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«CHE GIORNO SARÀ - Enrico Ruggeri» la recensione di Rockol

Enrico Ruggeri - CHE GIORNO SARÀ - la recensione

Recensione del 20 gen 2011

(Kowalski, 200 pagine, 13 euro)

La recensione

“Che giorno sarà” non è il primo libro di Enrico Ruggeri, che ha già pubblicato - tra le altre cose - una biografia e un volume derivato dalle sue trasmissioni televisive su Italia 1. Però è il suo primo romanzo, e questo suscita quel misto di curiosità e scetticismo che si ha di fronte ad ogni libro narrativo di qualcuno che le storie le racconta solitamente in altro modo.

Però Ruggeri lo conoscete: parla come un libro stampato, è uno che le storie le sa raccontare e bene. E la sua “voce” narrativa, quel tono profondo che gli abbiamo visto anche ad “X factor” si ritrova anche nelle pagine di questa storia.
“Che giorno sarà” è l’unico 45 giri inciso da Francesco Ronchi, il protagonista di questa storia: un musicista fallito che suona sul palco di un piccolo locale di città. Tra una cover e l’altra, ripercorre la sua storia, le sue passioni, le sue piccoli grandi miserie e il suo fallimento. La storia è ambientata all’inizio degli anni ’90, e il personaggio ripercorre il sottobosco musicale italiano dei decenni precedenti. Ruggeri riesce, così facendo, a creare una galleria di personaggi se non veri, sicuramente verosimili: discografici e imprenditori di grandi parole e poche concretezze, cantanti di provincia e dive di città, amici e fidanzate traditi…
La lettura delle 200 pagine scorre via piacevolmente, grazie ad un scrittura lineare e ad una struttura che alterna il racconto del presente – Ronchi che si barcamena tra gli avventori del locale in cui sta suonando – e i flashback del passato.

L’unica cosa che non convince di questo romanzo è il finale. "Una ribellione", dice il risvolto di copertina, che ovviamente non sveliamo. Ma ribellione non è, anzi; un evento cinico che genera un epilogo, a sua volta, altrettanto cinico ma reso più asettico dal passaggio del racconto in terza persona - stile "lanci di agenzia" degli eventi successivi al “colpo di scena”. Un finale che però è forse troppo cinico, in un libro che è comunque tutt’altro che consolatorio, e che di certo non vuole esserlo.
(gs)

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