Quelli che hanno fatto Rockol (parte 3)

Valeria Mazzucca

E’ successo che Franco Zanetti mi ha chiamata, chiedendomi (“anche poche righe, ma meglio se alla svelta”) per fare gli auguri a Rockol che compie 30 anni. E se il direttore ti chiama sai che qualcosa sta bollendo in pentola. Come quella sera di febbraio in cui sradicò in pochi secondi ogni mia (in)sicurezza di ventenne apprendista giornalista musicale dicendomi “ci sarebbe da andare un paio di giorni al Festival di Sanremo… domani”.
“Svengo un attimo e faccio le valigie”, risposi.
O come quell’altra volta che mi disse di seguirlo a incontrare il famoso artista, per poi scriverne un articolo: tra i corridoi deserti della casa discografica assistetti a quella che ricordo come l’intervista perfetta, fitta di domande attente, pertinenti e interessanti al punto da ammantare l’intervistato stesso di uno spessore culturale non propriamente suo. Incredibili finezze retoriche.
“Ma allora è cosi che si fa un’intervista”, mi dissi.
Mi torna poi in mente di quando Gianni Sibilla, per pietà, ora lo so, acconsentì a portami con sé alla conferenza del mio grande amore adolescenziale pace all’anima sua, correndo il rischio che questa ragazzina impazzisse chiedendo autografi, fotografie, baci, abbracci, la mano in sposo! Gianni azzardò, ma Chris non mi sposò.
Allora a valanga si susseguono nella mente le recensioni composte a tarda notte, di ritorno dai concerti, le corse per raggiungere in tempo gli showcase, le anteprime, gli incontri con artisti sconosciuti e con gli artisti notissimi. Le preziose amicizie nate in redazione. Le fonti da controllare e ricontrollare. I refusi, i maledetti refusi che compaiono solo quando hai appena pubblicato l’articolo. La paura di svegliarsi la mattina e scoprire che… Mick Jagger è morto!
Mick Jagger non è morto (tiè tiè tiè) come non è morta la mia passione per il giornale, che spegne con vigore e fierezza ben 30 candeline.
Dunque, tanti auguri a Rockol, inscalfibile tempio delle nostre certezze musicali!
Gigio Rancilio

Trent’anni sono un bel pezzo di vita. Per me la nascita di Rockol è legata a un’immagine precisa: quando sulla scrivania di casa mia disegnai su un foglio di carta (allora eravamo tutti più analogici che digitali) le sezioni che avrebbero composto il sito. E quella che più mi stava a cuore era dedicata all’industria musicale. Trent’anni dopo sono grato a Giampiero, Sergio, Marco e Max per avermi dato l’opportunità di farlo nascere e crescere insieme. Allora era un neonato fragile, oggi è un adulto con una credibilità, un seguito e una storia che fa invidia a molti. Una storia che non sarebbe nulla se non ci fossero state quelle persone e tante altre dopo di loro a fare ogni giorno più grande Rockol. Ma soprattutto se non ci fossero stati i lettori che ancora oggi dimostrano di apprezzarlo con un affetto non scontato.
Ivano Rebustini

Cerchi Rebustini, trovi Alan Sorrenti (e solo un patito della notissima fiction in salsa partenopea avrebbe potuto scrivere, e l’ha fatto, “ennesimo tentativo di ritrovare - da bravo napoletano - un posto al sole” a proposito dei suoi “ultimi domicili conosciuti”). E poi il “Salvadanaio” del Banco e “il disco che cambiò la carriera di Francesco De Gregori” (trattasi di “Rimmel”), il primo album di Lucio Battisti con la Numero Uno (che tradimento occuparsi di “Umanamente uomo: il sogno” per chi ha scritto un libro sui cinque “bianchi”…) e “il concept album perfetto di Fabrizio De André” (a detta del Rebustini, si avvicina alla perfezione anche la sua rece di “Tutti morimmo a stento”), finendo – ma soltanto per non tediarvi – con il viaggio di Claudio Baglioni sulla Camilla gialla in “Gira che ti rigira amore bello” e addirittura con “Walls and Bridges” di John Lennon.
Eh, sì, cerchi Rebustini e trovi tutte le tappe del trekking che l’ha visto in marcia insieme a questo (o questa? In effetti, non è detto che il gender di Rockol sia il più ovvio) baldo trentenne, al quale vanno auguri e ringraziamenti per esserci, e anche per aver gelosamente conservato tutto il conservabile, perfino una doppia rievocazione del Garbo di “A Berlino… va bene” e “Scortati”. Ma adesso basta, il festeggiante non tolga spazio al festeggiato: buon Rockol a tutte e tutti, e a nessuno venga mai in mente di cambiargli il nome in Trapol.
Valeria Rusconi

Anno 2000. La musica come un’ossessione e all’improvviso è anche un lavoro. Venticinque anni fa e sembra quasi uno scherzo (miracoloso) del destino a pensarci ora, esattamente come il fatto che Rockol ci sia ancora per come ogni cosa, in ogni ambito, sia stravolto. Quando arrivo negli uffici di Milano – un appartamento trasformato in redazione – incontro subito due compagni di banco che potrei chiamare, invece di usare i loro nomi di battesimo, con quelli dei loro gruppi preferiti: Pavement e Radiohead. Sarà la cosa migliore che troverò lì, insieme all’apprendimento della corretta grafia della parola “perché”. E poi: il sentimento westernato di Bugo, l’esordio di Tricarico, la gioia nera dei Prozac+, Manuel Agnelli intervistato a casa sua con il compagno Radiohead, il primo disastroso incontro con i Placebo, le conferenze stampa con gli artisti in carne ossa (da Robert Plant a Britney Spears), che adesso non si sa più che forma abbiano, vivendo essenzialmente dentro profili Instagram. Venticinque anni fa, e tutto è così diverso – dicevamo – che a guardarlo da seicento chilometri di distanza, dalla mia nuova (ormai vecchia) redazione, è guardare un’altra vita. E allora, che la musica continui a suonare.
P.S. Nella foto che allego, oltre le mie spalle, c’è un curioso photobombing. Chi lo indovina, vince uno stage (retribuito) a Rockol.
Sofia Santori

Qualche tempo fa leggevo che intorno ai quarant’anni si comincia a percepire la propria vita come un insieme di capitoli, di vite dentro una vita. Sul momento mi è sembrata una banalità, poi però ho iniziato a intravedere tutte le vite vissute fino ad oggi e ognuna aveva un titolo quasi fosse un capitolo di un libro.
La mia vita ai tempi di Rockol potrebbe chiamarsi “gli anni di Milano”. Ormai da una dozzina d’anni non vivo più in città e -a dirla tutta- neppure più in Italia. Per gli anni di Milano però nutro un particolare affetto. Era una Milano un po’ diversa ma soprattutto lo ero io. In quegli anni ho lavorato in diversi ambiti che ruotano intorno allo spettacolo e tra questi, Rockol.
Mi è stato chiesto se ricordo un aneddoto particolare del mio lavoro in redazione: uno specifico no, ma tanti pezzetti si raccolgono nella mia memoria. Le lunghe camminate per arrivare in ufficio di mattina presto. Il giornalaio dal quale ci rifornivamo di quotidiani e riviste. Il mitico custode del palazzo, con la sua camicetta azzurra. Il bar delle pause pranzo. Gli scalini che fungevano da soglia tra il mondo di fuori e il mondo della redazione e poi, naturalmente, i colleghi. La parete di cd. Il computer che a volte si incantava; con tattica altamente informatizzata gli davo due pacche e in genere ripartiva. Franco Zanetti che emergeva dal suo ufficio per avvisarci di un refuso, creando una bolla di alcuni secondi di totale silenzio: chi non aveva riletto prima di premere invio?
Rockol è stato uno dei pochi posti di lavoro in cui mi sono sentita subito accolta. Ho imparato moltissimo anche grazie a un clima attento ma disteso.
Fuori dalla redazione ricordo le interviste: una in particolare, alle due del pomeriggio. Metà della band era già discretamente ubriaca e portarla a termine è stata un’impresa. Mi ricordo seduta alla scrivania a riascoltarla con le cuffiette e un ghigno divertito, cercando di tirarne fuori qualcosa. Ne ricordo molte altre però di artisti lucidi, cordiali e professionali, gentili anche verso una ragazza poco più che ventenne che quel lavoro lo stava imparando un pezzo alla volta. Il mio registratore a batterie -tra l’altro- ancora lo conservo. Forse là dentro c’è ancora qualche intervista d’epoca…
Infine, permettetemi la parentesi a colori pastello: degli anni di Rockol ricordo la nascita di mia figlia. Mi commosse vedere un breve articolo di benvenuta pubblicato sul sito da parte dei colleghi. Ho anticipato largamente quello che in era covid sarebbe stato il celebratissimo “smart working” lavorando da casa prima del suo arrivo, così come per un breve periodo anche dopo. Oggi quella figlia è ormai sempre più vicina alla maggiore età, prende treni, manifesta sventolando bandiere, vuole tingersi i capelli e va ai concerti. Ha un gusto musicale molto più vario e interessante del mio, non escludo che tra le cause ci sia uno svezzamento artistico a base di Rockol sin da prima della nascita.
Ringrazio ancora, a distanza di anni, Giampiero, Franco e tutta la redazione per questa esperienza che mi ha insegnato davvero tanto. “Gli anni di Milano” non avrebbero lo stesso sapore senza l’avventura a Rockol.
Andrea Scarpa

Prima del 1995, in Italia, una piattaforma digitale d'informazione musicale come Rockol non c'era. Notizie a 360 gradi, interviste, video e info sui tour e su tutto quello che animava il panorama rock nazionale e internazionale, in un unico contenitore, non s'erano mai viste. Non così, almeno: con un approccio creativo, corsaro e sempre - tenetevi forte - con la schiena dritta. Per me diventò subito un appuntamento quotidiano. Così quando quasi due anni dopo Luca Bernini - amico fraterno e collega dalle idee sempre scoppiettanti e originali - mi chiese se volevo collaborare all'impresa, accettai al volo. Mi presentò Franco Zanetti, il capo della baracca dalle visioni pirotecniche e trasversali, e cominciai subito. Grazie a lui e a Luca per un paio di anni mi sono divertito a scrivere e a leggere di tutto. Insomma, una storia da raccontare. Che oggi, trent'anni dopo, c'è ancora, è cresciuta e va che è una bellezza. Auguri ragazzi, fate i bravi! Daje tutta!! W Rockol!!!
Max Stefani

Nella primavera del 1995 con Giampiero Di Carlo (Gipì) decidiamo di saltare nella Rete e creiamo ‘Rock On Line’. Lui si occupa della gestione dei contenuti, e di farlo funzionare, io di cercare soldi e di farlo conoscere in giro. Prima usiamo la redazione milanese del Mucchio, poi prendiamo un ufficetto con una segretaria molto... attraente. La cosa va avanti bene ma dopo qualche tempo Giampiero si rende conto che il mio apporto è quasi nullo e che non faccio niente per arricchire il sito (cosa del resto vera, ma il Mucchio settimanale mi assorbiva completamente) ed a forza di aumentare il capitale sociale... mi trovo fuori. Anche con qualche screzio evitabile. Ma lo capisco. Senza nessun rancore. Mi sostituisce con Franco Zanetti, decisamente più propositivo al punto che è ancora oggi lì. Incredibile siano passati già 30 anni! Rockol resta comunque una delle mie medaglie al valore.
Andrea 'Teskio' Paoli

Rockol compie 30: wow! Quando Franco (Zanetti) mi ha scritto per chiedermi di buttar giù due righe in merito alle celebrazioni, data la mia pregressa collaborazione con la testata giornalistica, non mi ero reso conto di quanto fosse “vecchia” Rockol… Scherzo, Franco! Se torno indietro con la memoria, ricordo che il breve periodo — parliamo del 2000-2001 — nel quale collaborai fu alquanto interessante per il sottoscritto. Ero appena entrato in redazione a “Rocksound”, rivista cartacea ormai defunta da anni, e per qualche motivo riuscii a instaurare una collaborazione con Franco, Gianni e il resto della banda. Mi occupavo di recensire dischi metal, genere che in quel periodo era davvero nelle mie corde. E devo dire che la cosa mi divertì parecchio (e pagava pure bene, diciamolo!). Ricordo alcune riunioni di redazione con parecchi colleghi giornalisti, tutti appassionati. Ma ricordo soprattutto la verve di Franco, la sua attenzione per come si scriveva un pezzo. Ammetto che i miei testi non erano proprio perfetti, ma quella che imparai a Rockol fu una lezione importante che ancora oggi mi porto dietro. Purtroppo, gli impegni sempre più pressanti con l’altra testata citata poco sopra mi portarono a interrompere la collaborazione, ma ricordo ancora con affetto quei momenti. Ragion per cui: tanti auguri, Rockol. Ci risentiamo per i 50?
Claudio Todesco

Non ricordo l’anno, ricordo però il suono del primi modem, il gracchiare primitivo, il mistero insondabile del rumore bianco, le raffiche allarmanti di bip, il sollievo nel verificare che il collegamento era andato a buon fine e finalmente si navigava. Ricordo anche le bollette, Internet passava dai cavi telefonici, non c’erano tariffe flat, si pagava tutto, anche la lentezza della linea, soprattutto la lentezza della linea. Che in quel periodo, anzi prima, a qualcuno venisse in mente di lanciare un sito musicale è ancora oggi una cosa che non mi so spiegare. Noi appassionati di musica tutt’al più discutevamo di persona o su antiche riviste di carta dei pregi e dei difetti dei compact disc rispetto ai vinili. Era tutta la tecnologia che potevamo permetterci con la nostra immaginazione. Con Rockol ho cominciato a collaborare molti anni dopo, nel 2013. Lui era maggiorenne, io avevo l’ADSL e i modem a 56k erano archeologia digitale, come i CD-Rom. Sono stati pochi anni, ma pieni di belle cose. Di chi l’ha fondato, di chi lo guida, di chi ci lavora ho sempre sentito parlare bene e ho capito perché dopo averci collaborato. Anni fa John Lydon m’ha detto in un’intervista fatta proprio per Rockol quant’è importante per lui lavorare con gente che non gli avvelena la vita. Ha ragione. Ricordo che parlandone usai incautamente l’espressione “nice people”. Lydon tirò fuori una delle sue incredibili risate e con una vocetta che non vi dico mi spiegò che l’aggettivo “nice” lo usano solo le nonnine per elogiare la loro bella torta di mele. Grazie Rockol, senza di te non sarei mai stato preso per il culo dal cantante dei Sex Pistols.
Andrea Valentini

Arruolato nel marzo 2010 e congedato nel marzo 2020.
Negli anni Ottanta e primi Novanta del secolo scorso, per far credere di essere dei duri, si diceva: “Ho fatto il militare a Cuneo”.
Dalla fine della leva obbligatoria, l’equivalente è diventato: “Ho fatto i turni redazionali di notte per Rockol”.
Change my mind.
Auguri!
Alessandra Zacchino

Non so voi, ma io quando arriva una chiamata da un numero che non ho in rubrica penso subito che si tratti di qualcuno che vuole affibbiarmi l’ennesima offerta telefonica/gas/luce/fibra ecc.
Con grande sorpresa a chiamarmi è Franco Zanetti per il quale ho avuto il piacere di lavorare dal 2000 al 2012. Mi dice che sono passati 30 anni dalla nascita di Rockol! 30 anni? 30 anni tondi tondi! Wow! La mia mente si sgancia subito dall’idea di avere giga illimitati all-inclusive con batteria di pentole e bici con cambio Shimano ed inizia a vagare nei ricordi di quegli anni: il passaggio in redazione per la lista dei dischi nuovi da recensire, il festival ad Ibiza per intervistare Chaka Khan, l’incontro con Jay-Z a Milano, l’attesa fuori dalla Corte Federale di Manhattan durante il processo a Puff Daddy per possesso illegale d’arma da fuoco, ma soprattutto ascoltare la musica e cercare di trasmettere il proprio entusiasmo o talvolta, la delusione.
Non c’è “A.I.” che tenga quando sei chiamato a raccontare una nuova storia o la visione di un artista nel suo più recente progetto discografico. In quegli anni mi sono occupata di R&B e Hip Hop, generi che dominavano la scena soprattutto americana. Dai noi erano ancora un po’ “di nicchia”, ma, con l’avvento dello streaming, il rap in Italia ha preso piede definitivamente. Noi della “generazione Napster” e dei motori di ricerca del paleolitico abbiamo apprezzato la velocità di fruizione e di ricerca delle notizie e delle nuove uscite, faticando certamente molto meno per “essere sul pezzo”!
Rockol in questi 30 anni ha saputo navigare con curiosità ed entusiasmo nel mare dei cambiamenti musicali, restando sempre una fonte autorevole e attendibile!
Tanti auguri Rockol! Ai prossimi 30!