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Californicazione? Sì, grazie...ecco a voi i fab four del crossover...

Un cantante che abbandona un look storico, un tale che se ne va e poi torna, un disco che riparte da "Bloodsugarsexmagik". Vedendoli, si ha la sensazione che i RHCP siano diventati uno di quei gruppi con un passato imponente. Quattro ex giovani che guardano indietro più che avanti, e amministrano un culto proveniente da una fase storica (che paroloni) della quale ben poco è rimasto in piedi. Anthony Kiedis sembra una star di Hollywood. Flea ha l'occhio spiritato, di chi pensa: "Sono troppo cresciuto per stare con questi tizi". John Frusciante è quasi sicuramente fatto. Chad Smith sorride da sotto il suo cappellino, rimanendo ai margini di tutto. Signori, Red Hot Chili Peppers.

Prima domanda, inevitabile, al figliol prodigo. Perché te ne eri andato?
John Frusciante: «Il motivo principale per cui ho lasciato la band è stato che dapprima tutto andava bene - ma già avevo il sospetto che continuare coi tour mi avrebbe completamente distrutto. Poi, nel giro di un anno, le cose non sono più andate così bene. Non c'era più stima reciproca. Non era più divertente per nessuno. Così me ne sono andato. E ho passato tre anni facendo quello che mi passava per la mente. Estendendo la mia comprensione dell'arte e il mio rapporto con l'universo».

Sai che in Italia esiste un libro di successo a te dedicato?
Frusciante: «Mi pare di aver letto la pagina che mi riguarda, ma non ricordo bene. So che esiste, comunque».

I primi pareri sul vostro nuovo disco sono antitetici. Chi lo definisce innovativo, chi dice: "E' il nipote di 'Bloodsugarsexmagik'".
Flea: «Penso che i RHCP siano sempre stati innovativi. Ma siamo anche rimasti gli stessi. Stiamo producendo nuova musica, nuove idee con lo stesso spirito che abbiamo sempre avuto. Se ci sono affinità con "Bloodsugar" può dipendere dal fatto che in quel disco abbiamo trovato un nostro approccio alla composizione di canzoni. Ma da allora siamo andati avanti».

A proposito di "Sexmagik", anche il titolo di questo disco parla di sesso.
Anthony Kiedis: «Non c'è necessariamente un riferimento sessuale. "Californication" è una parola nuova. Ed è il nome di una canzone. Essendo una nuova parola, non ha ancora una definizione precisa. Anzi, sta a chi ascolta trovargliela, io non voglio influenzare le possibili interpretazioni. Più in generale, si riferisce a come il mondo viene influenzato dall'arte, energia, la cultura e quant'altro proviene dalla California».

Cos'ha di particolare, la California?
Kiedis: «Che la conosciamo bene. E' sia un paradiso che un inferno. Il che è normale, visto che paradiso e inferno sono ottimi amici».

Veniamo all'altra parte del "neologismo": la fornicazione. Non avete subito l'apposizione di adesivi tipo "Parental advisory"; avete ripulito il linguaggio?
Kiedis: «Che io sappia, sono i gruppi a decidere di mettere quegli adesivi sulle copertine. Non ne abbiamo fatto una questione. In effetti, è una sorpresa anche per noi che non ci siano abbastanza imprecazioni da meritare il marchio d'infamia».
Flea: «I testi non affrontano tematiche che ti possono attirare addosso problemi di quel tipo. Perché in effetti non è solo questione di parolacce. Potresti scrivere una canzone che parla di rapporti anali con il Papa, ma se non dici la parola "fuck" nessuno se ne accorge».

John, come giudichi il disco fatto dai RHCP senza di te?
Frusciante: «Non l'ho mai sentito».

Hai addosso una maglietta dei Germs. Segui ancora la scena punk?
Frusciante: «I Germs sono quelli che mi hanno dato la spinta per diventare un musicista. E io e Flea siamo diventati amici anche grazie a loro, anche se lui poi ha ascoltato anche molto jazz. Senza il punk non avrei mai seguito la musica».
Flea: «Io non sono mai stato un grandissimo conoscitore del punk. Sicuramente ha avuto un'influenza fondamentale sull'ambiente che i RHCP hanno frequentato nel periodo della loro formazione».

Hai ascoltato rock, negli ultimi anni?
Flea: «I Rage Against Machine hanno una loro integrità, sono una delle poche band che producono qualcosa che abbia un qualche interesse per me».

A proposito della vostra musica, si è parlato di "funk-punk", di "crossover"; comunque di un suono che aveva radici in più generi.
Flea: «Sì, è molto importante cercare di mettere insieme diversi stili musicali. E penso che in giro esista musica molto più interessante di quanto si sente oggi alla radio».

Si dice che tu stia approfondendo anche la tua passione per la musica etnica. Ne farai qualche cosa?
Flea: «Farò la colonna sonora del prossimo film di Vincent Gallo. Ma non farò niente di strano, suonerò la chitarra e canterò, così come ho fatto nel mio primo album solista, per il quale sto avendo problemi di distribuzione - ma prima o poi vi arriverà direttamente a casa».

E' vero che dopo la strage di Littleton avete scelto di fare show meno aggressivi?
Kiedis: «In realtà non è andata esattamente così. Alla fine del disco eravamo molto soddisfatti del risultato e volevamo che il mondo sapesse che lo avevamo inciso. Così, pensando ai modi migliori per promuoverlo, abbiamo pensato di andare a suonare nelle high schools e di parlare coi ragazzi. Ci siamo accordati con un po' di scuole, ma dopo il massacro di Littleton tutti sono venuti da noi dicendo: "Potete ancora suonare da noi, ma noi inseriremo l'evento in una serie di iniziative volte a promuovere la fratellanza e armonia tra i giovani". Ci siamo un po' preoccupati, ma alla fine è stata un'idea bellissima. Molti ragazzi che probabilmente non ci avrebbero prestato attenzione perché non siamo di loro gusto ci hanno incontrato e abbiamo chiacchierato un po'. Non male».

Molti musicisti si sono mobilitati per la guerra dei Balcani. Voi siete rimasti un po' fuori da certe iniziative. Cosa ne pensate?
Kiedis: «Della guerra? Fortunatamente non abbiamo mai visto una guerra da vicino. Sono felice che sia finita».
Flea: «E' ridicolo che sia avvenuta. Ridicolo bombardare con la pretesa che ciò porti a un'esistenza pacifica. Una crisi che poteva essere gestita in un modo migliore».

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