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Il ritorno del Diablo

Il giubileo rock di Pierò Pelù in concerto, a Milano: la recensione
Il ritorno del Diablo
Credits: Marina Mazzoli

È un 2025 di grandi celebrazioni per Piero Pelù: si va dai 40 anni esatti dal debutto discografico dei Litfiba con “Desaparecido”, ai 35 da “El Diablo” del 1990, e i 30 da “Spirito”. Un "Giubileo del Rock", come lo definisce l'artista. Ed è anche un ritorno, in otto club d’Italia: ieri sera, 14 aprile, la prima data di Milano ai Magazzini Generali, dopo lo stop forzato dei concerti dello scorso anno a causa dei problemi di salute legati all’acufene. 

Il rocker toscano si presenta alle 21 con delle grosse cuffie e la sua banda dei Bandidos, salutando i “ragazzacci” con “Lo Spettacolo”, seguita subito da due classici del primissimo periodo dei Litfiba: “Eroi nel vento” e “La preda”. Ogni canzone ha un filo conduttore nella narrazione e viene introdotta: “Noi siamo degli ‘Eroi nel vento’ che viviamo questi anni bui, ma cosa c’è di più eroico che vivere in una giungla dove ‘La preda’ sei tu?”

I Bandidos, con la guest star Antonio Aiazzi, già tastierista dei Litfiba, che accompagnano Piero nel tour, sono compatti e dritti, restituendo un suono rock a tutto tondo, con una scaletta che è un susseguirsi di successi della sua lunga carriera. Il pubblico, formato pressoché dai fan della prima ora dei Litfiba, conosce a memoria ogni parola, e ogni parola di Piero ha un peso specifico per prendere posizione contro le guerre nel mondo, contro le propagande dei dittatori e la realtà distorta dei social.. Mentre alle persone che stanno manifestando in Turchia contro la dittatura è dedicata “Istanbul”, con le bandiere della Palestina e del Kurdistan sventolate in alto.

Piero sogna un mondo senza prevaricatori, senza dittatori, senza dazi, in “No Frontiere”, dove possiamo essere liberi di muoverci, seguita da “Spirito” e “Lacio Drom”, due hit del 1994. “Libertà” è la parola più usata questa sera per esprimere la necessità di aprire gli occhi, non farsi condizionare dalle fake news, dalle propagande sui social, e andare contro ogni forma di guerra, come in “Bomba Boomerang”. Qui il fuori programma viene gestito magistralmente: quando il microfono di Piero, dopo averlo agitato in aria come una frusta, smette di funzionare, la banda si esibisce in un assolo di basso e batteria, permettendo a Piero di cambiarlo. Tutto sotto gli occhi del pubblico, che apprezza l’improvvisazione, merce ormai rara nei concerti sempre più studiati a tavolino in ogni singolo momento.
“El Diablo” è la purificazione delle nostre anime, e così Piero fa inginocchiare tutto il pubblico in un rito collettivo per chiedere il perdono, sia dei peccati commessi che di quelli da commettere.

I bis si aprono con “Lulu e Marlene” del 1985, che dopo 40 anni ha purtroppo un testo ancora attuale, gridando più volte “pace a noi”, con la bandiera della Pace alzata da Piero. Il finale è incentrato sul messaggio della censura che stiamo vivendo per colpa delle dittature e del controllo delle masse con “Proibito”, e infine c’è spazio anche per un’altra hit del 1990 e quel rito pagano della “Gioconda” e della prigione del matrimonio.

Dopo due ore abbondanti di rock diretto, Piero si congeda lasciando al pubblico tanti spunti e pensieri da portare a casa, come è sempre stato dopo aver assistito a un suo concerto. Le altre sette serate nei club saranno l’anticipazione di altre date che verranno annunciate a breve, con il ritorno a Milano previsto per ottobre 2025.

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