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Con “Cuore rotto” Tiziano Ferro si libera del mito di sé stesso

Non chiamatelo “leggenda”: dopo vent’anni di carriera il cantautore riparte da capo. Sul serio.
Con “Cuore rotto” Tiziano Ferro si libera del mito di sé stesso
Credits: Andrea Bianchera

Alla fine del videoclip di “Cuore rotto”, il singolo che segna il suo ritorno sulle scene a tre anni dall’ultimo album “Il mondo è nostro”, dopo un cambio di etichetta (da Universal a Sugar) e uno di management (finito il rapporto con lo storico manager Fabrizio Giannini ora il cantautore di Latina ha iniziato a lavorare insieme a Paola Zukar, “la signora del rap italiano”, già dietro a Fabri Fibra, Marracash, Madame), Tiziano Ferro si straccia la t-shirt con la scritta “Legend” che indossava fino ad allora. Sembra un dettaglio di poco conto, ma non è una casualità: l’immagine assume un forte significato simbolico, in questa fase della vita e della carriera della voce di “Non me lo so spiegare”. Dopo oltre vent’anni di attività discografica, otto album di inediti incisi, 20 milioni di dischi venduti, Ferro torna a mettersi in gioco in quello che ha tutta l’aria di essere un nuovo inizio. Un inizio che però tiene conto di quello che c’è stato prima.

Tra r&b e elettronica

“Cuore rotto” segna un ritorno di Ferro alle sonorità e alle atmosfere degli esordi, tra r&b, hip hop ed elettronica, spostando le lancette del tempo indietro di vent’anni per tornare al 2001 di “Rosso relativo” o al 2003 di “111”, prima della svolta più cantautorale di fine Anni Duemila. Non è la prima volta che Ferro recupera le influenze “americane” degli esordi: lo fece già nel 2016 con “Il mestiere della vita”, prima di coronare con il successivo “Accetto miracoli”, nel 2019, il sogno di una vita, quello di farsi produrre da Timbaland (il guru della musica urban a stelle e strisce degli Anni ’90 e Duemila, artefice dei suoni dei dischi di Aaliyah, Jay-Z, Missy Elliott, quelli che il cantautore di Latina consumò da ragazzino e la cui influenza rielaborò in “Xdono”, “Xverso”, “Rosso relativo”, “Le cose che non dici”, “L’olimpiade”). A Los Angeles, dove si era trasferito prima dell’uscita de “Il mestiere della vita”, lasciandosi trascinare dalle produzioni della East Coast Ferro aveva riscoperto in qualche modo il proprio Dna musicale, tra beat, soul, elettronica, black e r&b.

Un'operazione rischiosa?

Se era rischioso in quella fase della sua storia tornare a giocare con i suoni degli esordi, oggi che Ferro ha sulle spalle altri dieci anni di carriera - e di vita - lo è ancor di più. Lì a supportarlo nella riscoperta della sua parte «più adolescenziale e primordiale», definizione sua, c’era ancora Michele Canova, il produttore che forgiò l’estetica sonora di “Rosso relativo” e “111” e che accompagnò il cantautore di Latina anche nelle successive svolte. Stavolta al suo fianco di sono due producer del circuito rap italiano come Marz e Zef, ovvero Stefano Tognini e Alessandro Pulga, classe 1990 il primo e 1989 il secondo, già al fianco di Marracash, Fabri Fibra, Guè e gran parte dei protagonisti della scena. Insieme a loro c’è anche Marco Sonzini, ingegnere del suono italiano, ma di stanza a Los Angeles, con il quale Ferro collabora da tempo: è l’elemento di continuità rispetto all’ultimo album del cantautore, di cui aveva curato gran parte della produzione. «Con Marz e Zef mi sono sentito subito in sintonia, una sorta di magia che ha reso più semplice e senza timori la ricerca della direzione giusta da prendere per un brano per me così importante. Lavorare con un nuovo team mi ha dato l’opportunità di guardare con occhi nuovi a quello che faccio, è stata l’occasione per cambiare alcuni aspetti del lavoro ed innamorarmi nuovamente del mestiere della musica», fa sapere lui, che nel videoclip di “Cuore rotto” si aggira dentro il salone di una casa elegantissima armato di mazza da baseball, colpendo tutto ciò che gli capiti a tiro, compresi i Dischi d’oro e di platino appesi alle pareti. «Avevo bisogno di te come un angelo bianco, come vergine o santo, come chi non ha fede», canta nei primi versi del singolo, rendendo subito pubblico il privato.

Tempo di scrivere un nuovo capitolo

È anche mescolando r&b, rabbia e frustrazione, ma veicolandola in maniera diversa che all’epoca, che il brano - scritto di suo pugno - vede Ferro riagganciarsi ai suoi esordi: «È il suono di un amore distrutto», recita un altro verso, che diventa una mini-recensione della canzone stessa, «scritta perché i dolori e il rancore adesso ci faranno ballare». Stracciandosi la t-shirt con su scritto “Legend”, “leggenda”, Tiziano Ferro sembra fare tabula rasa: è tempo di scrivere un nuovo capitolo. La devastazione ha risparmiato solamente un oggetto, nel salone di casa: un pianoforte a mezza coda. Ferro lo accarezza, ci si siede e comincia a suonare un giro di accordi: somiglia all’inizio di qualcosa di già nuovo. E forse lo è. 

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