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Dopo Sanremo, lo stato di necessità continua...Carmen non si ferma mai!

Ci abbiamo messo un po’, per presentarvi un’intervista alla cantantessa, ma forse ne è valsa la pena: lontani da Sanremo e dalle dinamiche promozionali in senso stretto, ne è uscito un ritratto particolare, in cui Carmen, oltre a parlare naturalmente delle sue canzoni, si racconta lasciandosi scoprire un po’ nei suoi lati più personali. Tra stati di necessità che proseguono e nuove canzoni da registrare ecco quello che Carmen consoli ci ha raccontato nella tranquillità - nemmeno eccessiva – di un albergo milanese...

La prima cosa che volevo sapere riguarda l’esperienza sanremese: ti sei divertita davvero come sembrava, visto che hai fatto tantissima promozione?
Sì, mi sono divertita! Il massimo del divertimento l’ho raggiunto quando mi sono dipinta i capelli per metà di giallo! Mi sono divertita moltissimo, e adesso dopo Sanremo godo del ricordo di questa esperienza...

Si è parlato molto, a proposito del tuo nuovo lavoro, di un disco molto diverso dai precedenti: a qualche settimana di distanza dalla sua pubblicazione, come ti sembra che sia stato recepito dal tuo pubblico?
E’ stato recepito come tutti gli altri miei dischi, la gente non ha recepito nessuna diversità. I miei fans lo hanno comprato, hanno visto che c’erano delle cose nuove ma anche che c’era la Carmen di sempre...

Che effetto ti fa, questa cosa?
Positivo, perché non sapevo come avrebbero reagito, invece se lo aspettavano proprio così, anzi, in molti mi hanno detto anche che avrei dovuto osare un po’ di più.

Nella foto di copertina del disco sembri veramente una ragazzina...
E’ vero, il taglio corto mi ha tolto un po’ di anni. Ho voluto tagliare i capelli, che erano tanti e pesanti, e al tempo stesso togliere un po’ di pesantezze.

Nella canzone di Sanremo si parla di tua madre e della Catania di quando eri bambina: che ricordi hai della tua infanzia, visto che continui a vivere lì?
Ho dei ricordi bellissimi... tra parentesi la canzone “In bianco e nero” parte da uno spunto autobiografico, ma va anche filtrata, nel senso che io tutto questo conflitto con mia madre non ce l’ho mai avuto. E’ un rapporto idilliaco, sono veramente contenta dell’infanzia che ho trascorso in Sicilia e della mia vecchiaia, che trascorrerò là. E’ un luogo dal quale non riesco a staccarmi, e infatti continuo a vivere e a fare dischi lì...

Come trascorrevano le tue giornate, quando eri giovanissima?
Andavo a scuola e suonavo la sera, questo dai 13 anni in su. Era dura perché dormivo quattro ore a notte, però questo mi conferiva un’aria distaccata rispetto agli altri ragazzi della mia età, visto che per me la scuola non era tutto. Guadagnavo dei soldi, suonavo, e questo mi faceva essere rispettata anche dai professori, per i quali ero quasi una studente lavoratrice: li consideravo quasi dei colleghi. E così, anche se magari non ero molto preparata alle interrogazioni, questa cosa veniva capita, così come quando la mattina arrivavo tardi.

Erano anni particolari, quelli a Catania, visto che la musica live viveva una vera e propria esplosione...
Assolutamente sì, e tra parentesi è una bella formazione, perché a forza di suonare sono migliorata moltissimo, e questo grazie ai palchi di Catania, a tutti i locali che mi permettevano di suonare: facevo i classici, da Ike & Tina Turner ai Creedence Clearwater Revival. Questo era ciò che chiedeva la gente, e questo era quello che a poco a poco ho imparato a saper fare...

Prima dicevi che con il taglio di capelli volevi liberarti di alcune pesantezze: quali sono, con il senno del dopo, le cose che più ti sono pesate?
Sicuramente ho passato un momento di transizione fatto di troppo lavoro e di nessuna pausa, per cui mi sono trovata decisamente indebolita. Poi, adesso, da circa una decina di mesi, dopo aver cambiato management e lavorato al disco, mi sento maggiormente protetta e considerata, e questo mi ha permesso di tornare a tranquillizzarmi.

E’ cambiato qualcosa anche nella tua vita privata?
Ho una vita privata organica, più soddisfacente, ma con il tempo mi sono resa conto che comunque questo lavoro limita molto i rapporti sentimentali, che sono difficili da tenere in piedi, perché le distanze e i continui spostamenti certo non facilitano le cose. E’ anche vero, come diceva Modugno, che l’amore è come il vento, spegne i fuochi piccoli e alimenta quelli grandi; speriamo che il mio sia un fuoco grande.

Si è parlato molto dell’aspetto sensuale ed erotico del tuo album, che forse negli altri dischi non era così evidente: che immagine hai del sesso e che ricordo hai della scoperta di questo mondo? E poi perché soltanto adesso è venuta fuori questa tua parte?
Non ne ho mai parlato prima perché davo priorità ad altre cose. Per quanto riguarda il sesso, io sono stata molto precoce: pensa che a 13 anni avevo un fidanzato di 28 anni! Però ho scoperto tutto senza traumi, con grande leggerezza e giocosità. Per cui quando mi sono messa a parlare di sesso l’ho fatto con grande leggerezza, così come lo vivo.

Le tue canzoni parlano molto anche di desiderio: lo spunto per una di queste, “Bambina impertinente” nasce da un gioco che facevi quest’estate, se non sbaglio...
Sì, era un gioco che abbiamo fatto io, Massimo, Santi... (componenti del suo gruppo, ndr) abbiamo preso una scheda telefonica anonima, e abbiamo iniziato a mandare in giro messaggi pornografici anonimi a gente che conoscevamo. Le risposte sono state clamorose, a volte addirittura sorprendenti, perché comunque scopri delle cose inimmaginabili su persone che credevi di conoscere bene...o che comunque ti immaginavi fatte in un certo modo.

Ti piace giocare con il sesso, oppure preferisci viverlo senza troppi giri di parole?
In una canzone dico “mi piace giocare, sembrare indecente, parlare all’orecchio dicendo niente”. trovo che sia un argomento che in Italia è tabù, per cui diventa quasi da bambina impertinente parlarne. non credo che ci sia niente di tragico nel sesso, così come non c’è niente di tragico in Sanremo: si sale sul palco e si canta, tutto qui. Sì fa all’amore con una persona, credo che sia una cosa della vita, come mangiare e come dormire.

La tradizione musicale soul è piena di testi e di riferimenti all’erotismo e alla sensualità: perché secondo te nella nostra musica manca quasi completamente questo aspetto?
Io credo che il patrimonio genetico di noi italiani sia proprio medievale, e passi attraverso la mortificazione dei sensi. E’ stato fatto un lavoro culturale di secoli su questa cosa, e ha portato a risultati assurdi: è uscito di recente un articolo di giornale negli Stati Uniti che parlava della alta percentuale di casi di AIDs presente tra i preti, ad esempio. Oppure quelle storie orribili di bambini trovati sepolti nei conventi. La cosa più perversa è la castità, credo, e porta a conseguenze disastrose, con le persone costrette a fare le cose di nascosto, oppure a scappare. Non siamo mai stati leggeri sul sesso, casomai abbiamo pensato soltanto all’amore romantico. Io non voglio parlare di un sesso sfrontato, ma di considerarlo una parte della nostra vita, valorizzarlo e crederci come ad un dono di Dio, non colpevolizzarlo. Mi ricordo che quando ci fu una crociata politica contro l’uso dei preservativi, intorno all’86, alcuni farmacisti non mi volevano vendere i profilattici, e fui costretta a mandare i miei genitori ad acquistarlo.

Un altro momento centrale del disco è la canzone “Orfeo”, che parla del tuo risveglio...
E’ vero..per un periodo le mie energie si erano esaurite. Fino a quando non ho fatto un tour di 100 date, che mi hanno permesso di uscire dal baratro, e lì ho capito che forza può avere la musica, che funzione terapeutica regala un lavoro come il mio. E’ da questa consapevolezza che è nato “Orfeo”, e che è nato tutto il disco: lo stato di necessità di cui parlo è riferito anzitutto alla musica, alla necessità di comunicare queste cose. Non so quanto durerà, ma per ora è così.

Cosa ti ha sorpreso di questo disco?
L’essermi trovata veramente schizofrenica, da un punto musicale. D’altra parte sono davvero così, anche nei miei ascolti. Ci sono Tori Amos e PJ Harvey, i Madredeus e Modugno, Aretha Franklin e i Jefferson Airplane, per cui di cosa mi meraviglio se faccio dei dischi così, con “Besame mucho” e “Besame Giuda”? Quando ero ragazzina ero già così: magari usciva “La ragazza di Ipanema” e io la volevo suonare a tutti i costi, poi ho iniziato a conoscere Mario Venuti e suonare con lui mi ha influenzato moltissimo. D’altronde era inevitabile, perché quando abbiamo fatto “Mai come ieri” insieme, ho cantato diverse volte con lui “Fortuna”, ed è stato lì che si è risvegliato un certo amore per alcune melodie. Abbiamo scritto insieme anche “Amore di plastica”, un’altra canzone molto importante. E la mia voglia di collaborare con tutti si è tradotta poi in un certo eclettismo che è presente anche in questo album.

Per un periodo si è anche detto che eri a corto di canzoni per questo disco...
Sì, e invece alla fine avevo 35 canzoni! Ho scelto canzoni molto diverse tra loro proprio per offrire un disco schizofrenico, volevo che fossero unite soltanto dal mio modo di cantare e di scrivere.

Quanto c’è di autobiografico nelle canzoni più sentimentali di questo disco, come “amado senor” e “L’ultimo bacio”?
Il senso dell’abbandono è molto presente nelle mie canzoni, ed è una cosa veramente mia. Di autobiografico c’è l’aver abbandonato le armi, l’aver chiuso un capitolo e averne aperto un altro.

Si respira anche una certa sofferenza, nelle tue dinamiche sentimentali: è come se tu ti snaturassi all’inizio per cercare di assomigliare al modo in cui ti si desidera e poi, a poco a poco, ti allontanassi da quel modello rivendicando la tua vera natura...
Capita proprio così, infatti... in una canzone dicevo “e non ho fatto altro che sentirmi sbagliata e ho cambiato tutto di me perché non ero abbastanza...” nelle relazioni purtroppo subentra un piccolo compromesso, il dover fare a meno di una parte di sé pur di stare con un altro. E nel mio lavoro è ancora più difficile, perché è molto difficile nella distanza mantenere un rapporto. Bisogna rinunciare a molte discussioni, a fare molte cose insieme, perché la distanza non aiuta. E’ un lavoro che si fa da soli. Io nelle mie relazioni ho sempre sentito di dover fare a meno di qualcosa per far convivere il mio lavoro con la mia vita sentimentale, ma non sono mai stata ripagata da queste scelte. Forse anche perché il mio lavoro è già quasi un matrimonio. In più aggiungi a questo il fatto che io odio dipendere da un’altra persona, per cui da un lato non mi voglio snaturare, dall’altro pur di non dipendere preferisco lasciare tutto. E’ dura, eh?

Mi dici qualcosa soltanto su “Non volermi male”?
Era un pezzo che doveva andare su “Confusa e felice”, ma poi è stato tolto, anche perché non mi soddisfaceva il modo in cui l’avevo finito. Poi ho deciso di togliere la chitarra e trasporre tutto per pianoforte, ma rimane l’unico brano cantato come cantavo in “Confusa e felice”, senza abbassare nessuna tonalità.

Cosa succederà adesso?
Penso di avere ancora delle cose da dire, per cui probabilmente tornerò in sala e registrerò altre canzoni. Sono cinque brani, cui si aggiungeranno canzoni per il mio quinto album. Per cui lo stato di necessità continua, ma a queste registrazioni affiancherò anche il lavoro per il tour, che partirà in autunno e nel corso del quale presenterò anche alcuni degli inediti.

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