Quelli che fanno Rockol (parte 2)

Mattia Marzi

Febbraio 2013. Sono seduto su un Frecciarossa direzione Milano Centrale. Ho 18 anni da quattro mesi. E un sogno. Che si sta per avverare. Scrivere di musica. Non la musica, ma di musica: fare il giornalista musicale. Voglio andare ai concerti gratis, ricevere cd dalle case discografiche (e smettere di spendere decine di euro al mese per acquistarli), intervistare gli artisti, sfamare le mie curiosità. Finora l’ho fatto per puro divertimento, sul giornalino di scuola, su un blog che ho pensato bene di aprirmi per improvvisarmi critico (termine che oggi, mentre scrivo queste righe, mi suona ottocentesco) e su un giornale realizzato da studenti dei licei di tutta Italia (voglio menzionarlo perché è una realtà importantissima: si chiama Zai.Net ed è un laboratorio che non ha eguali in Italia). Ma ora voglio farne un lavoro. Quantomeno provarci.
A Milano sto per andare a incontrare Franco Zanetti, il direttore di Rockol, il sito di musica più importante in Italia: una vera e propria autorità. Gli ho mandato una mail qualche settimana fa, allegando alcuni articoli che mi sono divertito a scrivere, proponendomi per una collaborazione. Pochi giorni dopo ho ricevuto una telefonata: Zanetti aveva letto la mia mail e si era detto disposto a incontrarmi. «Scrivi bene, nonostante tu sia giovanissimo. E soprattutto scrivi in italiano, una dote rara anche tra chi ha molti più anni di te e più esperienza», mi ha detto al telefono. Sarà stato sincero? Oppure è semplicemente cortese? Chissà. Intanto mi ha affidato una serie di articoli di prova da scrivere, in vista dell’incontro: ho dovuto ripulire una serie infinita di comunicati stampa dai toni enfatici utilizzati dagli uffici stampa, riportando semplicemente le notizie. Ci ho lavorato preparando le interrogazioni e i compiti in classe di latino, storia e filosofia. Li ho stampati e li ho portati con me a Milano, per consegnarglieli di persona. «Avrò fatto un buon lavoro?», mi domando. Lo scoprirò tra poco.
L’appuntamento è all’ingresso dei binari della Stazione Centrale di Milano. Zanetti mi ha detto che lo avrei riconosciuto per via del colore della montatura degli occhiali, arancione. In pendant con le scarpe. Lo vedo da lontano e penso: «Deve essere un tipo bizzarro». È in partenza per Sanremo, dove tra qualche giorno seguirà il Festival di Sanremo. Ha un paio di ore da dedicarmi. Ci spostiamo in un bar appena fuori la stazione. A Milano il cielo è grigio e fa freddo. La città, a primo impatto, per come si presenta, mi mette paura. In testa ho una canzone: “Milano e Vincenzo” di Alberto Fortis. Nel brano, Fortis si rivolgeva al suo ex discografico, Vincenzo Micocci della It, reo di non averne valorizzato il talento, costringendo il cantautore a sciogliere il contratto, a lasciare Roma (dove si era trasferito) e a cercare fortuna a Milano: «Oh Milano, sono contento che ci sei / Vincenzo dice che sei fredda / frenetica, senza pietà / ma è cretino e poi vive a Roma, che ne sa?», cantava Fortis. Io, però, sto dalla parte di Vincenzo: Milano è davvero fredda, frenetica e senza pietà. Ma quel bar mi fa sentire a casa: è un locale in cui il tempo sembra essersi fermato, un vecchio locale con arredi datati.
Ci raggiunge anche Davide Poliani, capo dell’area “news” di Rockol. È a lui che Zanetti chiede di leggere, dopo qualche chiacchiera introduttiva, gli articoli che mi ha chiesto di trarre dai comunicati stampa. «Che genere di musica ascolti?», mi chiedono. Rispondo in maniera sincera: «Pop. Soprattutto quello italiano». Zanetti va dritto al punto: «Rockol attualmente non ha nessun collaboratore a Roma. E non ha nessun collaboratore che si occupi di musica pop italiana, un settore che vorremmo iniziare a coprire. Potresti occupartene tu». Non realizzo. Non parliamo di soldi, non parliamo di ore e di mole di lavoro. Niente di tutto questo. A me sembra già incredibile essere venuto a Milano a incontrare il direttore di Rockol e aver ricevuto la sua disponibilità a farmi scrivere sul suo sito. Lui, invece, vuole capire di che pasta sono fatto, se ho la stoffa giusta e quanto (e se) può contare su un neo diciottenne che deve ancora affrontare l’esame di maturità, con tutto ciò che ne consegue («Quando e quanto potrà scrivere, se la mattina va a scuola e il pomeriggio deve preparare interrogazioni ed esami? E quando andrà all’università, come gestirà gli impegni?», si chiede). Ci salutiamo con la promessa di aggiornarci dopo il Festival di Sanremo. Torno a Roma con un senso di incredulità e di stordimento. Non l’ho ancora capito, ma la mia avventura professionale è appena cominciata.
Pochi giorni dopo, Rockol mi chiederà di seguire la conferenza stampa di presentazione del nuovo album di un importante artista italiano: è Renato Zero. Così il 7 marzo 2013 mi presento fuori dal leggendario Piper di via Tagliamento, la location scelta dal mitico Re dei Sorcini per presentare il suo disco. L’ufficio stampa mi fa firmare uno strano foglio. Sopra c’è scritto «embargo fino alle ore 14 dell’8 marzo». Non so neanche cosa voglia dire "embargo”, ma nel dubbio firmo. Davide Poliani mi spiegherà poi che si tratta del divieto di diffondere una notizia sino a una determinata scadenza, scelta dall’ufficio stampa. L’articolo tratto da quella conferenza stampa esce alle 14.25 dell’8 marzo 2013, il giorno successivo: è il primo articolo a mia firma pubblicato su Rockol. A rileggerlo oggi provo imbarazzo, ma anche tanta tenerezza per quel ragazzino partito da Roma con un Frecciarossa direzione Milano Centrale, con tanti sogni in tasca da realizzare.
Non sarò mai sufficientemente grato a Rockol per averli realizzati.
Biagio Micali

Rockol è il vettore che unisce i protagonisti dell’industria musicale italiana, che essi siano artisti, discografici, promoter o fan.
L’impegno e la serietà della testata nell’ambito della divulgazione culturale permette ogni giorno la diffusione di informazioni di valore, supportando il lavoro e alimentando la passione di migliaia di lettori.
Tanti auguri Rockol per i tuoi 30 anni, e congratulazioni per questo traguardo!
Andrea Mora

Fin dal primo contatto con Rockol ho avuto l’impressione di confrontarmi con persone di altissimo profilo, sia dal punto di vista professionale sia sotto il profilo etico e morale.
L’obiettivo di fare business insieme si è trasformato fin da subito in un grande piacere, accompagnato da un forte senso di responsabilità — due qualità non scontate nel mondo del publishing digitale.
Rockol si è sempre distinta per lucidità e la capacità di leggere le situazioni, non soltanto all'interno della propria industria ma anche in contesti apparentemente distanti.
Faccio i migliori auguri a Rockol per questo splendido anniversario e mando un abbraccio a tutto il team, che con dedizione si impegna affinché l’azienda continui a incarnare i valori dichiarati nel suo Codice Etico.
Simona Orlando

Sono stata innanzitutto lettrice di Rockol, continuo ad esserlo anche ora che ci collaboro. Perché? È un sito novecentesco, per quanto suoni un ossimoro. Usa la velocità senza che questo vada a scapito dell’informazione; insegue la completezza segnalando autori/produttori/arrangiatori e tutti quelli che le piattaforme digitali cancellano nel silenzio generale (che vuoi che sia? Hanno solo forgiato il disco, spesso più di chi lo interpreta); continua a citare le fonti (un amore non ricambiato: lo scippo dei pezzi altrui è uno sport frequentatissimo); non va a caccia di gossip né di clic, non strilla, non punta sulle foto, e nemmeno chiede l’abbonamento. È una forma di pazzia. Pazzia professionale, per mantenersi sani. Su Rockol puoi ancora scrivere di qualche artista, sapendo che non finirà fra le news più lette del giorno. E dai vertici, non arriveranno lamentele. Anzi, lo scavo archeologico, l’esercizio della memoria, è una pratica incoraggiata. Insomma, è l’antitesi del sito di tendenza: il cool, qui, è quella cosa che uno si fa.
Da questo cantuccio del web si tratta la musica come se fosse un incontro bilaterale, un summit mondiale, una riforma costituzionale, un’elezione del conclave. Cioè, è una materia importante, direi vitale. Si maneggia come nel Novecento, appunto, quando la musica non era un sottofondo né un iperdiscount e dialogava più con il cinema e la letteratura che con la moda e la pubblicità, e i dettagli, l’approfondimento, suscitavano più esaltazione che noia.
Rockol nasceva quando usciva “The Bends” e pronunciavamo il nome dei Radiohead a bassa voce per paura che lo sentisse chi non se li meritava; si affacciava on line mentre ci stupivamo che l’Islanda fosse abitata e non capivamo quale fosse il tasto per mettere la dieresi su Bjork. E tutti si scorticavano le corde vocali su “Wonderwall”. Gli Oasis, intanto, hanno fatto in tempo a mollarsi e a riunirsi, chissà quale delle due è la scelta più rovinosa. Trent’anni dopo, invece, lo spirito del sito mi pare uguale. C’è ancora una redazione che si dispera per i necrologi di gente che non ha mai incontrato se non nelle canzoni, ossessionata dai “beautiful losers” e dalle loro storie storte.
Anche oggi che questo mestiere rasenta l’arte circense e sembra di poggiare gli alluci su un filo, alla Philippe Petit, mentre le torri intorno stanno crollando, tentate più dal basso che dall’alto, non si smette di cercare uno spiraglio, un suono, una strofa, una benedetta anomalia che ci faccia saltare come rane raggiunte dalla scossa. La musica leggera, e anche quella leggerissima, da queste parti resta cosa serissima.
Elena Palmieri

“Hai letto su Rockol?!”. È forse questa la frase che meglio racconta l’inizio del mio legame con Rockol. Dopo le riviste cartacee che arrivavano dall’estero – attese con ansia, assillando l’edicolante sotto casa – Rockol è diventata una delle principali fonti della mia cultura musicale e di quella dei miei amici.
Per chi, come me, è nato all’inizio degli anni Novanta, la carta stampata e tutto ciò che è fisico conservano ancora un certo fascino. Ma il digitale è cresciuto insieme a noi, diventando la nostra rete per nutrire curiosità e passione.
Da che ho memoria, Rockol c’è sempre stato: nel bisogno di sapere, nella voglia di musica, nel desiderio di scoprire.
E poi ci sono le videointerviste: volete mettere la gioia di vedere il proprio artista preferito che parla davanti a voi, guardandovi dritto in camera? Va da sé che, quando ho trovato il coraggio di trasformare il sogno di scrivere di musica in un lavoro, non ho avuto dubbi su a quale porta bussare.
Auguri, Rockol: mille ancora di questi anni!
Paolo Panzeri

Sono a Rockol da ormai lungo tempo, oltre 25 anni: un quarto di secolo. Ci arrivai nel febbraio del 2000, e qualche mese più tardi mi ritrovai a festeggiare i cinque anni del giornale al Rolling Stone, un locale milanese che si può ben definire 'storico'. Come si suol dire, da allora di acqua ne è passata molta sotto i ponti. Come molti sono stati i colleghi che sono passati dalla redazione, qualcuno è rimasto, tanti altri hanno continuato altrove il loro cammino. Ora il Rolling Stone non c'è più, ma non per questo è venuta meno la voglia di festeggiare: Rockol compie 30 anni, viva Rockol!
Luca Perasi

Il mio “incontro” con Rockol risale alla notte dei tempi, quando era il lontano 1998. All’epoca collaboravo con la testata Travelonline.it, e una parte dello stanzone in cui lavoravamo – in un palazzo in zona Navigli a Milano – era assegnata a Rock On Line, il nome del sito all’epoca. Eventi culturali e news turistiche mi divertivano, ma io avevo un debole per le recensioni di dischi e il mondo della musica scritta in generale... Quanta sana “invidia” per quei redattori! Sarebbe arrivato anche il mio momento, circa un decennio più tardi, per cui... grazie Rockol, e buon trentesimo anniversario!
Davide Poliani

Essendo passato troppo tempo da quando vivevo Rockol solo da lettore, l’unica cosa che sento di poter fare - per celebrare questi trent’anni - è ringraziare i colleghi che, in momenti diversi, hanno fatto parte della redazione e del team: è stato - e continua a essere - un viaggio umano, professionale e musicale incredibile. E molto divertente, anche in momenti in cui di divertente, musica a parte, non c’era proprio niente. L’auspicio, per il futuro, è quello di continuare, giorno dopo giorno, a parlare seriamente di una cosa non troppo seria - o non troppo seriamente di una cosa seria, a seconda dei casi e dei punti di vista, ma sempre con la stessa passione. Quella che ho conosciuto per la prima volta 24 anni fa e che ancora oggi ritrovo, intatta, ogni volta che mi capita di parlare con chi ha condiviso o sta ancora condividendo con me questa avventura. Quindi grazie a tutti, di cuore.
Arianna Raffaelli

Nel 2025 Rockol compie 30 anni di musica, notizie e storie raccontate ogni giorno.
Un compleanno che per me ha un valore speciale: anche io, quest’anno, ne compio 30.
Siamo cresciuti insieme e nessuno dei due ha intenzione di fermarsi.
Tanti auguri Rockol!
Federico Rampolla

Parlare di Rock On Line e come parlare della storia di Internet in Italia: sono passati trent'anni da quando nel 1995 Rock On Line è nata, all’epoca c'erano meno di 80.000 utenti in Italia. In questi tre decenni, come sappiamo, è successo di tutto: ci sono stati momenti di esaltazione finanziaria, momenti di crisi profonda, mode passeggere, rivoluzioni tecnologiche sostanziali, sfide opportunità e anche delusioni importanti. Rockol ha navigato in mezzo al mare in tempesta, attraversato periodi di bonaccia con totale assenza di vento, correnti favorevoli e contrarie, periodi con vento a favore e, dopo aver passato tutto questo, è ancora più viva che mai. Credo che il segreto più importante sia stato quello di riuscire a mantenere la rotta nonostante tutto, pensando sempre e non mollando mai sul principio di offrire ai suoi utenti contenuti di qualità credibili e ingaggianti, senza mai farsi distrarre da questo obiettivo e riuscendo sempre a mantenere la propria identità unica. Personalmente sono nel consiglio di amministrazione di Rockol dal 1996 e ho visto la passione e l'amore per il mondo della musica fondersi con una grande professionalità e con una grande capacità di gestire un'azienda attraverso i cambiamenti epocali che sono avvenuti in questi trent'anni. Ho visto un prodotto diventare punto di riferimento per utenti e aziende del mondo della musica e non solo, un azienda capace di crearsi il suo spazio in contesti competitivi complessi e agguerriti: per me è stato un onore ed una lezione non solo di business ma anche di vita, di fedeltà assoluta ai valori, non solo della mission del prodotto, ma anche del modo di fare azienda, e di questo non posso che esserne grato. Altrettanto grati sono convinto che siano i milioni di utenti che in questi anni hanno dato prova di fedeltà e affetto e che hanno potuto entrare e godere del mondo della musica e del suo mercato grazie a Rockol e all’impegno di Giampiero di Carlo e del suo fantastico team.
Giuseppe Ravello

Se ho abbandonato una promettente carriera in banca, la colpa è anche di Rockol! Leggere Rockol da appassionato di musica e collaborare con Rockol nell’ambito del marketing a contenuto musica, è stata la scintilla che mi ha portato a fare lo start upper nel music biz prima ed a diventare consigliere di amministrazione di Rockol stesso poi.
Buon compleanno Rockol!
Umberto Scaramozzino

Rockol è stata una delle mie prime palestre da lettore appassionato di musica, nonché una delle mie poche costanti. Negli anni l'ho vista reinventarsi infinite volte e navigando le sue tantissime pagine ho imparato molto di quello che so sul mondo della musica, compreso - spero - come scriverne. Quando tre anni fa mi ha accolto tra le sue firme è stata la chiusura di un cerchio per me. Festeggio questo traguardo come uno degli ultimi arrivati, ma con il senso di appartenenza di chi ci è cresciuto insieme. Auguri Rockol!
Gianni Sibilla

Poche settimane dopo essere arrivato in redazione a Rockol - grazie a Luca Bernini, che aveva fatto il mio nome quando lui aveva deciso di prendere altre strade - vengo avvisato: “Preparati, anche quest’anno si va a Sanremo in sala stampa per seguire il Festival. Tocca anche a te”.
Era quello del 2001, condotto dalla Carrà, che sarebbe stato vinto da Elisa. Quello dei Placebo che spaccano le chitarre e ampli tra i fischi dell’Ariston, quello di Eminem trattato come un alieno.
Ora come allora, andare per la prima volta a Sanremo, per chi lavora nella musica, è un rito di passaggio: è una cosa che mi capita spesso di raccontare ai miei studenti che iniziano il loro percorso professionale. E fu così anche per me, a Rockol - solo che il mio primo Sanremo fu uno shock.
Sanremo in quel periodo era in una fase di rilevanza e reputazione discutibile, lontano dall’attuale settimana santa a cui tutti vogliono partecipare. Molti artisti lo evitavano come la peste. Anche prima di arrivare a Rockol lo seguivo, sì, ma distrattamente. In redazione era già allora - ed è tuttora- uno dei momenti centrali dell’anno, lo si segue in maniera completa, quasi ossessiva.
Dovevo coordinare l’agenda di Rockol, le videointerviste - che facevamo già al tempo - ma mi persi quasi subito: Sanremo era (ed è) un mondo a parte, con ritmi frenetici, cose che saltano all'ultimo minuto, tutti a rincorrersi. Mi presi un epico cazziatone in sala stampa da Zanetti per avere bucato una notizia – la lite tra Umberto Bossi e Pino Daniele, ospite.
Non mi aiutò il fatto che a metà settimana fui costretto a tornare a Milano, in mezzo a una nevicata, per discutere la mia tesi di dottorato (!). Per fortuna quell’anno il Festival iniziava il lunedì, facendo una pausa per una partita della nazionale, e la discussione era fissata proprio in quel giorno di pausa. In questi anni ho vissuto proprio quel dualismo: lavorare a Rockol mi ha aiutato a comprendere meglio la comunicazione della musica per studiarla e insegnarla in Università, vivendola in prima persona. Lo studio e il confronto con i miei studenti in università mi hanno aiutato a comprendere meglio il lavoro a Rockol. Di questo sono grato a Rockol e a chi ha lavorato con me in questi anni.
Per un po’ ho sofferto molto Sanremo e tutto lo stress che lo accompagnava. Poi ho iniziato a capire che le incazzature inutili e i casini sono parte del lavoro e anche del divertimento. Adesso è uno dei miei momenti preferiti dell’anno, e non solo perché amici, parenti e sconosciuti finalmente capiscono il lavoro che fai. Senti domande come “Eri tu quello in tv?”, “Per chi hai votato?”, “Hai già sentito le canzoni?”. E un po’ ti senti importante: è il “luna park del giornalista musicale”.
Ma è solo la punta dell’iceberg del lavoro che Rockol nella musica e nell’industria musicale, da 30 anni a questa parte. Raccontare la musica oggi è allo stesso tempo più facile – per la quantità di mezzi a disposizione – e più difficile, per come l’attenzione degli ascoltatori è frammentata dai mille stimoli musicali che arrivano da ogni parte. A Rockol siamo tutt’altro che perfetti, ma di una cosa sono certo: continuiamo e continueremo a raccontare la musica con passione e serietà.
A Rockol dedico una delle mie frasi preferite di Dylan: “We were so much older then, We’re younger than that now”. Auguri!
Marta 'Blumi' Tripodi

Vorrei poter dire che Rockol è nato prima di me, nel qual caso sarei giovanissima. Purtroppo no. Senz'altro, però, Rockol c'era già quando mi hanno installato la prima connessione Internet a casa e ho potuto cominciare a informarmi sulla musica anche tramite il web. Era il 2000, avevo 16 anni, il sito esisteva già da cinque e già era un'istituzione pionieristica (espressione che potrebbe sembrare una contraddizione in termini, ma non lo è affatto).
Quando ho cominciato a scrivere di musica io stessa, ho imparato ad apprezzarlo e a riconoscerlo come una delle poche fonti sempre aggiornate e soprattutto sempre corrette: se dovevi verificare un'informazione, potevi star certa che su Rockol c'era qualcuno che l'aveva verificata prima di te. E' così ancora oggi (lo posso garantire personalmente, dopo essere stata accolta in famiglia qualche mese fa). E in un mondo fondato sul clickbait come quello odierno, una risorsa del genere è quanto mai preziosa e necessaria.
Franco Zanetti

“Mi daresti una mano durante l’estate?”.
Più o meno è quello che mi chiese Giampiero Di Carlo nel 1996, per coprire un’improvvisa emergenza redazionale dell’allora da poco fondato Rockol. Conoscevo Giampiero perché l’avevo, per così dire, “svezzato” come aspirante giornalista una decina d’anni prima, a Deejay Show. Gli risposi volentieri di sì, pensando che quella – che sarebbe dovuta durare un paio di mesi – sarebbe stata un’esperienza utile per capirne un po’ di più di quel mondo di Internet che per me, giornalista che aveva iniziato nel 1974 con la Lettera 22 e con i giornali stampati col piombo in tipografia, era allora un ambiente pressoché sconosciuto. Il lavoro era semplice, contenutisticamente – si trattava di ricevere ogni sera via email quattro/cinque notizie scritte dai collaboratori, correggerle, titolarle e prepararne la pubblicazione per la giornata seguente. Un indirizzo email non l’avevo ancora, e me ne fu dato uno. Dedicavo a quel compito un paio d’ore al giorno, cominciando a mezzanotte, dopo aver terminato gli altri miei lavori, e spesso litigando con una struttura di backsite allora piuttosto rigida e instabile (e poco comprensibile per un cavernicolo digitale come me).
Evidentemente i risultati di quel lavoro estivo furono apprezzati, tant’è che Giampiero mi chiese di continuare anche da settembre in avanti. Da allora non ho più smesso. E sono passati 29 anni, in cui non c’è stato giorno, feriale o festivo, in cui non ho aperto il computer o il telefono su Rockol. 29 anni nei quali a Rockol ho imparato molto, benché spesso di malavoglia (la tecnologia non è mai stata la mia passione), su come si “fabbrica” un giornale on line; ma ho anche insegnato molto, perché da Rockol sono passate decine di collaboratori, ai quali ho cercato, non sempre con diplomazia – che non è il mio forte - di spiegare come si fa quel mestiere oggi purtroppo svalutatissimo del giornalista, specialmente del giornalista musicale. Spesso mi sono divertito, più spesso mi sono incazzato, ma sono ancora qui – per ora. E non ho mai cambiato indirizzo email.