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«VOX POPULI - Gigi Vesigna» la recensione di Rockol

Gigi Vesigna - VOX POPULI - la recensione

Recensione del 15 feb 2010 a cura di Franco Zanetti

(Excelsior 1881, 640 pagine, euro 21,50)

La recensione

Negli anni Ottanta della rinascita del Festival di Sanremo, diciamo quelli dopo il 1981 di “Per Elisa” di Alice, in sala stampa facevo circolare questo aforisma: “e mentre le giurie deliberano, Gigi designa”. Si riferiva, ovviamente, all’immenso potere della testata diretta (dal 1973 al 2004) da Gigi Vesigna, quel “Sorrisi e Canzoni” che faceva il bello e il cattivo tempo non solo a Sanremo, ma più in generale nell’industria discografica italiana, grazie ad un sistema di potere ramificatissimo e radicatissimo gestito in maniera spregiudicata ed efficiente. “Sorrisi e Canzoni” lanciava e stroncava carriere, decideva i vincitori delle manifestazioni canore, Sanremo in primis, e la sua dirigenza aveva - diciamo così, e chi vuol capire capisce, anche senza lettere maiuscole - le mani in ogni pasta: in RAI, in Fininvest (allora si chiamava ancora così), a Sanremo - e nell’Accademia di Sanremo, ma questa è una storia che riguarda la magistratura e non la musica. Questa premessa serve a spiegare il perché della mia profonda delusione. Quando ho saputo che Gigi Vesigna aveva scritto un libro sul Festival di Sanremo, ho pensato: finalmente racconterà tutto - tanto, che gli frega? l’8 febbraio ha compiuto 78 anni, che conseguenze gliene possono derivare? E invece. Pur scrivendo, a pagina 30, che la storia del Festival è “una collana di romanzi gialli in cui i colpevoli sono sempre molti, ma non vengono mai smascherati, anche se tutti conoscono i loro nomi”, Gigi Vesigna, che i nomi li conosce meglio di chiunque altro, non li fa. E con questo suo libro si limita a rimettere in fila le cinquantanove edizioni del Festival di Sanremo, sul filo della sua memoria ma senza rivelare, in sostanza, niente che non si sapesse già o che non fosse già stato scritto altrove. Anzi, semmai omettendo (o non ricordando: non voglio lasciar intendere volontà insabbiatrici) anche cose altrove scritte e documentate. In questo contesto, cioè nella delusione di non trovare le rivelazioni che mi aspettavo, e che legittimamente potevo aspettarmi, da un navigatissimo lupo di mare come Gigi Vesigna, la delusione è stata ulteriormente appesantita dal ritrovarmi fra le mani un libro pochissimo curato, in cui né i correttori di bozze né l’editor (ma c’era un editor?) hanno profuso il minimo sindacale di attenzione. Me ne sono accorto fin dall’inizio: a pagina 10 si parla di 40 canzoni iscritte al primo Festival, a pagina 11 di duecentoquaranta. A pagina 25, “Roma non fa’ la stupida stasera” (il titolo corretto è “Roma nun fa’...”: minuzie, ma contano, in un libro che parla di canzoni), e subito dopo una frase che non sta in piedi: “l’editore delle musiche della commedia di Garinei e Giovannini appartiene a Giuseppe Campi, l’editore del mio giornale”. A pagina 37: “aveva un bavero color zafferano, e la camicia color ciclamino”: no, ad essere di color ciclamino era la marsina. A pagina 44: “il protagonista di era Un omino” (ovviamente va letto “il protagonista di Era un omino”). A pagina 57: “Rock around the clock (il rock attorno all’orologio)”: no, vuol dire “Rock 24 ore su 24”. A pagina 59: “sono cifre oggi inimmaginabili... e rinvigorirebbero la crisi ormai cronica delle case discografiche”: è il contrario, “allevierebbero” la crisi. A pagina 64, a proposito di “Il Musichiere”, si parla del format USA “Know the tune?”: no, il programma statunitense si intitolava “Name that tune!” (e, oltretutto, “Know that tune?” non significa nulla). A pagina 65: “un gruppo di prigionieri cui i giapponesi assegnano alla costruzione di un ponte” (sintassi liberissima...), e più sotto “ma sarà un matrimonio a senso un unico”. Ecco, qui ho smesso di segnare gli errori. Ho fatto altri assaggi a campione, e ad ogni pagina aperta ho trovato almeno un refuso: a pagina 338 “La serta finale” anziché “La serata finale” e a pagina 339 “Bertolt Brecht” anziché “Bertold Brecht”; a pagina 397 “Il 6 gennaio muore a Parigi di Rudolf Nureiev” e, poco più sotto, “volèe” anziché “volé”. A pagina 467, “Gobaciov” anziché “Gorbaciov”. A pagina 624: “Mario Luzzatto Fegiz, spesso spitato giudice del Festival” (auspicabilmente s’intendeva “spietato”, e non “sputato”...). Insomma, il festival della sciatteria. Quindi: serviva questo libro? Fatto così, anche no. Servirebbe un libro che raccontasse dettagliatamente la storia di ogni edizione del Festival? Sì, è infatti c’è già, si intitola “Festival di Sanremo. Almanacco illustrato della canzone italiana”, l’ha scritto Eddy Anselmi, l’ha pubblicato Panini l’anno scorso e se ne annuncia l’aggiornamento per quest’anno (e costa anche meno di questo: 19,90 euro). Servirebbe un libro che raccontasse finalmente i retroscena del Festival di Sanremo facendo nomi e cognomi? Non so se servirebbe, ma mi piacerebbe leggerlo. E mi piacerebbe farlo scrivere a qualcuno che avesse la faccia di dire davvero tutto quello che sa (soldi sesso droga scambi di favori violenze e varia disumanità) del dietro le quinte del Festival, e mi piacerebbe curarne l’edizione. Accetto candidature. Anche, eventualmente, per curare una seconda edizione, riveduta corretta e ampliata, del libro di Gigi Vesigna. A patto che Gigi racconti davvero tutto quello che sa, e sa moltissimo. Ecco, ne uscirebbe un libro molto interessante, molto divertente, e anche molto utile. Quindi, siamo sicuri che non lo si farà. Peccato... (Franco Zanetti).

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