Rockol30

Il più vitale gruppo rock italiano? 'Che cosa vedi', il quarto disco del quartetto cuneese, sembra confermare l'ipotesi.

“Che cosa vedi“, il quarto lavoro dei Marlene Kuntz in uscita in questi giorni, è il disco della svolta. I quattro cuneesi sono, senza ombra di dubbio, il più vitale gruppo rock italiano, dove la parola “rock” va intesa nel suo senso più puro e originario. Dopo un percorso sempre più personale nelle viscere della musica elettrica, ci si aspettava un disco maturo, che fosse in grado di recuperare e di reinventare tutto ciò che di buono i Marlene avevano fatto in “Catartica”, “Il vile” e “Ho ucciso paranoia”.
L’attesa non è stata tradita. “Che cosa vedi”, come suggerisce il titolo, è un disco di visioni. Ma, soprattutto, è un disco di canzoni che non perdono il furore sonico del gruppo, ma neanche hanno paura di aprirsi alla melodia. I tredici brani stati prodotte insieme a Gianni Maroccolo; alcuni sono stati missati da Gareth Jones, (Depeche Mode e Nick Cave), nel disco compare un inaspettato quanto riuscito duetto con Skin degli Skunk Anansie, di cui abbiamo dato ampiamente conto nelle news. Ci siamo fatti raccontare questo e altro da Cristiano Godano, Riccardo Tesio, Luca Bergia e Dan Solo.



”Che cosa vedi” è il vostro terzo disco in meno di due anni, dopo “Il vile” ed il live. Da dove nasce questa urgenza creativa?
Cristiano Godano: C’era il desiderio di assecondare un consiglio che ci è stato dato, quello di avere il disco per ottobre. Si tratta di valutazioni che non siamo grado di compiere da solo e che abbiamo accettato volentieri. Avevamo comunque molta voglia di fare, ma nessun materiale: abbiamo detto 'ci proviamo', fatto salvo che se i pezzi non venivano, saltava ogni piano. Vogliamo innanzitutto soddisfare noi stessi. Lo scorso giugno abbiamo constatato che i pezzi c’erano, ed erano in sintonia con i nostri desideri. A posteriori, però, mi piace l’idea di un’urgenza di dire qualcosa...

Questo disco segna un deciso passo verso su quella “forma canzone” che spesso i Marlene hanno volutamente destrutturato...
Riccardo Tesio: Non abbiamo mai disdegnato le canzoni, anche se ne “Il vile e Ho ucciso Paranoia” abbiamo un pò divagato, privilegiando altre strade. Questa volta ci siamo più concentrati su questo aspetto, ma sta agli altri dirlo: fra sei mesi o un anno si capirà cosa effettivamente abbiamo fatto. Abbiamo semplicemente dato più importanza al cantato in fase di composizione, mentre prima partivamo dalle improvvisazioni musicali; i testi arrivavano con calma, dopo un po’ di tempo. Questa volta ci abbiamo lavorato da subito.
C.G. Questo procedimento faciltava la cosa, perché la melodia reclamava la sua parte: il brano viene forgiato attorno al cantato. Per come componevamo prima, potevano bastare due strofe, con la forma della canzone che si perdeva volutamente. Ma non è detto che non torneremo più a lavorare in questo modo. Credo che i Marlene non abbiano mai temuto di mostrare la loro componente melodica; a volte era nascosta, a volte intellettualizzata. Forse ora è meno mediata. Però non siamo esattamente “pop”: tirare fuori canzoni più intime o lente, con una certa enfasi interpretativa, non vuol dire poter essere definiti in questo modo. Ascolto questa musica da sempre: non ho mai nascosto la mia passione per i Sonic Youth e per un approccio intellettuale alla musica. Ma adoro anche gente come Scott Walker e quell’approccio alla musica.

Questo disco è stato prodotto con Gianni Maroccolo: è la prima volta che lavorate direttamente assieme, pur avendo collaborato da sempre. Poi c’è Gareth Jones al missaggio in diversi brani. Quanto hanno influito queste due presenze sul risultato finale?
C.G.: Molto tutte e due, ovviamente. Con Gianni abbiamo scoperto un nuovo modo di stare in studio, di lavorare con più velocità. Non disdegno ciò che abbiamo fatto prima, adoro una cura quasi maniacale di cura dei dettagli. Però sentivo che si poteva fare in altro modo. Gianni ci ha dato una mano: con lui abbiamo praticamente fatto il disco in dieci giorni. E’ evidente che c’erano canzoni che non richiedevano interventi massicci, altri richiedevano interventi più decisi, ma comunque limitati. Dalla composizione, siamo passati direttamente alla registrazione e produzione in studio. Siamo lievitati assieme. I pezzi che ha missato Gareth Jones sono brani che ci avvicinano al mondo delle nostre fascinazioni musicali. Sono pezzi che non temono il confronto con ciò che amiamo nella musica.

Il titolo, e con esso la frase di Kurt Zelmann dal quale proviene, rimanda ad una visionarietà della musica. Credi che davvero le canzoni siano in grado di far vedere, non solo di far sentire?
C.G.: Se la musica ha profondità, ha il potere di suscitare delle visioni. Dal feedback che ci arriva notiamo che spesso, chi ci ascolta dice spesso di riconoscersi nei nelle nostre canzoni, facendoci capire di avere ‘visto’ qualcosa nelle nostre canzoni. Questo ci onora.

Nel disco spicca il duetto con Skin in “La canzone che scrivo per te”. Come è nata questa collaborazione?
Dan Solo: Non ci imabarazza parlare di questa cosa... E’ successo che ci siamo incontrati in un bar di Milano e... No, non è vero. La Virgin, che ora ci distribuisce, ha fatto ascoltare a Skin i nostri demo. Lei è rimasta molto impressionata: ha indicato due canzoni, “Quasi 2001” e “La canzone che scrivo per te”. Così è nato tutto da lì: ha lavorato con Cristiano, è venuta a Firenze, dove stavamo registrando, ed ha inciso la parte. C.G.: “La canzone che scrivo per te” era forse quella più indicata: un dialogo tra un soggetto maschile e uno feminile, un prima un durante ed un dopo, e lei interviene nel “durante” di quell’incontro. Skin ha interagito in questa canzone, scrivendosi le sue parole. Era una cosa che poteva funzionare oppure no: è stata una magia che mi ha sorpreso. Ne è venuta fuori una cosa con un senso di compiutezza, che non suona forzata. Siamo consapevoli delle opportunità promozionali che ci può dare, ma prima di tutto volevamo l’integrità artistica, e questa c’è in maniera magica.

Avete lavorato molto sul vostro sito Inetrnet www.mk-2000.net, dal quale davate anteprime e fornivate informazioni sulla lavorazione del disco. Com'è nata questa attenzione verso la rete?
C.G.:Per l’italia era un’idea inedita. E’ un opportunità promozionale nuova e inconsueta e assolutamente dignitosa, perché era totalmente gestibile da noi e adattabile alla nostra estetica. Tranne la parte tecnica, abbiamo fatto tutto noi. Abbiamo deciso di fare i furbetti, sapendo fin da subito che ciò che mettevamo sul sito, musica come testi, non sarebbe poi stato utilizzato nel disco, tranne il frammento in coda a "L’abbraccio" e i sottotitoli delle varie sezioni, che sono frasi tratte dalle canzoni. I nostri fan ci dicono che una parte essenziale della nostra musica è il mistero, e questo era un modo di rispettare quest’idea. Abbiamo pensato di lasciare che si lamentassero perché stavamo svelando il mistero, anche se sapevamo che non era così. Mettere i brani sul disco non era un operazione di marketing per capire quali brani funzionavano e quali no.

Come credete che reagirà il vostro pubblico, che è uno dei più fedeli della scena rock italiana?
C.G. Abbiamo uno dei pubblici più attenti, ed è merito/colpa nostra: li abbiamo abituati bene... Per la reazione, siamo assolutamente fiduciosi. Non credo che nel disco ci sia nulla che non sia nel nostro stile. Il primo problema è quello verso noi stessi, siamo contenti e assolutamente coscienziosi.
(Gianni Sibilla)

Altre interviste

Enrico Ruggeri - Musica, scrittura e tante canzoni: il presente e il futuro di Enrico Ruggeri... (09/10/2000)

Gigi D'Alessio - Alla scoperta del fenomeno... (08/10/2000)

Placebo - Odiati dalla stampa inglese ma amati dal pubblico, Brian Molko e soci raccontano il nuovo 'Black Market Music'... (05/10/2000)

Photek - Il genio solitario del Drum 'n'bass cambia registro e si racconta... (02/10/2000)

Badly Drawn Boy - Lo chiamano 'la risposta inglese a Beck', ma lui non si scompone... (28/09/2000)

© 2025 Riproduzione riservata. Rockol.com S.r.l.
Policy uso immagini

Rockol

  • Utilizza solo immagini e fotografie rese disponibili a fini promozionali (“for press use”) da case discografiche, agenti di artisti e uffici stampa.
  • Usa le immagini per finalità di critica ed esercizio del diritto di cronaca, in modalità degradata conforme alle prescrizioni della legge sul diritto d'autore, utilizzate ad esclusivo corredo dei propri contenuti informativi.
  • Accetta solo fotografie non esclusive, destinate a utilizzo su testate e, in generale, quelle libere da diritti.
  • Pubblica immagini fotografiche dal vivo concesse in utilizzo da fotografi dei quali viene riportato il copyright.
  • È disponibile a corrispondere all'avente diritto un equo compenso in caso di pubblicazione di fotografie il cui autore sia, all'atto della pubblicazione, ignoto.

Segnalazioni

Vogliate segnalarci immediatamente la eventuali presenza di immagini non rientranti nelle fattispecie di cui sopra, per una nostra rapida valutazione e, ove confermato l’improprio utilizzo, per una immediata rimozione.