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«ELECTRIC LADY STUDIOS (A JIMI HENDRIX VISION) - Jimi Hendrix» la recensione di Rockol

Lo spirito mai sopito di Jimi Hendrix

Le gesta finali del padreterno della chitarra elettrica (in un nuovo box-set)

Recensione del 05 ott 2024 a cura di Simöne Gall

Voto 7.5/10

La recensione

Sul finire degli anni Sessanta, Jimi Hendrix rilevò il Generation Club, già Village Barn, locale con sede nel Greenwich Village di Manhattan, dove il portento della chitarra aveva più volte preso parte a delle jam session dal vivo. Su consiglio dell'ingegnere audio Eddie Kramer, Hendrix fece costruire non un nuovo locale, come in realtà avrebbe desiderato fare, perlomeno in un primo momento, ma uno studio di registrazione permanente. L'operazione incontrò diversi ostacoli, sia economici che burocratici, ma sotto la supervisione dell'architetto John Storyk lo studio, che fu battezzato col nome di Electric Lady, acquisì una forma specifica nonché una particolare illuminazione ambientale, psichedelica e multicolore, che avrebbe favorito la giusta ispirazione a Hendrix nel suonare e comporre nuove canzoni. Jimi stava infatti pensando a un nuovo album da realizzare, il quarto della sua carriera, e a quanto pare aveva già messo da parte qualche possibile titolo da affibbiargli. Uno di questi era 'First Rays Of The New Rising Sun'.

Tra il giugno e l'agosto 1970, sorretto da una fidata sezione ritmica, quella composta dal bassista Billy Cox e dal batterista Mitch Mitchell, Hendrix portò su nastro parecchie idee come risultato di una serie di sessioni live, da cui la composizione di alcune nuove tracce. Fra queste: "Earth Blues", "Dolly Dagger", "Ezy Ryder", "Freedom" e "Lover Man". Per sua sfortuna, tuttavia, Hendrix non riuscì mai a godere appieno degli spazi del suo studio, dal momento che venne a mancare (ufficialmente "per overdose") soltanto un mese più tardi, cioè nel settembre di quell'anno e a soli ventisette anni. Malgrado ciò, come ha del resto suggerito (a "Hollywood Reporter") Eddie Kramer, già supervisore di quelle stesse registrazioni, lo spirito del chitarrista è rimasto lì, in quello studio, a permearne durevolmente le pareti. Non si contano, del resto, gli artisti che hanno scelto nel tempo l'Electric Lady per produrre lì i propri album: dai Rolling Stones ai Led Zeppelin, da Stevie Wonder ai Kiss, passando per David Bowie, che incontrando John Lennon a New York - durante la fase più acuta del suo periodo da cocainomane -, vi incise con l'ex Beatles il brano "Fame", poi incluso nell'LP 'Young Americans' (del 1975).

La "visione" di Hendrix - oltre cinquant'anni dopo

Applicando il calzante titolo di 'Electric Lady Studios: A Jimi Hendrix Vision', Sony/Legacy ha portato a compimento un interessante lavoro audio/video che ripristina in toto le sessioni finali del mito della chitarra, e a giudicare dalla qualità dei contenuti, particolarmente sul versante della resa del mastering, si direbbe che la scelta non sia stata affatto superflua. 'Electric Lady Studios: A Jimi Hendrix Vision' è un box da tre cd (cinque nel caso del vinile) contenente trentanove demo e le prime riprese delle sessioni di cui sopra. Un blu-ray riporta inoltre un documentario (con lo stesso titolo del cofanetto), a opera dell'archivista di Hendrix John McDermott e corredato da interviste a Billy Cox, Steve Winwood, lo stesso storico musicista che fu presente alla sessione inaugurale dello studio di Hendrix, ma anche a Kramer e ai membri dello staff originale dell'Electric Lady. Nel blu-ray è inoltre presente un nuovo mix surround 5.1 di "First Rays Of The New Rising Sun", album compilation già pubblicato nel 1997 dalla MCA, mentre il cofanetto è arricchito dall'aggiunta di nuove note di copertina, foto inedite e copie delle bozze delle canzoni scritte a mano da Jimi Hendrix stesso.

Il materiale audio

Un aspetto che potrebbe destare una punta di perplessità è che molte delle tracce presentate dal cofanetto non sono in realtà vere canzoni, ma per di più delle forme preliminari delle stesse. Se si riesce però a evitare qualsivoglia preconcetto, il materiale qui accorpato resta in sé un documento prezioso in grado di captare lo spirito del grande eroe della sei corde prima della sua tragica e prematura scomparsa (di cui inquietano sempre un po' i retroscena). Uno dei brani già citati, "Ezy Rider", è un hard rock stupefacente che anticipa l'impulsività di una band come i Blue Öyster Cult; le corde di Hendrix, anche quelle vocali, producono ondate che viaggiano in perfetta sincronia con la sezione ritmica. "Valleys Of Neptune", invece, potrebbe sembrare una "Hey Joe" strumentale, mentre i vari take di "Straight Ahead" e "Drifter's Escape" altro non sono che delle prove da studio che tuttavia si lasciano ascoltare facilmente grazie alla limpidezza del suono. Nel caso della prima traccia, fanno sorridere le indicazioni che Hendrix elargisce ai musicisti nell'incalzarli ("One more time", "Stay there!"), e l'impressione che ne consegue è un po' quella di assistere a una prova direttamente in veste di spettatori, più che solamente da ascoltatori. Nella seconda, per converso, si sentono addirittura i falsi inizi e la chitarra in fase di accordatura, con la batteria leggermente incerta nel muoversi.

In mezzo a tutto questo Hendrix, ed è doveroso e interessante rilevarlo, appare in grande spirito a giudicare dal tono che rivolge ai colleghi e agli operatori (ugualmente mentre lo si sente discutere l'uso degli amplificatori). I take di "Astro Man" paiono incostanti, ma vale la pena inseguirli con l'udito e con il cuore sino alla fine, e la ripresa numero quattordici dello stesso brano finisce per configurarsi come una lunga jam blues-rock, solida e psichedelica. Diversamente, in altri punti, come nel "Long Medley: Astro Man / Beginnings / Hey Baby (New Rising Sun) / Midnight Lightning (Keep On Groovin') / Freedom", si rischia di lambire il tedio, per quanto ci pensi poi il mix alternativo di "Earth Blues" a risvegliare opportunamente i sensi.

Il demo di "Heaven Has No Sorrow" mostra ancora un intenso dialogare degli strumenti, con una forza che, analogamente, non viene meno nei casi di "Freedom" o della take numero quindici di "Come Down Hard On Me". Di grande interesse sarebbero anche la versione alternativa di "Dolly Dagger", vecchio singolo postumo già apparso nell'album 'Rainbow Bridge' (anch'esso postumo), e la "Drifting" incisa nel corso della sessione del 29 giugno. "Alla deriva, su un mare di lacrime dimenticate", intona qui Hendrix, forse già conscio di quello che sarebbe stato il suo lascito.
 

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