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«IN THESE TIMES - Makaya McCraven» la recensione di Rockol

“In These Times” il jazz evoluto di Makaya McCraven

Il batterista di Chicago dà un nuovo significato contemporaneo al jazz, rispettando le origini.

Recensione del 05 ott 2022 a cura di Michele Boroni

Voto 8/10

La recensione

Fortunatamente il jazz si sta evolvendo. O meglio, ci sono alcuni artisti che, grazie alla loro ricerca, stanno facendo evolvere questo genere. 

Jazz come ricerca musicale

Quindi jazz come ricerca musicale e non solo come performance, tecnica e virtuosismo come è stato negli ultimi cinquant'anni e che in buona parte lo è ancora. Il jazz come ricerca musicale corrisponde alla sua capacità di accogliere molti altri suoni, approcci e persino generi sotto il suo ombrello mentre si rinnova il suo processo. Tutto questo senza farlo diventare pure esercizio avanguardistico. 
Uno dei principali attori di questo rinascimento jazz è Makaya McCraven, beatmaker, tecnico del suono, alchimista e batterista della scuola di Chicago.

Il metodo McCraven

Il suo lavoro è iniziato un po' di anni fa con il suo primo disco di composizioni originali “Universal Beings” del 2018, ma soprattutto con i due dischi successivi.  “We're New Again – A Reimagining by Makaya McCraven” del 2020 (recensione qui) in cui rilegge “I'm here now” il testamento sonoro di Gil Scott-Heron uscito nel 2010, dando nuova linfa alle canzoni risuonandoci sopra nuove basi più jazz e blues, mantenendo le liriche e a volte tagliandole e rendendolo le parole di Gil Scott-Heron un'espressione ancora più vitale e vicino al suo periodo più jazz. Stessa cosa fece lo scorso anno con “Deciphering the message” rielaborando il materiale della Blue Note anche qui mettendo insieme vecchie registrazioni, nuove esecuzioni musicali, campionamenti e cut&paste.

Un labirinto di generi dove è piacevole perdersi

“In these times” è un progetto che è stato sedimentato nell'arco di sette lunghi anni e rappresenta un nuovo capitolo dell'evoluzione di questa ricerca, nonché il suo lavoro più completo. 
In questo caso si tratta di composizioni originali in cui mescolano quattro diversi set live, registrazioni in cinque differenti studi, campionamenti, drum machine e sequencer vari fondendo strumenti naturali e sintetico digitale, funk e jazz, orchestra e drum muchine, J Dilla e Max Roach,  Miles Davis e post-produzione in una sorta di composizione olistica.   
La title track ha una cornice orchestrale eseguita da un quartetto d'archi, a cui si aggiunge la marimba di Joel Ross e   la splendida arpa suonata da Brandee Younger. Poi cambia tempo e dinamica per far incrociare l'anima da camera e il funk con il prog rock di chitarre, batteria a doppio tempo e poi una cascata di contralto e synth attorno a un baby sitar. Sempre nello stesso brano all'inizo c'è il campionamento di una vecchia trasmissione radio in cui un signore parla della sua responsabilità di passare da un tunnel dove altri prima di lui erano morti mentre lo costruivano. Ed è la stessa responsabilità che McCraven sente nei confronti della musica creata da coloro che sono venuti prima di lui, rispettando i classici mantenendo le forme rilevanti per le persone di oggi.
Nelle interviste McCraven si rivela persona umile e rispettosa al punto che fa fatica a pronunciare il termine jazz  “Cerco solo di creare la miglior musica possibile e non so neppure se chiamarla jazz… e forse non è necessario etichettarla in questo modo” sostiene.
Ogni pezzo è una rivelazione e una continua sorpresa dove i beat funk si intrecciano con le sfumature orientali, i groove caraibici con assoli di chitarra ben incastonati (bravissimo Jeff Parker), hip-hop strumentale e folk bartokiano. Tante idee, suoni, trame e stili. Un passo avanti del jazz e anche dei suoi crossover con l'hip-hop iniziati da Guru, A Tribe Called Quest e J Dilla, anche grazie al gruppo di musicisti sempre più bravi (da segnalare anche il violino di Macie Stewart) che suonano da tempo con McCraven. 
Sarà interessante sentirlo dal vivo a Club to Club a Torino il prossimo 5 novembre. 
 

Tracklist

01. In These Times (07:09)
02. The Fours (03:26)
03. High Fives (03:39)
04. Dream Another (03:12)
05. Lullaby (03:33)
06. This Place That Place (03:56)
07. The Calling (01:47)
08. Seventh String (03:05)
09. So Ubuji (03:01)
10. The Knew Untitled (04:27)
11. The Title (03:57)
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