasta, a noi carbonari della conventicola “Battisti-Panella”, l’insoddisfatta curiosità di sapere cosa avrebbe scritto, e con chi, e cantato, Lucio Battisti dopo “Hegel”, l’ultimo disco da lui pubblicato in vita, nell’ormai lontano 1994. Un’ipotesi narrativa è contenuta nel libro “L’ultimo singolo di Lucio Battisti”, uscito quest’anno e da noi recensito qui; ma è, appunto, frutto di fantasia, e non è nemmeno del tutto credibile.
Le canzoni di Lucio Battisti rischiano di essere dimenticate, perché non sono presenti sulle piattaforme di streaming? Il mio parere personale l’ho già scritto qui - ma è il parere di uno che con l’ascolto della musica in streaming non ha grande feeling, e che era più contento quando le canzoni dei Beatles non erano ancora su Spotify. E il dibattito continua, con i risvolti legali della questione che vedono contrapposti Mogol e la signora Grazia Letizia Veronese e suo figlio Luca.
E’ ovvio che c’è chi vorrebbe fare dell’eredità musicale di Lucio Battisti un nuovo business, che rischierebbe di essere ancora più redditizio di quello generato a suo tempo dalle vendite dei dischi. Ed è ovvio anche che c’è gente – della quale non farò i nomi per carità di patria – che sul mercato della nostalgia battistiana ci ha campato e lucrato per anni, e che sarebbe ben contenta di continuare a poterlo fare, tenendo spettacoli, facendosi ospitare in TV, pubblicando libri d’occasione.
Secondo me, Lucio Battisti non merita di essere svenduto. Spero di non campare abbastanza a lungo per vederlo succedere. Oggi riascolterò i cinque dischi “bianchi” – “Don Giovanni”, “L’apparenza”, “La sposa occidentale”, “Cosa succederà alla ragazza”, “Hegel” – dai miei CD già molto usati: sarà il mio modo silenzioso di ricordarlo.
Franco Zanetti
Qui tutti i contenuti dello speciale di Rockol su Lucio Battisti nel ventennale della scomparsa.