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Dal palco a casa: la lunga vita degli album live

Storia e mercato dei dischi dal vivo: il racconto di Jovanotti, Lucio Corsi, manager e discografici
Dal palco a casa: la lunga vita degli album live
Credits: Maikid Lugaresi

David Gilmour, Depeche Mode, Bruce Springsteen, Nick Cave, Bjork, ma anche artiste della generazione Z come Olivia Rodrigo e Gracie Abrams. Tra gli italiani, Cesare Cremonini, Lucio Corsi, Omar Pedrini, Vasco Rossi: sono artisti e artiste che in queste settimane hanno pubblicato o pubblicheranno album dal vivo. Se allarghiamo lo sguardo al 2025, ci sono anche Roger Waters, Jovanotti, Ultimo, CCCP, Ghemon, Samuele Bersani - e sicuramente ne stiamo dimenticando qualcuno.
È un formato che negli ultimi anni sembrava diventato obsoleto, in un’epoca in cui siamo circondati dalle immagini di concerti: quando vogliamo vedere un artista sul palco apriamo i social o YouTube. Invece gli album live stanno vivendo una rinascita - o forse non sono mai mai davvero scomparsi. Abbiamo provato ad indagare sui motivi di questo ritorno, parlandone con artisti come Jovanotti e Lucio Corsi, manager come Matteo Zanobini e Paola Zukar e discografici.

Live, a casa: un formato da milioni di copie

Sono anni che sentiamo ripetere la (discutibile) affermazione che l’album è morto - figurarsi quello dal vivo. Fino agli anni ’90 gli album dal vivo arrivavano a vendere anche milioni di copie - nel caso dell’MTV Unplugged di Clapton ben 24. Poi sembravano essere diventati oggetti per i fan: band come i Pearl Jam dal 2000 pubblicavano ogni concerto come “bootleg ufficiali”, imitati da molti artisti, dai Metallica a Springsteen. Per molti è un’operazione di catalogo, di riscoperta degli archivi, per altri hanno un ruolo attuale: "Sono sempre stati un ascolto speciale. E ora sono utili per far sapere alla gente che faccio dei bei concerti", mi ha raccontato qualche giorno fa Johnny Marr, che ne ha appena pubblicato uno.
Ma non è solo una questione di rock internazionale: è interessante che a usare questo formato siano artisti come Jovanotti - che la scorsa estate ha documentato il suo fortunato tour con “Jova Live Love”, e anche come Lucio Corsi - alla sua prima pubblicazione post sanremese con “La chitarra nella roccia”, in uscita a novembre assieme ad un film. Lo stesso mese uscirà "Cremonini Live 25", in cui compaiono i duetti sul palco con lo stesso Jovanotti, ma anche Elisa e Luca Carboni.

È prassi comune, mi spiegano diversi manager, registrare in multitraccia i concerti di quasi tutti i tour maggiori, per valutarne una eventuale pubblicazione. “Io quest'anno ho deciso di portare in giro una super band, una grande band live senza una sequenza, senza i computer sul palco, senza le basi, e ci siamo divertiti da matti; e quando ho cominciato a sentire le registrazioni ho pensato: che bella 'sta roba qua, mi piace, è proprio vivo, cioè è dal vivo perché è tutto vivo”, mi spiega Jovanotti.

Jovanotti: gli album live vs. dischi di plastica

Jovanotti collega gli album live ai cambiamenti intervenuti nei modi in cui si fa e si consuma la musica. “Da quando i dischi sono così frammentati  in mille rivoli, in mille possibilità diverse di essere ascoltati, è cambiato tutto”, racconta a Rockol. “Per quanto riguarda il mio lavoro, in fondo è cambiato poco, nel senso che io scrivo canzoni, faccio i dischi e le porto in giro dal vivo”.
Ad essere radicalmente cambiato, continua Lorenzo, è il processo in studio, e l’effetto che ha sul live: “i dischi in studio sono dischi di plastica, finti, fatti con i computer, fatti spesso con dei software e con l'intelligenza artificiale. Io recentemente ho visitato studi di registrazione della nuova scuola dei produttori italiani: sono bianchi, sono algidi, luci a led, non c'è una chitarra, non c'è uno strumento. Non è che mi lamenti”, specifica. “Se non per il fatto che a me piacevano gli studi invece che avevano un odore, che avevano i segni del passaggio di altri musicisti. Questa specie di strapotere dei produttori genera una reazione inversa, che è quella della goduria della musica dal vivo, quindi il disco dal vivo si differenzia molto dal disco dal morto, dal disco fatto in studio”.

Lucio Corsi e gli album live nell’immaginario rock

C’è che gli artisti sembrano essere molto affezionati a questo formato, che ha un posto importante nella storia della musica, sia nelle versioni ufficiali, sia in quelle illegali - i bootleg - con cui diverse generazioni sono cresciute.  “Sono sempre stato molto affezionato a tanti dischi live, a tanti bootleg di Dylan, e ci sono tante versioni anche dei pezzi di Paolo Conte che amo”, racconta a Rockol Lucio Corsi,  che ha inciso “La chitarra nella roccia” all’Abbazia di San Galgano, in un luogo speciale - il film è stato presentato alla Festa del Cinema di Roma, l'album uscirà il 14 novembre. “Spesso amo di più la versione live che la versione del disco di alcune tracce. Penso anche ai live di Vasco, 'Fronte del palco', o 'The Last Waltz', o la 'Rolling Thunder Revue' di Dylan”, dice il cantautore.
Una costante delle conversazioni che ho avuto in questi giorni è proprio che le persone interpellate mi hanno immediatamente citato i loro album live preferiti come una parte essenziale della loro formazione musicale. Una tradizione a cui gli artisti vogliono prendere parte: "È una forma di album alla quale sono affezionato ed erano anni che volevo immortalare un concerto per fare il mio primo disco live”, mi spiega Corsi. "Questa era l'occasione giusta, anche perché questo tipo di approccio al live lo porto avanti da un po' di anni con i ragazzi che suonano con me da una vita, dal liceo. Era il momento giusto quest'anno per fermare questo tipo di concerto, e sono molto felice per l’uscita”.

Una chiave di lettura interessante arriva da Matteo Zanobini, che di Lucio Corsi è il manager, e lavora anche con Dario Brunori e Baustelle. Mi speiga che questo disco live viene promosso esattamente come un disco tradizionale e contemporaneamente è come una raccolta, che riassume la carriera di un artista - a maggior ragione quella di chi, dopo Sanremo, ha fatto un balzo in avanti. “È un modo per dare centralità alla musica, è giusto anche se non faremo delle vendite incredibili, ma serve a rimarcare con forza l'importanza del live attraverso una pubblicazione. Noi gli diamo la stessa importanza discografica di un progetto di inediti,  per noi ha la stessa dignità di un disco in studio”.
Zanonbini, che tra i suoi album preferiti mi cita “Live in Pankow” dei CCCP (“per me rimane il loro disco più bello”) sottolinea come l’evento particolare aiuti - in questo caso l'ambientazione nell’Abbazia di Galgano. Documentare un concerto in un luogo unico rende il disco più appetibile sia per il pubblico, sia per la casa discografica. Diventa ancora più facile da raccontare, magari con un film o un video collegato.

Paola Zukar, il rap e il live

Tra i concerti che sono stati registrati recentemente ci sono le date milanesi di Fabri Fibra e il tour negli stadi di Marracash. L’album live è un formato storicamente legato al rock, ma non è un’esclusiva del genere - anche se In altri campi ci sono comunque diversi fattori da tenere in considerazione. “Fare bene un live nel rap non è così automatico, perché soprattutto in Italia ci sono degli stereotipi”, racconta a Rockol Paola Zukar, manager di Marra e Fabri Fibra.
“La prima cosa che ti chiedono è ‘ma non c'è la band?’. Può non esserci tranquillamente ed essere un grande live: noi con Marra abbiamo suonato sia con la band sia senza. È una scelta. Uno veramente bravo che ci è riuscito per esempio è Salmo, che invece, proprio poiché viene anche da un passato punk, ha saputo ben calibrare questi due pesi”.
Il punto, secondo Zukar, è un altro: “Dipende anche molto dalle figure professionali che trovi sul tuo percorso, figure che sappiano fare bene il connubio tra rap in studio e rap sul palco. Serve una sorta di traduttore simultaneo, chiamiamolo così”, dice Zukar, che cita il lavoro di  Marz con Marracash e Zef con Fibra. “Per me è fondamentale il live, farlo bene e secondariamente anche registrarlo bene e metterlo fuori bene, perché dà un'ulteriore prospettiva, un ulteriore punto di vista sulle capacità artistiche del rapper, della band, dell’artista”. Zukar cita tra i suoi live preferiti “Paris” dei Supertramp e segnala i Public Enemy come esempio di rap che univa elementi di live e studio, che fusero in "It takes a nation of millions to hold us back".

Il valore discografico degli album live, tra catalogo e frontline

In questo scenario, che valore discografico hanno gli album dal vivo? Questa settimana al numero 4 degli album e al numero 2 dei vinili c’è “The luck and strange concerts” di David Gilmour.Ultimo Live Stadi 2024” è al 20°, con 22 settimane di permanenza e un picco al primo posto nella settimana di uscita. “Jova! Live! Love!” è 75°, con 17 settimane di permanenza in top 100. Apple Music li pubblica come esclusive, come quello di Gracie Abrams, in uscita a breve. "Cornucopia live" di Bjork appena uscito in versione regolare, era stato pubblicato in anteprima esclusiva sulla piattaforma di Apple. Operazioni simili sono state fatte in passato anche da Spotify e Amazon Music. I concerti, mi viene spiegato da diversi discografici, hanno il potere di rivitalizzare anche il catalogo - tant’è che quando non ci sono album live,  sulle piattaforme si trovano le setlist sottoforma di playlist.

Luca Fantacone, direttore del catalogo della Sony (che ha pubblicato Gilmour) sostiene che la maggiore presenza di uscite di album live è la diretta conseguenza della grande espansione live negli ultimi anni. “Lo sviluppo di questo business ha permesso anche a molti artisti di sviluppare a loro volta i live, la loro capacità di stare sul palco, di sviluppare delle idee sia dal punto di vista del show vero e proprio sia dal punto di vista musicale. Molti tour hanno generato degli show molto importanti, alcuni dei quali poi finiscono su album e quindi vengono pubblicati perché vanno a riconnettersi con un ampissimo pubblico che è venuto ai concerti”.

Secondo Marco Mircoli, Catalogue Manager in Universal: “Da una prospettiva squisitamente catalogica gli album dal vivo rappresentano una delle felici opportunità che vengono offerte al cliente per approfondire la (ri)scoperta di un artista. Al di là delle tendenze e dei formati, che disegnano cicli di vita e risurrezione dei prodotti, il catalogo musicale è uno scrigno che contiene il tesoro più importante per fan e collezionisti: l'arte, la creatività, l'evoluzione di un talento”. Mircoli parla di un “costante riscontro positivo dei clienti” ed elenca le pubblicazioni live di Universal nel 2025;  Supertramp, Cat Stevens, Florence & The Machine, Simple Minds, Dire Straits, Cypress Hill, Queen, Bono, Metallica, Elton John, Deep Purple, Cranberries, John Lennon e Peter Gabriel, con Stones e Guns N' Roses in arrivo prima di Natale. Prima ancora arriverà “Cremonini Live 25”, con il cantautore ospite della Milano Music Week, con un lancio che assomiglia in tutto e per tutto a quello di un album tradizionale - e che quindi promuoverà anche il tour 2026 dell’artista.

Insomma: gli album live non sono più, o non sono solo, oggetti da collezione per i fan. Sembrano avere ritrovato una vitalità - perdonate il gioco di parole - non solo nell’immaginario, ma anche nel mercato. Servono agli artisti per raccontarsi, sono tappe importanti della loro carriera, una testimonianza di momenti e tour. E funzionano. Dobbiamo aspettarci sempre più pubblicazioni di questo tipo, e sembra essere un bene per tutti, anche per il pubblico

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