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A tu per tu con il gruppo del momento!

Sono la nuova sensazione del pop inglese. The next big thing per molte riviste d’oltre manica. Le ragioni? Un po’ di curiosità è dovuta alla natura del gruppo; una band costituita da due giornalisti, un architetto e un medico. Molto rumore si è creato perché questi quattro “professionisti” hanno pensato un nome “rumoroso”, che fa stridere, accostandoli, due termini come gay e padre (dad). Tutto qui? Beh, no di certo. C’è anche la musica. Una manciata di canzoni, una raccolta di canzoni “piacevolmente rumorose” (“Leisure noise” è il titolo dell’album) che ha già fatto il giro di tutti i network radiofonici europei. Abbiamo incontrato Chris (Jones, giornalista di The Face e Mojo, il leader della band) per saperne di più.

Okay Chris, da giornalista, chiaramente, la prima domanda che viene spontanea farti, la cosa che più ci incuriosisce è il fatto che tu, prima di essere musicista sia stato giornalista per due riviste di grande spessore come THE FACE e MOJO. Cosa vuol dire trovarsi dall’altra parte della barricata? Come ci si sente?
“Oh, è strano ma è okay. E poi terrei a precisare una cosa. Ai tempi dei servizi su Oasis, Blur e Primal Scream – i più importanti che feci, ancora quando questi gruppi erano ancora “emergenti” – fui contattato da THE FACE. Loro mi chiesero se mi sarebbe piaciuto, visto che conoscevo personalmente i gruppi, fare dei servizi su Oasis e via dicendo. Ancora prima avevo fatto dei servizi, cover story, sugli Stone Roses. Anche loro erano miei amici. Li conoscevo perché anch’io ero musicista. Così il mestiere di giornalista è nato quasi per caso, proprio perché THE FACE iniziò ad affidarmi questi servizi. In realtà io sono e sono sempre stato un musicista. Dentro di me sapevo che prima o poi sarei arrivato a scrivere musica. Fisicamente fino a qualche anno fa non ero in grado nemmeno di suonare. La mia vita è sempre stata scandita dalla musica, dai dischi che ascoltavo, che creavano intorno a me una sorta di mondo a parte, lontano da tutti i miei coetanei, lontano dalla mia famiglia”.

Così Gay Dad è stato come la realizzazione di un sogno che ti ha sempre accompagnato…..
“Sì, è qualcosa che ha sempre fatto parte della mia vita, anche se fino a qualche mese fa non esisteva materialmente. E’ così perché di fatto io e Baz ci siamo sempre conosciuti, fin da quando avevamo 9 anni. Abbiamo sempre avuto quest’idea in testa. Quando eravamo piccoli poi mio nonno mi regalo una batteria. Baz me la rubò dopo poche settimane, facendosi poi perdonare regalandomi una chitarra. Con quella chitarra ho scritto un sacco di canzoni, fin dai tempi del college. Il problema è che non ci sono mai stati i soldi necessari per concretizzare il lavoro che io e Baz facevamo. C’erano un sacco di canzoni ma spesso ci trovavamo in studi di registrazione da quattro soldi che non ci permettevano di realizzare quello che avevamo in testa. E’ stato solo quando abbiamo conosciuto James (Riseboro, il tastierista del gruppo) che Gay Dad ha preso veramente forma. E’ grazie a lui che abbiamo preso coscienza delle possibilità di Gay Dad come una vera e propria band. Lui è stato ed è quello che Keith Moon ha significato per gli Who. Senza di lui gli Who non sarebbero stati nulla. Senza la sua pazzia negli Who non ci sarebbe stata quella magia che invece ha permesso al gruppo di scrivere alcune delle pagine più importanti nella storia del rock”.

E questo nome da dove è venuto fuori?
“Oh, è solo che ci sono un gay e un padre di famiglia nella band. Corrisponde alla realtà dei fatti. E’ un dato sicuro. Altrettanto sicuro è che non ho assolutamente intenzione di svelare chi è il padre né tantomeno dirvi chi è l’omosessuale. Ciò che posso dire sul nome del gruppo è che sono molto contento dell’effetto che sta avendo, soprattutto in Inghilterra. C’è gente che si è sentita inorridita, colpita nell’intimo per questa contrapposizione di termini che portano con sé il concetto di due figure, di due persone, di uomini, così lontani. Sono contento perché in Inghilterra, e non solo nel mio paese, purtroppo, la gente è così puritana, così piena di pregiudizi verso gli omosessuali, uomini come me, come voi, che dovrebbero avere, perché no, il diritto di essere anche padri, non solo gay”.

Gay Dad quindi è un nome che vuol creare rumore, che può smuovere polemiche?
“Mi auguro che faccia questo effetto, ma soprattutto credo che sia un bellissimo nome. Al livello di nomi che ormai fanno parte dell’immaginario pop come Big Mac, Coca Cola, Pink Floyd, Sonic Youth, Roxy Music”.

Anche il titolo del vostro album d’esordio, “Leisure noise”, ha un suono piacevole, ma soprattutto sintetizza quella che può essere l’estetica del tuo gruppo, sempre in bilico tra pop e noise, tra rumore e melodia……
“Non solo. Credo che questo titolo sintetizzi anche i contenuti dei nostri testi. Le canzoni di “Leisure noise” infatti trattano sempre di argomenti e situazioni in cui si sovrappongono la passione, la felicità, la morte e la vita, la luce e il buio, il rumore della confusione e il piacere della tranquillità. E’ un disco dark quindi, ma allo stesso tempo pieno di vita. E’ un disco in cui cerchiamo di esprimere il nostro trasporto per la vita. In Inghilterra è una cosa che sembrano essersi dimenticati tutti. Il problema è che bisogna essere “cool” a tutti i costi. Non è “in” esprimere le proprie emozioni. Non è di moda lasciarsi trasportare da qualcosa, far vedere che ti entusiasmi per qualcosa. A noi invece piace lasciarci andare ai piaceri della vita. Io posso dire di essermi sentito felice, lo scorso weekend, perché ero con i miei amici, a ballare i Kraftwerk e i Sonic Youth, a bere vino e ridere e scherzare fino all’alba. Sono contento di dirlo. Non mi vergogno dei miei sentimenti. Purtroppo c’è poca gente, soprattutto tra i musicisti, che ha questo atteggiamento verso la vita. Ci sono un sacco di gruppi che cercano di copiare le band di successo. Gruppi che seguono le orme di Suede solo perché Suede hanno avuto successo. E poi anche Suede, ci tengo a sottolinearlo, sono un gruppo che ho amato alla follia gli anni passati ma che oggi, proprio per quell’attitudine ad essere “cool” hanno perso di vista la loro vera natura e, nell’ultimo album in particolare, hanno scritto canzoni veramente senza senso, superficialmente belle ma vuote dentro, senza passione, senza vita”.

Hai passato di Suede come un gruppo che hai amato molto. Quali altre band ti hanno in qualche modo influenzato?
“Potrei dirti che i miei gruppi preferiti sono i Kraftwerk, i Can, i Neu, Faust. Ma tutto questo non si riversa automaticamente nella nostra musica. I gruppi che ti ho citato però hanno avuto sicuramente un effetto positivo sui di noi e su quello che volevamo fare. Gay Dad non è infatti una brit pop band. Non è un gruppo che vuol suonare come una di quelle tante band che vengono fuori da Camden, che sono tutte uguali. Noi siamo una band europea. Con questa idea in testa abbiamo pensato a una produzione del disco che “ampliasse” il nostro raggio d’azione, che facesse suonare la musica più “sofisticata”, un concetto che sicuramente non si addice a molti gruppi inglesi d’oggi”. Un concetto che è lontano da quell’ambizione che invece scorre tra di noi. Quell’ambizione che ci avvicina naturalmente a Freddy Mercury e i Queen piuttosto che non a Suede o agli Oasis e che oggi ci fa suonare solo come i Gay Dad”.

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