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La canzone con cui gli Oasis celebrano il mondo ultrà

Nel tour di reunion durante “D’You Know What I Mean?” si vedono immagini di gruppi con fumogeni.
La canzone con cui gli Oasis celebrano il mondo ultrà

Quando Noel Gallagher scrisse “D’You Know What I Mean?”, brano pubblicato nel luglio del 1997 come primo singolo del terzo album degli Oasis “Be Here Now”, il pezzo esplose in classifica: 162.000 copie vendute in un giorno, 370.000 in una settimana e oltre 745.000 in totale, conquistando il disco di Platino in brevissimo tempo. Si apre con un muro di chitarre stratificate, effetti audio di elicotteri e uno scherzoso codice Morse che trasmette “Bugger all” (“un bel niente”), un’ironica firma sonora. Noel, famoso per la sua capacità di generare poesia rock da elementi no sense, ha ammesso: “Volevo scrivere una frase profonda, ma ho realizzato che un ritornello vago come ‘All my people right here, right now, d’you know what I mean? Yeah, yeah’ funzionasse comunque benissimo”.

Nel video ufficiale, la band si trova immersa in un’atmosfera post-apocalittica tra elicotteri e scenari desolati. Un’immagine oggi ribaltata e quasi reinterpretata nel tour di reunion, dove sul maxi-schermo scorrono visual di gruppi ultrà con bandiere e fumogeni, istantanee che amplificano l’effetto da inno collettivo che suggerisce il brano, trasmettendo un senso di comunità e non di inquietudine. Tra gli Oasis, il mondo del tifo e del calcio c’è un legame profondo: i due fratelli Gallagher sono supporter del Manchester City. Liam non perde mai occasione per prendere in giro i tifosi delle squadre avversarie. Noel, negli ultimi anni, compresa in questa tournée di reunion, ha sempre voluto alle sue spalle “a proteggerlo” un cartonato del mister Pep Guardiola, e ha dichiarato che il suo sostegno alla squadra risale agli anni ’70, quando suo padre lo portava a Maine Road, il vecchio stadio dei Citizens. Tanti degli elementi distintivi degli Oasis sono intrecciati alla storia del club, dai colori e la grafica del merchandising, e in generale a quella della subcultura da stadio, basti pensare a diversi elementi d’abbigliamento come il cappello alla pescatora o le giacche Stone Island, marchio oggi diventato di lusso e famoso in tutto il mondo anche grazie alla spinta dei gruppi ultras.

Nel film “Hooligans” del 2005 diversi protagonisti, per esempio, indossano capi del brand nato in Italia. I cori, l’aggregazione, l’unione, la follia, la sbruffonaggine, l’ironia: sembra quasi non ci siano gradi di separazione tra i fratelli Gallagher e i tifosi più caldi. È un universo variegato quello del mondo delle tifoserie organizzate, legato a radici working class, sociali e comunitarie, celebrato dagli Oasis non solo a livello estetico e di immaginario, ma anche di ritualità: basti pensare al cerimoniale del “Poznan” chiesto da Liam durante tutti i concerti prima dell’inizio di "Cigarettes & alcohol”. “D’You Know What I Mean?”, a quasi trent’anni dall’uscita, continua a incarnare quella sensazione di appartenenza e ribellione che oggi gli Oasis vogliono trasmettere innalzando quella passione radicale che per Pier Paolo Pasolini era l’ultimo rito sacro dei cittadini di oggi, un respiro autentico e vitale nell’oscura società dei consumi.

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