I tre Human Colonies, al secolo Giuseppe Mazzoni, Sara Telesca e Riccardo Cotti, ad un anno da “Big domino vortex”, EP che somigliava già tanto ad un disco completo, tornano con quello che ufficialmente va messo agli atti come il primo full lenght della band attiva dal 2013. “Midnight screamer” conta nove pezzi, registrati e mixati al VDSS Recording Studio come ormai di consuetudine da Filippo Strang che il disco l’ha anche prodotto.
Ora, cosa resta di “Big domino vortex” e cosa c’è di nuovo in questo “Midnight screamer”.
In realtà più che fare la conta del vecchio e del nuovo direi che vale la pena di parlare di seguito naturale. Se di “Big domino vortex” avevamo apprezzato la componente più alternativa del pacchetto, in “Midnight screamer” quello che risalta è l’attitudine noise. Vuol dire che trovata la strada, i tre Human Colonies la stanno percorrendo con l’obiettivo di inspessire il sound rendendolo sempre più essenziale e ruvido. Un lavoro che ha prodotto nove pezzi come sempre debitori al mondo indie e alternativo a stelle e strisce, dai già numi tutelari dichiarati Dinosaur Jr. (e Mascis in particolare, again) citati fin dalla copertina uscita non a caso dalla mano di Travis Millard, passando per gli Yo La Tengo fino ad arrivare ai Built to Spill (questi li aggiungo io), il tutto condito da una sana e spessa coperta shoegaze fatta di distorsioni e riverberi. Stabilito il campo da gioco, quello che effettivamente colpisce in positivo di questo nuovo “Midnight screamer” è ciò che già mi aveva colpito ai tempi di “Big domino vortex”, cioè la capacità degli Human Colonies di vivere appieno un genere (o la commistione di più generi) senza però scadere nel palesemente derivativo. Perché è vero, pezzi come il singolo “Groovy boy”, la titletrack “Midnight screamer” o la bella “Shaboo” profumano di tutti quelle band che trovate qui sopra, elenco cui aggiungo i Grandaddy - ma sporcati a dovere, vedi “Kerosene” - ma si mantengono comunque assolutamente sempre originali in termini di melodia, scrittura e produzione.
Il risultato finale la dice lunga sulla portata di una band come questa, una band vera, vecchia scuola, chiamata a tenere alto il vessillo alternativo in un momento in cui la maggioranza della gente non va certo ai concerti con le magliette dei My Bloody Valentine. Per fortuna però c’è ancora qualcuno che non fa parte della maggioranza.
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