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«HO UN PIANO (SANREMO 2020) - Raphael Gualazzi» la recensione di Rockol

Raphael Gualazzi si sbronza coi clown

Eclettico e scatenato, Gualazzi non rinuncia mai all'atmosfera soffusa da jazz club e ci porta in viaggio tra clown, ritmi caraibici e melodie rinascimentali.

Recensione del 12 feb 2020 a cura di Erica Manniello

Voto 7/10

La recensione

L’energia e i riferimenti sonori vicini al mondo del teatro e del circo di “Nah nah” aprono, come fossero un biglietto da visita, “Ho un piano”, l’ultimo album di Raphael Gualazzi. È un bell’inizio per il quinto album dell’artista di Urbino, che conquista l’ascoltatore facendogli battere i piedi, per poi rallentare sulle note calde di quel “ma forse soffia un vento di libertà…”, salvo tornare subito a far risuonare il grido “nah nah”, se grido si può definire quel modo caldo di cantare di Gualazzi che anche quando ruggisce suona comunque come una dolcissima melassa. Smettiamo di galleggiare “in un’anonima superficiale stupida realtà” e passiamo a canzoni più elettroniche e votare alla modernità, ma anche ai ritmi caraibici, come le successive “Immobile aurora” e “Carioca”, il brano, scritto insieme a Pavanello e Petrella, con il quale il pianista e cantautore marchigiano ha partecipato a Sanremo 2020. È subito Rinascimento invece con “Italià” e a questo punto Gualazzi, sempre che fosse necessario, ha già ampiamente confermato la versatilità sviluppata lungo il suo percorso tra musica classica e jazz. Gli “allright” e gli “yeah” in salsa r’n’b di “Questa volta no” ci conducono verso la seconda metà del disco, mentre il figlio di Velio Gualazzi mette in mostra anche le sue doti di paroliere cantandoci “e vorrei sbronzarmi coi clown, e vorrei pagarti coi pound, e vorrei cambiare un po’ il sound”.

Il tempo di una tazza di tè e di premere nuovamente play e Gualazzi si (e ci) chiede, mettendo un attimo da parte il canto: a cosa mi serve la libertà? Risposta non ce n’è, ma di spunti, in “La libertà”, ce ne sono tanti. Uno, su tutti: “Forse è stata solo un attimo di amore che ricorderò di te”. Echeggia il collega Caparezza in “La parodie”, la traccia successiva, divertente e malinconica insieme, un gioco musicale e lirico che lascia un po’ confusi e non più così sicuri di essere all’ascolto di un album della voce di “Follia d’amore”. Più classica “Vai via”, così come “Broken Bones” e “Per noi”, dove nel ritornello tornano i ritmi tropicali di “Carioca”. Chiude il disco “E se domani” con il featuring di Simona Molinari, anche lei divisa tra il Conservatorio e lo swing: se la traccia d’apertura di “Ho un piano”, “Nah nah”, era stata un ottimo modo di accogliere gli ascoltatori alla festa di Gualazzi, non potrebbe esserci congedo migliore del duetto di “E se domani”, morbida e soffusa. Una perfetta ultima danza prima che l’unica regina della scena resti la notte.

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