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«COUNTING CROWS: LIVE SUL FILO DELLA CORRENTE - Counting Crows» la recensione di Rockol

Counting Crows - COUNTING CROWS: LIVE SUL FILO DELLA CORRENTE - la recensione

Recensione del 29 lug 1998

La recensione

Un doppio album dal vivo intitolato "Across a wire" per testimoniarne una volta per tutte lo status di live band: i counting Crows di Adam Duritz tornano a commuovere su disco, grazie alle mille e una variazione che ci regala la voce del loro cantante. E non solo. Bill Flanagan, quotato giornalista USA, ci spiega il perché della loro bravura.

I Counting Crows sono sempre stati anzitutto una live band. Questa è una cosa che potrebbe essere stata messa in ombra dal grande successo ottenuto dall’album "August and everything after", che è stato prodotto - e amato - come un ottimo album di canzoni. E’ buffo, perché il gruppo arrivò all’attenzione della Geffen proprio come fenomeno di San Francisco che stava facendo il peno nei locali grazie a delle performances altamente emozionali. I Counting Crows registrarono il loro primo album in una casa che presero in affitto, e poi tornarono a suonare dal vivo senza alcuna pausa. Ci vollero sei mesi perché "August..." sfondasse. Il tutto mentre i Crows suonavano in bar e teatri, aprendo per i Cracker, i Cranberries, gli Suede e altri finché "Mr.Jones" li rese delle celebrità. A quel punto divennero le principali attrazioni dei concerti e rimasero sulla strada per un altro anno.

Quando i Counting Crows registrarono il loro secondo album, "Recovering the satellites", presero nuovamente una grande casa in affitto a Los Angeles, si piazzarono in salone e iniziarono a suonare. Andai a trovarli nel gennaio del 1996, anche per coinvolgerli in questa nuova serie televisiva di VH1 chiamata "Storytellers". Loro erano disponibili ma mi dissero di essere paziente. La priorità in quel momento era l’album, e dopo ci sarebbe stato un lungo tour mondiale. Agli inizi del 1996 Adam Duritz mi stava dicendo che i Counting Crows sarebbero stati pronti a prendere seriamente in considerazione una esibizione televisiva non prima dell’estate 1997.

Il nuovo presidente di VH1, John Sykes, era un vecchio amico del gruppo - aveva firmato il loro primo contratto pubblicitario. John venne anche lui a casa a trovarli, insieme a Judy McGrath, la presidente di MTV. Tutti volevano ascoltare cosa stavano combinando i Counting Crows. Una sera, dopo cena, suonarono un brano che avevano scritto e registrato la notte precedente intitolato "A long december". Era evidente che le cose stavano procedendo per il meglio.

"Recovering the satellites" uscì nell’ottobre del 1996 e nella stessa settimana i Counting Crows fecero partire il loro tour mondiale da un piccolo teatro di New Haven. Anche se il secondo album era stato nei negozi soltanto un paio di giorni, tutto il pubblico si alzò in piedi e cantò a memoria quasi tutte le nuove canzoni. Molto rock’n’roll era arrivato a dar valore a distacco e distanza, ma quella notte calore e fede tornarono a fluire da una parte e dall’altra tra pubblico e gruppo. Mi riportò indietro ai concerti di Bruce Springsteen, Van Morrison e Neil Young. Molti dei fans dei Counting Crows erano troppo giovani per aver potuto provare allora quei sentimenti, ma sono sicuro che adesso sanno di cosa sto parlando.

A dicembre il tour arrivò a New York per una serie di quattro concerti al Beacon Theater. Il primo show uscì di strada quasi subito. Adam, in tutta la sua esuberanza, scavalcò con un salto il montante della batteria durante "Angels of the silences" ma atterrò male. La gamba gli si piegò torcendosi. Lui mugugnò e si avvinghiò al microfono e faticò a stare in piedi per tutto il resto del concerto. Dopo, nel backstage, la sua gamba venne avvolta con bende e ghiaccio e Adam fu portato in ospedale. Si era rotto buona parte della cartilagine e dei legamenti del ginocchio sinistro, e per i mesi di tour successivi deambulò con bastone o sedia a rotelle, facendo su e giù con il centro medico in cui faceva una dolorosa fisioterapia. In qualche strano modo, quell’incidente aveva finito per aggiungere una punta di passione in più agli spettacoli del gruppo. Quando li ho rivisti, allo Sheperd’s Bush Empire di Londra nel maggio del 1997, suonavano con trasporto e abbandono. Quando il gruppo smise di suonare l’ultimo bis tutti, tanto sul palco che tra il pubblico, erano veramente esausti.

In quell’estate, il 12 agosto, a New York, i Counting Crows tennero fede alla loro promessa di registrare un concerto per "Storytellers" di VH1. L’idea del programma era quella di far raccontare agli autori le storie che si nascondevano dietro le loro canzoni. I monologhi di Adam durante il concerto dei Crows suscitarono un grande riscontro da parte del pubblico. Gran parte delle storie sono state cancellate da questo album - e d’altra parte forse non vorreste sentire Adam parlare di una canzone quanto vorreste invece sentirlo mentre la canta - ma sono servite a creare un senso di profonda intimità tra il gruppo e quel piccolo, ristretto pubblico. I Counting Crows si misero decisamente alla prova quella notte. Decisero di non suonare nessuna canzone per la quale non fossero riusciti a trovare un arrangiamento decisamente diverso da quello utilizzato per la versione originale del brano.

Lo show televisivo iniziò con i Crows che iniziavano a suonare, soltanto Dave Bryson con la sua chitarra acustica e Adam a cantare "Round here". Poi uscì Charley Gillingham e aggiunse il pianoforte per "Have you seen me lately?", un primo bilancio personale sull’essere diventato un personaggio famoso. Da "Angels of the silences" Matt, Dan e Ben erano saliti sul palco a completare il gruppo.

Il 6 novembre il gruppo terminò la sua tournée nordamericana con un concerto all’Hammersmith Ballroom di Manhattan che venne trasmesso dal programma di MTV "Live from the 10 spot". Era un lieto fine del tour ad uso e consumo di uno stipato gruppo di fans felici. Adam disse di non essere nervoso per il fatto di dover suonare un concerto dal vivo su una tv nazionale. "Queste situazioni non mi mettono sotto stress", disse. "Anzi. Volevo che fosse uno show elettrico veramente brutale e ha finito per esserlo davvero".

Tra gli spiriti forsennati della performance di "10 spot" e l’intimità del concerto "Storytellers" potete ottenere una bella fotografia della statura e del fascino dei Counting Crows. Quando ascolto al set di "Storytellers" il mio ricordo va a quel concerto fatto in totale apertura d’animo, quella prima notte a New Haven, o a quelle volte in cui ho ascoltato i Counting Crows suonare nel loro salotto. I brani registrati per "10 spot" invece mi fanno sentire appeso a qualche balconata all’Hammerstein Ballroom, o allo Sheperd’s Bush Empire, o a qualsiasi altra sala da concerto in cui abbia visto un mare di persone saltare su e giù mentre i Crows facevano un vero frastuono.

Non so se c’è un motivo logico per cui un gruppo che ha registrato appena due album decida di pubblicarne un doppio dal vivo. Ma è bello ascoltare un disco dal vivo registrato da un gruppo giovane all’apice della propria forza. E’ bello ascoltare dei musicisti mentre sono impegnati a scoprire cosa possono fare insieme e a trovare nuovi modi di comunicare attraverso le loro canzoni. Se ascoltate la musica, capirete che questo disco ha tutto il senso del mondo.

Bill Flanagan, marzo 1998

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