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«BRUCE SPRINGSTEEN ANTHOLOGY. TUTTI I DISCHI, TUTTE LE CANZONI. - Stefano Barco e Alberto Neri» la recensione di Rockol

Stefano Barco e Alberto Neri - BRUCE SPRINGSTEEN ANTHOLOGY. TUTTI I DISCHI, TUTTE LE CANZONI. - la recensione

Recensione del 08 gen 2000

La Musa Rock Anthology, Arcana Editrice, pagg. 255, £ 28mila

La recensione

La casa editrice Arcana inaugura una nuova collana – La Musa Rock Anthology, per l’appunto – dedicata ad un’analisi maggiormente approfondita e critica dei testi dei principali protagonisti del rock internazionale. Si parte con Bruce Springsteen, qui preso in esame con tutti i suoi album ‘ufficiali’ a partire da “Greetings from Asbury Park” per arrivare fino a “The ghost of Tom Joad”, tralasciando però inediti isolati, album dal vivo, greatest hits e l’ultimo monumentale “Tracks”, che per stessa ammissione del Boss va considerato una sorta di percorso parallelo alla sua discografia ufficiale. L’attenzione è rivolta insomma alla produzione ‘di studio’ di ogni singolo artista, del quale viene analizzata ogni singola canzone, traducendone i passaggi più significativi e commentandone, ove necessario, riferimenti e valori letterari. Nel caso di Springsteen il lavoro si svolge in modo alquanto scorrevole, non essendo i testi del Boss mai stati un esempio di ermetismo lessicale o semantico: pane al pane e vino al vino, al punto che forse alcune delle spiegazioni relative alle canzoni sono sin troppo didascaliche. L’universo di Springsteen è quello che trae spunto e origine dall’equivoco del sogno americano, da Springsteen stesso forse rappresentato in modo perfetto. Il figlio di operai che diventa rockstar e sfonda, finisce per vivere a Los Angeles con una televisione a 57 canali su cui non c’è niente da vedere e una modella poco innamorata, si innamora nuovamente di una che lo ama e diventa padre, uomo maturo e in parte anche preoccupato, si guarda intorno, seduto accanto al fantasma dell’amico Tom Joad e si accorge che per uno come lui che ce l’ha fatta, tanti altri non ce la faranno mai. Neanche a sopravvivere dignitosamente. Il sogno americano è una bufala, la highway è deserta e porta solo a un vicolo cieco. Sente il peso della responsabilità, e si scopre vecchio. Il rock è ancora il migliore esorcismo, la band della E-street è ancora dietro l’angolo, ai suoi ordini, pronta a dimostrare che l’unico modo per non perdere è continuare a sognare, continuare a combattere, continuare a correre. C’è un cielo nuvolo all’orizzonte delle più recenti canzoni del Boss, uno stato sociale difficilmente accettabile e a tratti avvitato su sé stesso: questo è il racconto di “The ghost of Tom Joad”, questo il capitolo da cui, inevitabilmente, prenderà corpo il prossimo. Ripercorrere i suoi album e addentrarsi nei suoi testi è – e questo è il vero bello del libro – ripercorrere la vita di Bruce Springsteen, fare un salto a due piedi in quella cronaca che molto spesso, grazie alla musica, è diventata Rock. Per il resto non mancheranno altri volumi, in questa nuova collana, in cui la spiegazione delle canzoni avrà un valore inestimabile, per sviscerarne al meglio il significato e la personalità degli autori.

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