Dopo aver ospitato la loro recensione, Rockol ha pensato di coinvolgere i Tre Allegri Ragazzi Morti in una disimpegnata conversazione su musica, rock e fumetto, vale a dire i loro argomenti preferiti . Ecco qui quello che ne è venuto fuori, il ritratto di un gruppo in corsa (ma con comodo) verso il successo…Quali ragazzi sono nati, anzi, “morti” prima: i cinque del fumetto o i tre del gruppo rock?
«Noi prendiamo il nome dal fumetto. Diciamo che quella è stata la prima espressione del nostro immaginario».
Ma cosa sono esattamente, i Tre Allegri Ragazzi Morti? Un gruppo rock che si attiva in altri campi oppure una “ditta” che produce musica, fumetti e altro?
«Un progetto esistenziale. Tre persone che sentono il bisogno di esprimersi in tutti i modi che possono. Ma essenzialmente siamo un gruppo di provincia; di estrema provincia. E in provincia siamo delle rockstar. Davvero, dalle nostre parti ci fermano per strada. E ci sono posti in Italia dove siamo famosissimi. Ogni tanto facciamo le popstar al supermercato, stringendo le mani a tutti».
E questo come è successo?
«Come direste voi a Milano, operando con “budget zero e lavoro sul territorio”».
Non so se si dica così. Anche se, pensandoci, il concetto del budget zero mi è sin troppo familiare...
«Noi facciamo rock’n’roll. Abbiamo cercato di capire se quello che facevamo poteva piacere a chi ci stava vicino. Abbiamo visto che quello che proponevamo piaceva. E allora abbiamo insistito in modo diretto, senza pensare in vasta scala, a una proposta che partisse “dall’alto”. Al contrario, siamo partiti da dove ci trovavamo, dal piano terra. E abbiamo scoperto che un certo tipo di musica non piaceva solo a noi».
Pensate che qualcuno avrà da ridire sul vostro accordo con una major?
«Non abbiamo mai spedito un demo o una cassetta a nessuno. Abbiamo sempre venduto in proprio o regalato le nostre registrazioni. Ora è arrivato questo grande passo. Una casa discografica organizzata, che ci dà un grosso stimolo per andare avanti. Ci proviamo nel modo più sereno che possiamo».
Comunque si pone qualche problema di proselitismo, visto che non volete foto né video.
«Non crediamo alla riproduzione filmata di un concerto. Il video snatura. E le foto non ci interessano. Non vogliamo essere raffigurati, proposti con un’immagine. E’ una scelta in controtendenza, rispetto a questo rock che ormai è sempre più apparenza, “prodotto”. Una volta che hai una nostra immagine, hai solo un minimo frammento di quello che siamo».
Però l’immagine vi interessa, visto che i Cinque Allegri Ragazzi Morti sono un fumetto. Se l’idea era quella di non offrire i vostri volti, perché non ne avete approfittato per trasformarvi in fumetti viventi, ad esempio mettendo delle maschere?
«Ammettiamo di avere pensato a una cosa tipo Kiss... Ma è meglio chiarire una cosa: noi dal vivo non abbiamo problemi a proporci. Lì il rapporto tra chi suona e chi ascolta è diretto, non passa per i mezzi di comunicazione».
Visto che dite di fare “rock’n’roll”, cosa pensate del rock attuale?
«Ultimamente i gruppi sembrano tutti troppo bravi tecnicamente. Noi siamo cresciuti con l’idea che tutti possono suonare. I Sex Pistols la pensavano allo stesso modo».
Musicalmente, vi sentite parte di questa seconda “Pordenone Wave?”
«Non sappiamo bene in cosa consiste. Ne abbiamo sentito parlare, in particolare a proposito di un certo gruppo... Ma preferiremmo non parlarne. E’ dura ascoltare la musica italiana. L’unico gruppo che in questi anni ha proposto qualcosa di nuovo, diciamo pure di non scopiazzato, sono stati i CCCP».
Stranieri, allora?
«In realtà è evidente che ascoltiamo parecchia musica; abbiamo anche fatto ad esempio la cover di “Ask”, degli Smiths, e in italiano - anche se tutto è nato da una compilation-tributo cui ci hanno chiesto di partecipare. In ogni casa non crediamo che, siccome un certo gruppo sta facendo qualcosa in Inghilterra o in America, un gruppo italiano possa venirne influenzato. Se qualcuno non ha interesse a esprimersi, finirà col copiare. Ma non è che noi, sentendo qualcuno, abbiamo detto: “Bene, facciamolo anche noi”: Certo, quel gruppo “grunge” di cui non ricordo il nome... non che ci abbia influenzato, ma ci piaceva. Erano tre e venivano come noi da un luogo marginale, anche se erano pur sempre negli Usa. Il che significa che una volta che sei alla ribalta, ogni tuo sputo viene amplificato».
Abbiamo parlato delle influenze musicali; quali sono quelle fumettistiche?
(Risponde Davide Toffolo, il cantante-disegnatore): «Innanzitutto i Fantastici Quattro. Mi piaceva il clima un po’ da soap opera, che poi lo stile-Marvel ha sempre incoraggiato. Poi Alan Ford, Andrea Pazienza e Daniel Close».