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«COMUNI MORTALI - Achille Lauro» la recensione di Rockol

I numeri 1: Achille Lauro era per pochi: oggi è per tutti

Durante l’estate, le recensioni degli album andati al primo posto in classifica nel 2025 fino ad ora.

Recensione del 28 lug 2025 a cura di Mattia Marzi

Voto 7.5/10

La recensione

C’è stato un tempo, ormai lontanissimo, in cui Achille Lauro era per pochi. “Rolls Royce”, le polemiche sul presunto inneggiare alla droga, la tutina di “Me ne frego”, i disturbanti “quadri” a Sanremo del 2021 (da quello in cui piangeva lacrime di sangue a quello in cui veniva trafitto come San Sebastiano, non da frecce ma da rose). E poi le performance accusate di blasfemia (il battesimo inscenato sempre a Sanremo, il suo palco preferito, su “Domenica”), le trasgressioni, “Stripper” e il toro meccanico all’Eurovision in rappresentanza di San Marino dopo non essere riuscito ad aggiudicarsi il pass italiano (per la cronaca: lo rispedirono a casa dopo la prima - e unica - esibizione). Oggi Achille Lauro ha un’ambizione precisa: essere universale. Per tutti. Ascoltando “Comuni mortali”, il suo nuovo album, il primo in quattro anni dopo che nei due anni tra il 2019 e il 2021 di dischi ne ha pubblicati addirittura cinque, si ha come la sensazione che tutto quello che ha fatto fino ad oggi sia stato parte di una lunga e arzigogolata gavetta: la samba-trap di “Pour l’amour”, il pop-punk di “1969”, lo swing, la dance Anni ’90, le orchestre sinfoniche. Alla fine ha capito che per fare il salto in avanti doveva fare un passo indietro. Anziché continuare ad aggiungere accessori alla sua musica, doveva fare l’operazione inversa: rimuovere le sovrastrutture, lasciando solo il minimo indispensabile.

La fine di un percorso e l'inizio di una nuova era

La rincorsa l’ha presa con “Amore disperato”, una ballatona «su una storia nata ai confini del Raccordo Anulare di Roma, in via Tina Pica, l’icona assoluta delle pellicole di Luigi Comencini e del capolavoro del neorealismo rosa “Pane, amore e fantasia”». Ha funzionato. Poi è arrivata quella “Incoscienti giovani” che all’ultimo Sanremo gli ha permesso di riposizionarsi definitivamente sulla scena pop italiana, o forse sarebbe più corretto dire di posizionarsi per la prima volta, lui che cantava di non essere stato sé stesso «mai»: romantico e classico, con tanto di assolo di sax Anni ’80 nello special. Le altre dieci canzoni che compongono “Comuni mortali”, da “Perdutamente” a “Barabba III”, passando per “amoR”, “Dannata San Francisco”, la dedica alla mamma di “Cristina”, “Walk of fame”, “Happy birthday Mr. Kennedy” suonano al tempo stesso come la fine di un percorso e l’inizio di una nuova era. Dentro ci sono tutte le sfaccettature mostrate da Lauro in questi anni, tra il pop-punk grezzo di “Dannata San Francisco”, la dance di “Fiori di papavero”, il funk di “Dirty love” e pure il rap degli esordi di “Barabba III” . Ma come per magia quell’aura disturbante e divisiva che in molti sembravano percepire ascoltando i dischi incisi prima di questo, qui sembra sparire.

Il fenomeno si normalizza

Suscitano altre sensazioni, oggi, le canzoni di Achille Lauro: commuovono. Inducono a una intensa partecipazione emotiva e affettiva: quando in “Cristina” si rivolge alla mamma e la ringrazia per essere riuscita a crescerlo, tra mille difficoltà e sacrifici («Ma ce l’hai fatta, mamma / ma ce l’hai fatta, mamma»), diventa il figlio di tutte le mamme d’Italia. Chiede di essere abbracciato, come su “amoR”, una dedica alla sua città intitolata così per evitare ogni provincialismo (ma ha presentato l’album con un’esibizione a sorpresa nel cuore di Roma, a Piazza di Spagna). Ha intitolato il disco “Comuni mortali”, perché «sottolinea la grande fragilità che ci accomuna, quella vulnerabilità che ci rende tutti uguali, tutti così umani». Il fenomeno rimasto per anni un oggetto non identificato nel pop («C'è chi dice che ho provato a sabotare la mia carriera con ogni disco che ho fatto, spaziando dall'urban all'elettronica, dal jazz alla dance, dal punk al rock»), ora si normalizza. Vuole essere pop, nel significato più puro del termine: popolare. «Io sono della gente», dice oggi.

Il significato di "Barabba III", che chiude il disco

La canzone che chiude il disco è “Barabba III”. È un pezzo piano e voce che porta a compimento la trilogia aperta nel 2012 con la prima “Barabba”, quella contenuta nell’omonimo mixtape pubblicato quando era un astro nascente della scena rap romana, e portata avanti nel 2016 con “Barabba II”. Il testo è una dedica a un amico che a differenza sua non ce l’ha fatta e si è perso per strada, tra malavita e abusi: «Fratello sai ti voglio bene come da bambini, aspetto che saremo di nuovo vicini», canta. E ti viene quasi da abbracciarlo. Non è un caso che abbia scelto di chiudere questo disco così: è l’epilogo di quella che è stata la sua vita fino ad oggi. Il figliol prodigo ha trovato finalmente sé stesso. Ora inizia un’altra storia. Ed è tutta da scrivere.

Tracklist

01. Perdutamente
02. amoR
03. Dannata San Francisco
04. Cristina
05. Fiori di papavero
06. Amore disperato
07. Incoscienti giovani
08. Walk of fame
09. Dirty love
10. Nati da una costola
11. Happy birthday Mr. Kennedy
12. Barabba III
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