Quella volta che il padre di Battisti gli spaccò una chitarra sulla testa

È stato uno dei rivoluzionari della musica italiana: unendo le melodie italiane con i ritmi americani, l'artista scrisse pagine importantissime, riscuotendo successi ampi di pubblico e di critica. Lo conferma il fatto che le sue canzoni e i suoi dischi, da "Emozioni" a "Una giornata uggiosa", passando per "Il mio canto libero", "Il nostro caro angelo", "Anima latina", "Io tu noi tutti", "Una donna per amico", sono oggi classici assoluti, amatissimi tanto da chi la sua musica l'ha vissuta direttamente quanto dai giovanissimi che l'hanno scoperta grazie a genitori e zii e che oggi vanno alla ricerca dei suoi vinili nei mercatini dell'usato. Ma in pochi sanno che la storia di Lucio Battisti partì da una chitarra. E da due ragazzi che vivevano nel suo stesso condominio, a Roma, in Piazzale Prenestino (dove la famiglia si trasferì quando Lucio, nato a Poggio Bustone, in provincia di Rieti, nell'alto Lazio, aveva appena 3 anni), che ascoltavano musica rock and roll.
Dopo aver finito le elementari il giovane Lucio chiese in regalo ai genitori una chitarra. Le lezioni che ricevette da un elettricista della sua città natale e gli esercizi quotidiani devono evidentemente averlo reso un ragazzino prodigio, se è vero che già quando era adolescente i direttori delle orchestre che facevano serate in giro andavano dal padre a chiedergli di far andare Lucio in tour con loro. Ma il signor Battisti, impiegato al dazio, di permettere al figlio di fare il musicante proprio non ne voleva sapere. E un giorno arrivò a spaccargli la chitarra sulla testa. A raccontare l'aneddoto fu lo stesso Alfiero Battisti, alcuni anni dopo la scomparsa del figlio, venuto a mancare prematuramente a soli 55 anni nel 1998, in un'intervista al quotidiano "Il Tirreno":
"Mi ricordo quando gli regalai la prima chitarra. Era in quinta elementare, aveva 11 anni. Già a 16 anni Lucio chiedeva di andarsene. Venivano da me i direttori delle orchestre che facevano serate in giro. Lucio suonava la chitarra molto bene e loro volevano portarlo via. Ma io mi opponevo. A un certo punto, la chitarra gliel'ho anche spaccata sulla testa. Intendiamoci, senza fargli male. Lucio non ha detto niente, mi ha guardato e basta. Il giorno dopo è venuto da me in ufficio, io lavoravo al dazio, siamo andati insieme in un negozio e gli ho comprato un'altra chitarra".
Il signor Battisti arrivò a minacciare il figlio di non firmargli l'esenzione dalla leva militare (cui Lucio aveva diritto in quanto figlio di un invalido di guerra) se non si fosse diplomato: la passione per la sei corde lo aveva infatti portato a trascurare gli studi (era iscritto all'Istituto Tecnico Industriale Galileo Galilei, a Roma). Lucio si impegnò dunque a conseguire il diploma. Ad una sola condizione: che il padre firmasse l'esenzione e gli concedesse i due anni allora previsti per il servizio militare per provare a sfondare come musicista. Il patto fu accettato. Nel luglio del '62 Lucio si diplomò perito elettrotecnico. Il resto è storia. Il signor Alfiero scomparve nel 2008, dieci anni dopo il figlio.