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«LIVE AT THE S.E.R.P.E.N.T. FESTIVAL (2CD + BLU RAY) - Slash» la recensione di Rockol

Il blues secondo la chitarra di Slash

Il cilindro più famoso del rock trasforma la malinconia dei grandi bluesmen in una festa

Recensione del 10 nov 2025 a cura di Lucia Mora

La recensione

Il puro piacere di suonare. Nasce da qui “Live at the S.E.R.P.E.N.T. Festival”, il nuovo album dal vivo di Slash registrato il 17 luglio 2024 al Mission Ballroom di Denver, durante il tour del S.E.R.P.E.N.T. Festival (acronimo di Solidarity, Engagement, Restore, Peace, Equality N’ Tolerance), un progetto ideato dallo stesso Slash con l’obiettivo di promuovere solidarietà, tolleranza e dialogo sociale. Ma, al di là delle nobili intenzioni, il disco racconta un’altra storia: quella di un chitarrista che torna al punto di partenza, il blues, e ci si tuffa dentro con una band che respira all’unisono.

La Slash’s Blues Ball – composta da Teddy “ZigZag” Andreadis (tastiere, armonica, voce), Tash Neal (chitarra ritmica, voce), Johnny Griparic (basso) e Michael Jerome (batteria) – suona come una vecchia macchina ben oliata: graffiata, rumorosa, ma autentica. Si ha un po’ la sensazione che uno strumento voglia prevalere sull’altro, in una rincorsa continua a chi picchia di più, ma hey, è il rock ‘n’ roll, baby. L’idea è proprio questa: prendere i classici del blues e vestirli di borchie e giacca di pelle; come se Robert Johnson o Charlie Segar facessero parte dei Guns N’ Roses. 

La scaletta è una dichiarazione d’amore verso i maestri. Il disco si apre con una versione nervosa e fumosa di “Parchman Farm Blues”, perfetta per introdurre l’atmosfera da club del Sud. La band si infiamma su “Oh Well”, in una resa che unisce il rispetto per Peter Green alla potenza del miglior hard rock anni Settanta. “Key to the Highway” si dilata come una jam notturna, “Papa was a Rollin’ Stone” è forse la più riuscita di tutto il disco, mentre “Stone Free” porta in scena il lato più libero e psichedelico dell’ensemble. Nel mezzo, “Stormy Monday”, che a differenza delle altre tracce conserva le sue origini blues, e un’unica composizione originale, “Metal Chestnut”, che coincide con il momento più personale e introspettivo del set; un brano costruito su un riff cupo e malinconico, che mostra quanto Slash sappia ancora scrivere oltre che suonare. È il punto in cui il chitarrista si spoglia del ruolo di icona e diventa semplicemente un uomo con la sua sei corde.

“Shake Your Money Maker” è la chiusura perfetta: un boogie-blues infuocato, riff taglienti, armonica impazzita e Slash che lascia tutto sul palco. Un finale che rappresenta bene il clima “festaiolo” che il live vuole trasmettere, una dimensione che da sempre caratterizza i concerti del chitarrista dei Guns, a suo agio se e solo se fa ballare e divertire il suo pubblico. Ancora una volta, esperimento riuscito.

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