Nel 1971 i conflitti indo-pakistano e vietnamita tenevano banco, in Cina era l'anno del maiale, in California veniva inventato il primo micro-processore aprendo all'era digitale, venivano fondati gli Emirati Arabi Uniti e l'Etna eruttava.
Ma quell'anno, tra tanti problemi, per chi aveva tra i 20 e i 30 anni ed era un appassionato di musica rock e pop, ce n'era anche un altro: come ripartire il proprio budget limitato tra "Sticky fingers", "Who's next", "Led Zeppelin IV", "What's going on", "Hunky Dory", "Nursery rhyme" e letteralmente altre decine di album di qualità e portata enorme. Deve essere stato un mal di testa. Un capolavoro dopo l'altro, una risma di classici.
Il 1971 fu anche questo.
Cosa rende un anno particolare il migliore nella storia del rock? Dopo tutto anche il 1967 non era stato così male, il 1957 si era difeso più che bene e, dopo i Seventies, perfino il 1987 avrebbe scritto pagine di assoluta grandezza. La risposta onesta, quindi, è che la scelta è soggettiva. Ma di oggettivo c'è un momento storico che fa da spartiacque tra due poche profondamente diverse sebbene separate da pochissimi mesi, e c'è un'interessante teoria in base alla quale i Sixties per il rock terminarono in realtà nel 1970, con il 1971 da interpretarsi come il vero inizio del decennio musicale successivo.
A rafforzare la tripla teoria - quest'ultima, quella secondo cui il 1971 fu l'anno d'oro del rock e che diede effettivamente inizio alla musica degli anni '70 - contribuì anche "Never a dull moment", ottimo libro di David Hepworth. Che comincia ricordando come l'ultimo dell'anno del 1970 Paul McCartney diede mandato ai propri legali di scrivere la parola fine sulla storia dei Beatles. Cronologia e simobolismo perfetti.
Il 1971 di Rockol, che quell'anno aveva -24 anni, è questo: una raccolta dei suoi dischi e delle loro storie. Grande musica, enormi personaggi, un tempo memorabile.