Luca Carboni “Forever”: i 40 anni del disco più cult di tutti

A livello internazionale il 1985 viene ricordato come l’anno nel quale i Tears For Fears si consacrarono con “Songs from the big chair” (quello di “Shout” e “Everybody wants to rule the world”), quello nel quale Sting debuttò da solista con “The dream of the blue turtles”, quello nel quale Prince reimmaginò la sua musica con “Around the World in a day” dopo il successo clamoroso di “Purple rain”, i Dire Straits spedirono nei negozi il loro best seller “Brothers in arms” e Mick Jagger si “sganciava” dai Rolling Stones con “She’s the boss”, mentre Bruce Springsteen continuava a cavalcare l’onda dell’exploit mondiale con “Born in the USA” e gli U2 quella di “The unforgettable fire”. E in Italia? Il 1985 fu senza dubbio l’anno di Claudio Baglioni e del suo “La vita è adesso”, ventisette settimane consecutive al primo posto nella Superclassifica di Tv Sorrisi e Canzoni, 800 mila copie vendute solo tra il giugno e il dicembre di quell’anno. Vasco Rossi archiviava i fatti di cronaca e le polemiche con “Cosa succede in città”, Gino Paoli e Ornella Vanoni univano le loro forze con il disco dal vivo “Insieme”, registrato durante la loro trionfale tournée in giro per l’Italia. Eros Ramazzotti con “Cuori agitati capitalizzava il successo dell’anno precedente a Sanremo, quando con “Terra promessa” aveva vinto il Festival tra le “Nuove proposte”, in attesa del ritorno all’Ariston con “Adesso tu”. Ma il 1985 nella discografia italiana fu anche l’anno in cui un giovane cantautore bolognese senza sgomitare e senza avere pretese da popstar prese per mano il cantautorato e lo accompagnò verso il Duemila, con un album destinato a diventare una sorta di culto. Il cantautore risponde al nome di Luca Carboni e l’ellepì in questione è “Forever”.
La scena bolognese degli Anni '80
Quando il 3 settembre 1985, esattamente quattro decenni fa, la Rca Italiana pubblicò “Forever” (intitolato come la parola in inglese pronunciata da Carlo Verdone e Eleonora Giorgi, con l’accento spostato in avanti, “fòrever”, in “Borotalco”, tre anni prima), Luca Carboni ha quasi 23 anni. Nato e cresciuto a Bologna, quarto di cinque figli (tre maschi e due femmine), figlio di un impiegato in un’azienda di carrozzine e giocattoli per bambini e di una casalinga, ha esordito l’anno precedente con un 33 giri intitolato “…Intanto Dustin Hoffman non sbaglia un film”, preso sotto la loro ala protettiva da Lucio Dalla e Gaetano Curreri degli Stadio dopo aver militato per anni nei Teobaldi Rock, una delle formazioni più attive nella scena punk e new wave bolognese di quegli anni. «Quando nel 1981 incontrai per la prima volta Lucio avevo 19 anni ed ero un giovane musicista della scena bolognese in cerca della svolta. Avevo saputo che dopo la mezzanotte la trattoria Da Vito, nel cuore popolare della città, si trasformava in un ritrovo di artisti che restavano a bere fino all’alba. Lo trovai seduto accanto agli Stadio: erano intenti a discutere sull’esigenza di trovare nuovi autori per le canzoni del gruppo. Mi feci avanti. Gli diedi una busta con dentro alcuni testi che avevo scritto e il mio numero. Lucio l’aprì, diede un’occhiata a quei fogli e li passò a Curreri», avrebbe ricordato anni dopo Carboni, che l’11 novembre in occasione del concerto-evento al Forum di Assago di sicuro non mancherà di celebrare l’anniversario del disco. “Fragole buone buone”, uno dei singoli estratti dall’album d’esordio, gli ha permesso di ottenere non pochi passaggi radiofonici e di ritagliarsi un posto di rilievo tra i nuovi idoli degli under 30. Con “Forever” Luca Carboni è chiamato a confermarsi. Al fianco del giovane cantautore bolognese ci sono di nuovo gli angeli custodi Lucio Dalla e Gaetano Curreri, che fanno i coristi in “Ci sei perché” (il frontman degli Stadio ne firma la musica), una delle otto canzoni contenute nel disco. Dalla compare, sempre come corista, anche ne “Le nostre parole”. L’album viene registrato negli studi della Fonoprint a Bologna, prodotto, come il precedente, da Roberto Costa, già fonico degli Stadio e di Dalla, ma anche di Ron e di Ivan Graziani.
Niente proclami: solo tanta tenerezza
Come singolo di traino viene scelto “Sarà un uomo”, che è anche il brano che apre l’album: è una ballata di cinque minuti e passa di durata - cinque minuti e sedici secondi, per l’esattezza - in cui Carboni immagina un futuro problematico, strizzando l’occhio al maestro Dalla. Al 2000 mancavano “solo” quindici anni, nel 1985, e nell’immaginario collettivo montava la cuoriosità intorno al nuovo millennio. Nove anni prima dell’uscita di “Forever” nella sua “Il motore del 2000” la voce di “Futura” con quelle sue visioni da cantastorie e da osservatore occulto della società aveva descritto il nuovo millennio con ironia e disincanto, come il millennio in cui l’innovazione tecnologica sarebbe stata vissuta come promessa di un progresso illimitato. In “Sarà un uomo” Carboni immagina il futuro con più tenerezza, con più incertezza, tra la nostalgia per la genuinità di abitudini obsolete («Stanno già salutando quelli nati senza televisione») e la curiosità per il nuovo («E la dance che ci fa adesso ballare sarà un rumore lontano»). “Sarà un uomo” è a tutti gli effetti la “focus song”, come direbbero quelli bravi, di “Forever”: più di “Ci sei perché” (unico degli otto brani di cui Carboni non firma testo e musica, quest’ultima composta da Gaetano Curreri), de “Le nostre parole” e di quella “Sugo” che deve il suo titolo a una statua presente all’oratorio di Bologna in cui il cantautore giovava da bambino, raffigurante Sant’Ugo, la cui dicitura era letta dagli altri bambini senza tenere conto della punteggiatura e quindi confondendola col sostantivo maschile “sugo”). Dentro “Sarà un uomo” c’è tutta l’essenza di “Forever”, un disco sospeso tra new wave, synth brillanti e una scrittura cantautorale molto personale, quella che farà di Carboni una sorta di padre putativo del cantautorato disimpegnato degli Anni Duemiladieci, con disposizione alla riflessione e parecchia tenerezza, lontano dai grandi proclami del cantautorato Anni ’70, ormai démodé (per la cronaca: sempre nel settembre del 1985 la Rca Italiana pubblica “Scacchi e tarocchi”, l’album che segna il grande ritorno di Francesco De Gregori dopo tre anni da “Titanic”, contenente quella “La storia” destinata a diventare un evergreen).
L'impatto del disco
Ripubblicato lo scorso anno in vinile bianco e nero (prima edizione in vinile colorato) da 180 grammi autografato, “Forever” fu per Luca Carboni un disco di transizione che anticipò la svolta di due anni più tardi con l’eponimo “Luca Carboni”, il disco della consacrazione con “Silvia lo sai” e “Farfallina”. Quando nel 2015, a distanza di trent’anni da “Forever”, il cantautore pubblicherà “Pop-up”, lo definirà una sorta di sequel del disco del 1985: «Quello che rimane per sempre è la voglia di raccontare innanzitutto, e poi, entrando nel racconto, la voglia di raccontare il proprio tempo - dirà - all’epoca, ero un ragazzino che raccontava, in qualche modo, la sua generazione, e anche lo stupore del mondo che stava cambiando. Ma alla fine le cose cambiano sempre: quindi, anche dopo trent’anni, hai ancora lo stupore; la voglia di fermare quello che stai sentendo, i cambiamenti che stai vivendo. Cambia tutto, ma non il bisogno di raccontare».