E' un compito duro e difficile, quello che si è scelto Mary Guibert: gestire l’eredità materiale e morale di un figlio amato e idolatrato da schiere di fan. Perché, per chi non lo sapesse, Mary è la madre di Jeff Buckley, stella luminosa che ha smesso di brillare ancora giovane cinque anni fa. Mary è una donna che ha dovuto passare una delle prove più dure che la vita può imporre, sopravvivere ad un figlio; ed ha scelto una strada ancora più difficile: assumersi la responsabilità di decidere che cosa fosse giusto rendere pubblico e cosa no del figlio. Ha creato anche qualche polemica, come quando chiese di eliminare da Napster i brani del figlio. Insomma una posizione ingrata, che suscita domande ricorrenti ad ogni uscita di materiale postumo. Ora è la volta di “Songs to no one”, demo incisi tra il 1991 e il 1992 insieme a Gary Lucas, prima che la carriera solista prendesse il volo. “E’ un lavoro duro”, ci spiega. “E’ bellissimo vedere quanta gente ama ancora mio figlio e la sua musica, ma non passa giorno in cui io non rimpianga la sua presenza, e quello che faccio non fa che ricordarmi la sua assenza”.
Questo nuovo disco postumo ritrae un periodo particolare ed importante nella carriera di Jeff Buckley, quello degli esordi con Gary Lucas e i Gods & Monsters prima della fulminante carriera solista. Come è nata la decisione di pubblicarlo ora?
Ero a conoscenza di queste registrazioni fin dal periodo immediatamente successivo alla morte di Jeff. Me ne aveva informato Gary Lucas, che me ne aveva dato una copia. Mi aveva anche suggerito di riflettere al modo di trasformarli in una eventuale pubblicazione commerciale. Inizialmente avevo forti dubbi al proposito, perché la qualità era molto bassa per una pubblicazione, e non avevamo i mezzi per migliorarla. Ero e sono contraria alla pubblicazione commerciale di musica di mio figlio che non sia di ottima qualità. Ma al tempo promisi a Gary che, al momento opportuno ci avrei riflettuto.
Quindi le registrazioni erano in mano di Lucas. Chi deteneva i diritti per la pubblicazione?
Queste registrazioni risalgono al periodo precedente alla firma del contratto con la Columbia, per la quale sono usciti gli altri dischi. Il contratto editoriale era rivolto ad ogni canzone che lui avesse scritto; questo contratto, diverso da quello discografico che vincola le registrazioni successive, non può imporre un veto alla pubblicazione, ma regola solo la suddivisione dei diritti.
I diritti fonografici di queste registrazioni sono intestati al proprietario delle registrazioni stesse: Jeff e Gary Lucas per i demo, mentre i brani dal vivo includono anche il locale e i proprietari dell’attrezzatura usata per registrare. Ovviamente Gary era d’accordo, così come i vari locali: la Knitting Factory, per la cui etichetta esce il disco, così come il CBGB’s. Non ci sono stati conflitti per la pubblicazione di questo album.
Che ruolo ha avuto la Columbia in questo disco, e in generale nei dischi postumi di Jeff?
In questo caso li ho semplicemente informati, e non hanno avuto, né avrebbero potuto avere, nulla da ridire. La cosa buffa è che la Columbia, dopo i demo per “My sweetheart the drunk” e il live “Mystery white boy”, mi hanno detto che per loro era tutto finito. E’ ancora uscito il live all’Olympia, ma solo in Francia, nel resto del mondo era d’importazione. Mi hanno detto che per loro non c’era più richiesta di dischi di Jeff. Così mi sono presa una pausa, ho fatto altre cose.
Nel frattempo ho imparato ad usare i Pro Tools e ho capito che quelle registrazioni si potevano sistemare, per cui eccole qua.
Quel periodo, dicevamo, è stato molto importante per Jeff: era diviso tra collaborazioni come quella con Lucas e le prime uscite soliste. A quel periodo risalgono anche registrazioni molto note, quelle dal vivo al Sin-é, che poi hanno originato un mini LP molto amato dai fan…
Le registrazioni del Sin-è erano sotto il contratto con la Columbia, ma le prime esibizioni soliste in quel locale risalgono già al periodo di questo disco. Jeff suonava in ogni café che avesse un microfono ed un attacco per una chitarra, perché aveva bisogno di esercitare la sua voce, per imparare a controllarla.
E’ stato un periodo importante perché stava diventando autonomo, stava prendendo la sua strada. Esistono lettere datate fin dal 1988, in cui Jeff si dichiarava conscio delle sue potenzialità come autore, ma scriveva anche che aveva bisogno di collaborare con gente più brava di lui per svilupparle appieno e per trovare la sua musica.
Le registrazioni al Sin-é vedranno mai la luce?
Probabilmente ciò avverrà nel 2003: sarebbero dieci anni da quando il mini-lp con parte di quelle registrazioni venne pubblicato come esordio discografico di Jeff, per cui sarebbe una ricorrenza da celebrare. Ci sono almeno 3 concerti di un paio d'ore registrati ottimamente, per cui c'è molto materiale tra cui scegliere. Ne stiamo parlando con la Columbia, teniamo le dita incrociate.
La cosa buffa è che, originariamente, da quel materiale doveva venire fuori il disco di esordio di Jeff , ma la Columbia bocciò l’idea perché era troppo poco commerciale. Oggi evidentemente la prospettiva è diversa.
Il lavoro che Lei fa è molto difficile. Qual è il processo mentale che le fa prendere decisioni sulla gestione della figura di suo figlio?
E’ una sorta di ricerca spirituale. C’è gente che pensa che dopo la morta di un artista non si debba pubblicare più nulla. Altri invece sono convinti che quello sia il momento in cui ogni cosa può essere resa pubblica. In mezzo a questi estremi c’è un posto dove io mi sento a mio agio. Ma è un processo interiore: se dovessi ascoltare esclusivamente i suggerimenti esterni, farei molti sbagli. Certo, mi consulto con chi lo conosceva bene, come i suoi musicisti, chi ha lavorato con lui, ma la decisione finale è mia, ed è basata sulla mia coscienza. Voglio tenere fede ai fan di Jeff, e mi devono credere: se non pubblichiamo qualcosa è perché non è degno di essere pubblicato.
Allo stesso tempo, sono stata molto chiara e voglio esserlo ancora: non posso tollerare chi sfrutta commercialmente la memoria di mio figlio vendendo registrazioni di qualità scadente. Finché non vengono vendute le registrazioni, ma si tratta di uno scambio tra fan, va benissimo; anzi sono felice che avvenga. Sa una cosa: se un fan vede qualcuno che vende un bootleg, dovrebbe comprarlo e poi distribuirlo gratuitamente a tutti i fan, perché così nessuno guadagnerebbe più su quelle registrazioni.
Cosa ne pensa dello scambio della musica di suo figlio via Internet?
Anche in questo caso, so di essere stata fraintesa, ma voglio essere chiara, anzi sono felice di poterlo riaffermare: è l’artista che e gestisce il materiale, e se decide di darlo via, va bene. I fans dovrebbero rispettare le scelte degli artisti, che vivono sulla loro musica. E’ ingiusto che qualcuno sfrutti commercialmente, anche tramite fenomeni come Napster, il lavoro di un artista. Allo stesso tempo, però, so che chi si scambia materiale inedito di mio figlio nutre un grande rispetto per il suo lavoro, perché poi compra anche ogni disco “ufficiale”.
Ha mai pensato che la sua posizione potesse generare una “sindrome Hendrix”: dibattiti, critiche e polemiche sulla gestione del catalogo postumo?
Certo, ci ho pensato immediatamente. Quando mi sono assunta questa responsabilità, mi sono guardata in giro per vedere se c’erano esempi da seguire. Ma ci sono pochi casi di integrità nel mondo della musica, in questi casi: forse solo la madre di Tupac Shakur. Sono scelte individuali, alla fine. I fan di Nick Drake si sono scandalizzati perché la famiglia ha concesso un brano per la pubblicità. Ma Nick Drake è morto 30 anni fa! La sua famiglia ha aspettato così tanto tempo per un riconoscimento e, se avesse avuto bisogno di soldi, Drake glieli avrebbe dati immediatamente, se la sua musica glielo avesse permesso mentre era in vita.
Si sarebbe mai aspettata tutto questo amore che circonda la figura di suo figlio?
E dire che mio figlio in vita era considerato un bravo musicista, ma non certo una star. Al giorno d’oggi “Grace” sfiora il milione di copie, e continua a vendere come se fosse appena uscito: non mi capacito di quanta gente continui a scorpire la sua musica.
(Gianni Sibilla)
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