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“Led Zeppelin IV”: quattro simboli per l’immortalità del rock

Pubblicato l'8 novembre 1971, il quarto album della band trasformò l’enigmaticità in mito
“Led Zeppelin IV”: quattro simboli per l’immortalità del rock

Ci sono dischi che non appartengono più soltanto al loro tempo, ma segnano un momento in cui la musica smette di essere soltanto suono e si trasforma in linguaggio mitologico. “Led Zeppelin IV”, pubblicato l’8 novembre 1971, è esattamente questo e diventa un rituale di nascita e di rinascita con cui il rock, attraverso quattro simboli e otto canzoni, varca la frontiera dell’eternità. Niente titolo, niente nome della band in copertina, solo segni arcani e un vecchio eremita chino su una lanterna: così i Led Zeppelin decisero che la musica avrebbe dovuto parlare da sola, senza mediazioni, senza un’identità esplicita. Da parte di Jimmy Page, Robert Plant, John Paul Jones e John Bonham fu un gesto di sfida e di fiducia assoluta nel proprio mito, compiuto all’apice della loro potenza creativa.

Il quarto album dei Led Zeppelin

La storia dell’album inizia sostanzialmente a Headley Grange, un antico maniero nello Hampshire dove i Led Zeppelin si ritirarono dopo le prime sessioni negli ambienti della Island Records in Basing Street, per registrare lontano dagli studi e dai vincoli dell’industria. La casa, già frequentata dai Fleetwood Mac, offriva isolamento, silenzio e la possibilità di vivere la musica ventiquattro ore su ventiquattro. Grazie allo studio mobile "prestato" a Page e soci dai Rolling Stones parcheggiato nel vialetto, l’energia di quelle stanze umide e irregolari si trasformò in materia sonora.

Il fatto di vivere tutti insieme nello stesso posto, di dormire lì, e di poter sviluppare in modo naturale tutti questi concetti e spunti musicali, ha portato a qualcosa di estremo”, ha raccontato Page una decina di anni fa in uno speciale sulla realizzazione dell’album per “Classic Rocks”. Ha concluso: “Ognuno di noi, nella band, lo sapeva istintivamente: non potevi non rendertene conto. Quello che avevamo creato, da musicisti così bravi quali eravamo, era un lavoro sostanziale”.

La batteria di Bonham in "When the Levee Breaks", reinterpretazione del classico country blues del 1929 firmato da Kansas Joe McCoy e Memphis Minnie, risuona come un tuono catturato nei muri. "Rock and Roll" sembra nascere da un’improvvisazione, e "The Battle of Evermore" prende forma da una mandola, come una visione riaffiorata dal tempo. E poi c’è "Stairway to Heaven", la canzone che da sola riassume la potenza di tutto il progetto. brano risale al 1970, quando Jimmy Page e Robert Plant si ritirarono in un cottage isolato in Galles, dopo il loro quinto tour americano. Fu lì che Page iniziò a lavorare alla musica, sviluppandola nel tempo a partire da frammenti registrati su un registratore a cassette che portava sempre con sé. Le prime idee per il testo nacquero invece qualche mese più tardi a Headley Grange, dove Plant improvvisò e scrisse ispirandosi alla figura di una donna "che riceve continuamente qualsiasi cosa desideri senza mai essere restituire né mostrare alcuna considerazione”. L'incisione del pezzo prese vita un passo alla volta negli studi della Island Records in Basing Street, dove le sessioni presero il via prima che la band si spostasse nello Hampshire per completare le registrazioni, prima che la canzone venisse finalizzata agli Island Studios. La struttura di "Stairway to Heaven" venne immaginata come un’ascesa, con una flebile chitarra acustica che apre, poi l’intreccio di elettriche, tastiere e batteria che cresce fino alla catarsi finale. Ogni sezione è un gradino, ogni strumento un respiro che spinge verso l’alto, fino all’esplosione finale, volutamente accelerata, concepita – disse Page – come un orgasmo musicale. È l’essenza stessa di "Led Zeppelin IV", che nel lato b continua intrecciando intensità terrena e spiritualità, fra rumore e rivelazione, tra ispirazioni provenienti da Tolkien ("Misty Mountain Hop") e la delicatezza di "Going to California", prima della potente batteria di Bonham sul finale con la succitata "When the Levee Breaks".

I simboli di "Led Zeppelin IV"

Prima che la puntina tocchi il vinile, "Led Zeppelin IV" parla attraverso i suoi segni, come simboli che hanno avuto il potere di trasformare l’enigmaticità della band in mito. Dopo le critiche confuse e spesso fredde ricevute dal precedente lavoro, "Led Zeppelin III", Page e soci decisero di lasciare che fosse la musica, e non le parole, a parlare per loro. Niente titolo, nessun nome sulla copertina, quindi, ma quattro simboli misteriosi, scelti da ciascun membro del gruppo come emblemi personali. L’idea mandò nel panico la Atlantic Records, che temeva un disastro commerciale, anche se poi il disco vendette nel tempo oltre 35 milioni di copie. I Led Zeppelin furono irremovibili e si rifiutarono di consegnare i nastri finché la scelta non fosse rispettata. 

Inizialmente, Jimmy Page aveva pensato a un solo simbolo per l’album, ma poi decise che potevano essercene quattro, uno per ciascun componente della band. Page disegnò lui stesso il proprio simbolo, spesso chiamato “ZoSo”. Di esso, il chitarrista non ha mai rivelato pubblicamente un significato preciso e più volte è stato ipotizzato che il suo segno fosse già apparso nel 1557 come rappresentazione di Saturno.  Dal canto suo, John Paul Jones scelse invece tre ovali intrecciati all’interno di un circolo come simbolo, che trasse da “Book of Signs” di Rudolf Koch e che rappresenta una persona che possiede insieme sicurezza e competenza. Quello di Bonham, invece, è formato da tre anelli intersecati tra loro per simboleggiare la triade madre-padre-figlio, ma coincide anche con il logo del produttore di acciaio e armamenti Krupp e, rovesciato, con quello della birra Ballantine. Mentre il simbolo di Plant è una piuma racchiusa in un cerchio, che secondo quanto raccontato in “Led Zeppelin in Their Own Words” dal cantante stesso “fu tratto dai simboli sacri dell’antica civiltà Mu, che risale a 15.000 anni fa ed apparteneva a un continente perduto”. Oltre ai quattro segni della band, che successivamente apparvero persino sui palcoscenici dei concerti dei Led Zeppelin, l’album ne includeva anche un quinto, più piccolo, composto da tre triangoli equilateri e apparso sulla copertina interna dell’LP come una sorta di asterisco. Era il simbolo scelto dall’ospite Sandy Denny per rappresentare il suo contributo vocale in “The Battle of Evermore”.

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