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«WHEN THE WIND FORGETS YOUR NAME - Built To Spill» la recensione di Rockol

Built to Spill, quando basta la parola!

A sette anni dal precedente "Unthethered moon" torna la band di Doug Martsch

Recensione del 14 set 2022 a cura di Paolo Panzeri

Voto 7.5/10

La recensione

Erano sette anni e mezzo che mancava dal mercato un album inedito dei Built to Spill di Doug Martsch, ovvero dai tempi, era la primavera del 2015, di "Unthethered moon". Fatto salvo la sortita di un paio di anni fa quando la band dell'Idaho omaggiò su disco Daniel Johnston, il cantautore statunitense scomparso nel 2019 all'età di 58 anni con cui vi era stato più di un incrocio, in "Built to Spill Plays the Songs of Daniel Johnston", ma era, per l'appunto un album di cover.

Mutare per non morire

La nuova impresa della band di Martsch, fondatore del gruppo una trentina di anni orsono, si intitola "When the Wind Forgets Your Name" e, devoto al proposito a cui ha cercato di tenere fede sin dal tempo degli esordi, per non fare sì che l'entusiasmo della sua band perdesse smalto cammin facendo, - "Ogni volta che finiamo un disco voglio che il prossimo suoni totalmente diverso. È divertente suonare con persone che apportano nuovi stili e idee. Ed è bello essere in una band con persone che non sono ancora stanche di me" – la lineup dei Built to Spill è ancora una volta mutata. A fiancheggiare le ispirazioni del lider maximo questa volta sono coinvolti Lê Almeida e João Casaes, due musicisti brasiliani facenti parte della band jazz rock psichedelica degli Oruã. La collaborazione di Martsch con i due artisti sudamericani è nata dal vivo nel 2018 per poi concretizzarsi con i lavori sul disco nel periodo pre-pandemia, lavori poi ultimati in solitaria da Martsch.

Quando il rock pare cosa semplice

Il trovare stimoli sempre diversi per sviluppare la carriera della band si è rivelata sino ad oggi vincente – e sono ormai trascorsi 30 anni – regalando ai Built to Spill e al suo frontman una rispettabilità inattaccabile nell'alveo dell'indie-rock statunitense, rispettabilità costruita album dopo album. Anche "When the Wind Forgets Your Name", come i dischi che l'hanno preceduto, non fallisce la prova. La voce e la chitarra del guru Doug Martsch dominano incontrastate la scena lungo nei nove brani di cui si compone il disco: dalla iniziale urgenza della rockeggiante "Gonna lose" fino alla lunga suite, otto minuti e passa, della inesorabile "Comes a day" - questa fa correre più di un pensiero a Neil Young a partire dal titolo - che chiude le danze come meglio non si potrebbe.

Sub Pop e sogni

I Built to Spill ora sono in tour negli Stati Uniti per presentare in concerto – il luogo che meglio li esalta - le nuove canzoni, al fianco di Martsch sul palco non ci sono però Almeida e Casaes (ritornati ai loro impegni con gli Oruã), bensì Teresa Esguerra dei Prism Bitch alla batteria e Melanie Radford dei Blood Lemon al basso. Doug Martsch ancora una volta non si smentisce. Del resto è indubitabile che sia un gran personaggio, così non fosse non sarebbe entrato nella scuderia della storica Sub Pop Records coronando un vecchio sogno adolescenziale: "Volevo essere su Sub Pop sin da quando ero un teenager. Penso di essere il primo cinquantenne che abbiano mai firmato." Per quello che vale la mia opinione, credo sia stata per entrambi una buona iniziativa.

Tracklist

01. Gonna Lose (02:33)
02. Fool's Gold (04:01)
03. Understood (04:02)
04. Elements (05:48)
05. Rocksteady (05:06)
06. Spiderweb (05:23)
07. Never Alright (04:50)
08. Alright (04:59)
09. Comes a Day (08:26)
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