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«A DREAM IS ALL WE KNOW - Lemon Twigs» la recensione di Rockol

Lasciarsi cullare dentro al sogno dei Lemon Twigs

Il quinto disco dei fratelli D'Addario ci spiega che la retromania può essere anche originale.

Recensione del 04 mag 2024 a cura di Michele Boroni

Voto 8/10

La recensione

Doverosa premessa. Chi scrive non ha mai pienamente apprezzato tutto il movimento che girava intorno alla cosiddetta retromania, ovvero l'ossessione compulsiva per il passato prossimo, così ben sintetizzato dal critico Simon Reynolds in un saggio eponimo ora edito da Minimum Fax.
Nella musica questo si concretizza nel recuperare, imitare e doppiare suoni vecchi. “Invece di essere pionieri e innovatori, i nuovi creatori sono curatori e archivisti” scriveva Reynolds nel suo libro uscito ormai nel 2011, anche se la tendenza è ancora piuttosto viva e The Lemon Twigs rappresentano un perfetto archetipo. 
Giunti al loro quinto album, i fratelli Brian e Michale D'Addario provenienti da Hicksville nello stato di New York, malgrado la giovane età (25 e 27 anni) continuano il loro viaggio nella loro navicella intrappolati in un cunicolo spazio-temporale tra il 1968 e il 1974. 
Insomma, tutti i prodotti retromaniaci sono derivativi e in genere non si sa mai quando finisce il pastiche e inizia la parodia. Tuttavia quando dietro ci sono una capacità di scrittura di canzoni di alto livello, una tecnica pressoché perfetta e una certa originalità sia negli arrangiamenti sia nei testi, allora devi mettere da parte i preconcetti e ascoltare questo disco con un altro atteggiamento.

“A Dream Is All We Know” è una raccolta di baroque pop che culla dolcemente l'ascoltatore. Rispetto al precedente e notevole “Everything Harmony” pieno di ispirazioni che arrivavano dai Beatles e da Simon & Garfunkel, questo pesca a piene mani dalle atmosfere di “Pet Sounds” e dei Beach Boys, ma anche da molta musica inglese come i Kinks e gli Who: infatti le Rickenbacker dell'iniziale power pop “My Golden Years” ricordano gli esordi della band di Pete Townshend.
«Every day is like a memory of someone I knew a thousand years ago I've never heard or seen» è il verso che apre “They Don't Know How To Fall In Place” e in pratica riassume il concetto del disco e del progetto The Lemon Twigs a cui partecipano anche gli ottimi e puntuali Danny Ayala e Reza Matin alla sezione ritmica. “In the eyes of the girl” co-prodotto con Sean Ono Lennon che qui suona anche il basso e “How can I love her home”  sembra un pezzo perduto di “Pet Sounds”, mentre “A dream is all I know” è la canzone più bella che gli Wings non hanno mai scritto. Ma forse le cose più interessanti sono le tracce più acustiche: “Ember Days” è come un bossa scritta da Brian Wilson, mentre "I Should've Known Right From the Start" ha un andamento circolare che ammalia. Chiude a sopresa il disco  “Rock on (over and over)” con un riff che è un ponte tra Chuck Berry e Marc Bolan.  
Tutto questo ci porta a dire che per i The Lemon Twigs oltre alla retromania c'è qualcosa di più.

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