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«BEN - Macklemore» la recensione di Rockol

Non tutte le crisi riescono con il buco: quella di Macklemore sì

In "Ben", il suo album più ispirato, il rapper riaccende il microfono dopo sei anni. E si racconta.

Recensione del 07 mar 2023 a cura di Mattia Marzi

Voto 7.5/10

La recensione

Gli hanno urlato “sei finito”. Lui non ci ha creduto. Lo rappa, con tutta la forza che ha, in “Chant”, il singolo che la scorsa estate ha anticipato l’uscita del suo nuovo album di inediti, il primo in sei - lunghissimi - anni. E che non a caso apre “Ben”, questo il titolo del disco, il nomignolo con il quale amici e familiari chiamano Benjamin Hammond Haggerty, in arte Macklemore: “This is my Moment / they can’t take my talent”, “Questo è il mio momento / non possono strapparmi via il talento”, dice il rapper da 60 milioni di copie vendute sulla base epica ed enfatica del brano prodotto dal suo braccio destro di sempre Budo. Il pezzo è un flusso di coscienza lungo cinque minuti, inframezzato dai ritornelli potenti di Tones and I (qui nei panni di una Sia de’ noantri), che funge da titoli di testa del disco intero. Macklemore, tra le altre cose, ricorda quella notte che è finito in ospedale “quasi in overdose” e pensa pure alla frase da far incidere sulla sua lapide, prima di rialzare la testa, realizzando che non è finita finché non finisce davvero. L’allusione è alla pesante ricaduta nel tunnel delle dipendenze di cui è stato vittima il rapper durante il periodo del lockdown: “In ‘Chant’ volevo sfidare me stesso, superare i momenti di blocco dello scrittore e catturare lo spirito di cosa vuol dire superare qualcosa, superarlo e alzarmi il giorno dopo e farlo di nuovo”, ha raccontato lui.

Si è preso tutto il tempo di cui aveva bisogno, ma alla fine Macklemore ha inciso il suo disco forse più ispirato. “Ben”, nel modo in cui lo vede raccontare i suoi demoni e i suoi scheletri nell’armadio, è probabilmente l’album più personale del 39enne rapper americano, che qui fa i conti con sé stesso, il suo passato e anche il suo presente. Senza risparmiarsi. E senza piangersi addosso. “Chant” è solo la focus track di un disco che ruota quasi tutto intorno alle sue battaglie personali, quelle che ha affrontato non tanto negli ultimi sei anni, quanto negli ultimi due, per poter tornare ad essere padrone della propria vita e della propria carriera. La musica è stata una forma di terapia: le session di scrittura e di produzione con il gruppo affiatato di collaboratori composto da Budo, Tyler Dopps e Kid Culture lo hanno aiutato a incidere le sue fragilità e le sue debolezze, esorcizzandole. “Non avevo mai avuto l’opportunità di registrare senza una data di fine prevista. Eravamo lontani da tutte le distrazioni esterne. Tutto era fluido. L’idea era: ‘Facciamo arte perché possiamo, non perché dobbiamo. Catturiamo questa magia’”, ha raccontato.

Ne è venuto inevitabilmente fuori un disco pieno zeppo di self-empowerment, dal pop di “No bad days” (con Collett) alla dance di “I know”, passando per il synth-pop stile M83 di “1984” e il rap old school di “Tears”. E - sorpresa - in “Maniac”, un tormentone indie pop à la Harry Styles, si ricompone il duo con Ryan Lewis: l’ex sodale di Macklemore ai tempi di “Can’t hold us” e dintorni compare tra gli autori del brano. In “Heroes”, con DJ Premier, beatmaker e produttore statunitense considerato una colonna portante della scena hip hop d’oltreoceano grazie alle sue collaborazioni con The Notorious BIG, Jay e Nas, il rapper ritrova le sue radici: nei versi Macklemore racconta la sua storia, da quando da ragazzino scoprì il rap fino ai quarant’anni, su un ritmo da far girare la testa intrecciato con campionamenti di fiati, una linea di basso, sirene della polizia e scratch. “My heroes died of overdoses, ridin’ for the culture / mind tied to psychosis, all the lies in show biz / my heroes shot dope and inhaled blow in their noses / got locked up, got out, and did some more shit”, rappa Macklemore: alla fine il pezzo si rivela un commovente tributo alla cultura hip hop.

Il racconto della crisi affascina perché evita la retorica ed è autentico. Così potente e sincero da ispirare: “Ho sperimentato un livello di riflessione come mai prima d’ora. Questa pausa forzata e il tempo hanno creato un livello di intimità che forse non ci sarebbe stato se il mondo avesse continuato a funzionare come prima”, dice Macklemore. Se il prossimo disco sarà tanto sincero, genuino e vero quanto “Ben”, siamo anche disposti ad aspettarlo per altri sei anni.

Tracklist

01. CHANT (feat. Tones And I) (04:30)
02. NO BAD DAYS (feat. Collett) (02:53)
03. 1984 (03:24)
04. MANIAC (feat. Windser) (03:00)
05. DAY YOU DIE (feat. Sarah Barthel of Phantogram) (03:12)
06. HEROES (feat. DJ Premier) (02:55)
07. GRIME (03:25)
08. I NEED (03:39)
09. LOST / SUN COMES UP (feat. Jackson Lee Morgan) (05:51)
10. FAITHFUL (feat. NLE Choppa) (03:27)
11. TEARS (03:13)
12. SORRY (feat. Livingston) (03:29)
13. GOD'S WILL (feat. Vic Daggs II) (03:13)
14. I KNOW (feat. charlieonnafriday) (02:53)
15. TAIL LIGHTS (feat. Morray) (04:50)
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