«GREENFIELDS VOL. 1
-
Barry Gibb»
la recensione di Rockol
Greenfields vol 1: il canzoniere dei fratelli Gibb in salsa country-pop.
Barry, l'unico rimasto dei fratelli Gibb, messa in pensione il nome della premiata ditta Bee Gees, porta a Nashville le migliori canzoni e le reinterpreta con Jason Isbell, Dolly Parton, Keith Urban e altre stelle del country.
Questo è sicuramente il momento Bee Gees: a dicembre è uscito “How Can You Mend A Broken Heart” documentario HBO, diretto da Perry Marshall e disponibile sulle principali piattaforme, che racconta e celebra la strana storia dei Bee Gees con testimonianze di insospettabili fans, da Noel Gallagher a Eric Clapton.
“Greenfields – The Gibb Brothers Songbook (vol 1)” è invece una raccolta di raccolta reinterpretata di canzoni dei fratelli Gibb: dopo la morte dell'ultimo fratello è stato deciso di non utilizzare più il nome della band, quindi il tributo esce solo a nome di Barry Gibb, l'unico superstite nonché la principale voce solista del gruppo.
Rispetto e valorizzazione
La carriera dei fratelli Gibb, iniziata quando erano molto piccoli nei cinema di Manchester, e poi a Brisbane in Australia, è davvero piena di canzoni splendide dei generi più vari, dal rock al pop barocco anni 60, dal r&b alla disco, dove hanno trovato consacrazione e ricchezza.
In tutta la carriera mancava forse un affondo profondo nella musica country, e questa raccolta colma tale lacuna.
“Greenfields” è stato registrato a Nashville con Dave Cobb, una sorta di Re Mida contemporaneo del country-pop che produce artisti come Jason Isbell, Brandi Carlile e i Rival Sons, vere stelle nel country da classifica, presenti nel disco. La costruzione perfetta intro-strofa-bridge-ritornello, il gusto per la melodia e anche, diciamolo, i testi banalotti, delle canzoni dei Bee Gees ben si sposano con la tradizione country, quindi la nuova veste calza a pennello. .
In “I've Gotta Get a Message to You” le voci di Gibb e di Keith Urban un po' si confondono, mentre il connubio con Alison Krauss (che ricordiamo già in duetto con Robert Plant) in “Too Much Heaven” è meraviglioso e dà nuova luce a una canzone già bella in origine. “To love somebody” (1967) è tra le canzoni più interpretate di sempre (da Janis Joplin a Tom Jones, da Nina Simone a Joe Strummer) e la versione con Jay Buchanan si rivela all'altezza. Sheryl Crow e Dolly Parton fanno quello che sanno fare meglio con “How can you mend..” e “ Words”. Gli arrangiamenti del disco sono molto soffici ed eleganti, e forse una versione piu rozza e minimalista in alcuni casi avrebbe giovato alle canzoni. Le canzoni di “Saturday Night Fever” come “Jive Talkin” qui rallentata invece non girano come dovrebbero.
Ma in generale il disco raggiunge pienamente il suo obiettivo, ovvero valorizzare quel meraviglioso canzoniere dei Bee Gees, anche senza quelle armonizzazioni che ne hanno fatto la fortuna.
La canzone per la playlist
Difficile sceglierne una, però l'interpretazione di Brandi Carlile di “Run to me” dona alla canzone una drammaticità nel crescendo che la canzone di Barry e Robin Gibb del 1972 non aveva affatto. Da brividi.
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