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«THE REVENGE OF ALICE COOPER (CD DIGIPAK) - Alice Cooper» la recensione di Rockol

La "vendetta" del profeta dello shock-rock è una lezione

Alice Cooper riparte da dove tutto ebbe inizio 

Recensione del 29 lug 2025 a cura di Simöne Gall

Voto 8/10

La recensione

C’era una volta la Alice Cooper band, la stessa che insieme al suo leader omonimo, Alice Cooper (nome d'arte di Vincent Furnier, l'uomo "dietro la maschera"), fu artefice, nei primissimi anni Settanta del secolo scorso, di alcuni dei più rilevanti album che la storia del rock tutta possa rimembrare: "Love It To Death" e "Killer", su tutti, nonché i parimenti irrinunciabili "School"s Out" e "Billion Dollar Babies". Alice Cooper divenne in seguito un progetto facente capo al solo Alice, cioè a partire da quando lo stesso pubblicò, nel 1975, il suo personale capolavoro "Welcome To My Nightmare". Tuttavia il cantante, lo ha confermato lui stesso nell'intervista a noi rilasciata, non avrebbe mai smesso i contatti coi vecchi colleghi, tanto che oggi, insieme ai medesimi, il batterista Neal Smith, il chitarrista Michael Bruce e il bassista Dennis Dunaway (ma non il solista Glen Buxton, nel frattempo deceduto), ha scelto di chiudere un cerchio portando in essere un nuovo album di inediti, "The Revenge Of Alice Cooper". Non potremmo però parlare a tutti gli effetti di vera rimpatriata, se a condurre la registrazione del suddetto non ci avesse pensato lo storico produttore Bob Ezrin - dall"interno di un studio "old school" nel Connecticut, nell"intento, riuscito,di ricreare la magia di un tempo. 

Un passato e un presente intercambiabili - i colori di "The Revenge Of Alice Cooper"

"The Revenge...", che esce per la sempre più prolifica earMusic, è una testimonianza di forza e di carattere; una testimonianza, per nulla scontata, che è poi la stessa che portò originariamente alla ribalta il nome Alice Cooper. L"apertura data dal singolo "Black Mamba" non è delle più accattivanti, ma silenziando qualsivoglia preconcetto il brano riporta dritti nel cuore dello spirito giovanile della Alice Cooper Band. La chitarra del mito Robby Krieger dei Doors fa da strumento ospite, pur restando abbastanza indistinguibile rispetto al resto degli strumenti. Di tutt'altra foggia è il secondo brano in scaletta, "Wild Ones", velocemente ritmato nel suo mescolare richiami al vintage e alla contemporaneità. Difficile pensare che a suonarlo siano persone di oltre settant'anni, impressione ugualmente spendibile per "Up All Night", rock "n" roll beatamente vivace, laddove "Kill The Flies" accende un tramite con la cattiveria incisiva di "Love It To Death" (ma riecheggiando al contempo una melodia alla "See Emily Play" di barrettiana/floydiana memoria)."One Night Stand" potrebbe essere un incrocio fra gli Electric Prunes e i Damned intinti di goth del sempre sottovalutato "Phantasmagoria", e scegliere un pezzo così astuto come singolo apripista,invece che "Black Mamba", avrebbe presentato al meglio il ritorno di Alice e compagni. La canzone successiva, "Blood On The Sun", è un po" incerta sui cambi di tempo - la batteria perde un po' la rotta nelle troppe rullate - ma risulta essere un contenuto uditivo non certo superfluo. Anzi. Il pezzo si spacca per confluire in un secondo segmento, dove la chitarra rievoca ancora la potenza di quella grande teatralità rock peculiare solo alla band. "Blood On The Sun" non è da meno, mentre "Crap That Gets In The Way Of Your Dreams" (traducibile come "lo schifo che si mette di traverso ai tuoi sogni"), è un puro tributo alla (ri)scoperta del rock "n" roll in fase ormonale, sui binari dei Kinks circa "You Really Got Me": "When I was sixteen I got my first guitar / I"ve learned to play it in my mom's garage", recita il testo. "Famous Face" è in realtà meno Alice Cooper Band e molto più Alice solista, quello anni Duemila di "Dirty Diamonds", per meglio essere precisi. Hard rock moderno, ma che convince. In "Money Screams", power-pop di ottima fattura, Alice sembra quasi fare il verso al Glen Danzig dell'era Misfits, puntando a una tonalità baritonale, ma è con "Inter Galactic Vagabond Blues" che va riproducendosi lo spirito dello psych pop e insieme la forza vitale di "Love It To Death". "What Happened To You" esce un po' dall"immaginario sino a qui definito, ma lo fa avvinghiandosi a un sentimento di puro dileggio, piacevolmente deconcentrato (spunta pure un piano dalle tinte honky-tonk ed Alice è particolarmente ispirato nell"intonare il ritornello).La lezione vintage continua con "I Ain"t Done Wrong", attingendo alla fonte del rock "n" roll più autentico, quello a cavallo tra i Cinquanta e i Sessanta. Lineare e nuovamente Kinks, il pezzo si concede a un lungo assolo di chitarra, ma il quattordicesimo brano, "See You On The Other Side" è un sonoro incubo horror, strutturato come fosse una chiosa finale di derivazione "Welcome To My Nightmare". Una delle bonus track, presente nei formati box set e smart dell"edizione limitata dell'album, è da ultimo una perla che arriva direttamente dal 1970, "Return Of The Spiders" (la label specifica che non si tratta però della stessa traccia pubblicata nell"oscuro "Easy Action", il secondo - incerto - lavoro della Alice Cooper Band). Un piccolo grande dono finale - mixato da Ezrin - per arricchire un lavoro convincente, questo è "The Revenge Of Alice Cooper" nel complesso, dove nondimeno pare mancare all"appello quella certa audacia avanguardista che rese immortale un album come "Killer".

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